Rimpatri, Salvini ne promise 600mila. Nel 2019 a Piacenza sono 23

La questione rimpatri era stata durante la campagna elettorale del 2018 uno dei cardini attorno a cui ruotava il programma politico del ministro dell’interno Matteo Salvini.

Poco più di un anno fa, infatti, Salvini aveva stimato in 600mila il numero di immigrati irregolari nel nostro Paese – numero poi ritrattato al ribasso e fissato a 90mila – promettendo, senza troppi giri di parole, di avere intenzione di allontanarli tutti dall’Italia.

Eppure, secondo una recente indagine de “Il Sole 24 Ore“, che riprende i dati dell’Istituto europeo di statistica, il numero di rimpatri ad oggi è in in linea con quello degli ultimi anni, anzi, nel 2018 risulta addirittura calato: lo scorso anno – spiega il quotidiano economico – in Italia ce ne sono stati infatti 5mila e 615, quando invece nel 2017 erano stati 7mila e 45.

Tendenza confermata anche dal Viminale, che ha diffuso in occasione di Ferragosto il dossier con i dati di un anno di attività: prendendo in considerazione il periodo che va dal 1 agosto 2018 al 31 luglio 2019, infatti, si evidenzia come i rimpatri in Italia siano scesi – rispetto al periodo precedentemente analizzato, che va dal 1 agosto 2017 al 31 luglio 2018 – da 6mila 909 a 6mila 862.

E ancora più marcata è la diminuzione dei rimpatri volontari, passati da 1201 a 555, con un calo del 53,8%.

A Piacenza, secondo i dati forniti dalla questura, al 31 luglio 2019 sono in tutto 23 i rimpatri aerei fatti partire dal nostro territorio quest’anno, mentre nel 2018 erano stati complessivamente 30.

A questi si aggiungono gli accompagnamenti ai cosiddetti Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr). Sono luoghi deputati alla detenzione “amministrativa” dei migranti irregolari, senza permesso di soggiorno, destinati ad essere rimpatriati nei paesi d’origine.

La genesi dei Cpr risale a circa 20 anni fa, quando la legge Turco-Napolitano istituì quelli che allora si chiamavano Centri di Permanenza Temporanea (Cpt), in cui il migrante sprovvisto di documenti poteva essere trattenuto per 30 giorni, prorogabili su richiesta del questore fino a un massimo di 90. Nel tempo hanno cambiato più volte nome e specificità, non allontanando mai però critiche e dubbi sul loro operato, considerato da più parti come lesivo della dignità e della libertà personale dei migranti.

Oggi sul territorio nazionale se ne contano in tutto sette e, in virtù delle recenti e nuove disposizioni della legge Minniti-Orlando (decreto n. 13 del 17 febbraio 2017), riprese dall’attuale ministro dell’Interno Salvini, prevedono che chi vi viene portato può essere trattenuto per un massimo di 180 giorni. Da Piacenza dal 1 gennaio al 31 luglio di quest’anno si sono verificati 37 accompagnamenti ai Cpr: un numero già superiore a quello dell’anno scorso, quando erano stati in tutto 36.

A proposito dei Cpr, colpisce sicuramente la mancata correlazione tra durata della permanenza nei centri e effettività del rimpatrio: secondo quanto si apprende dal sito della Camera dei Deputati, infatti, nei primi sei mesi 2019 (dati aggiornati al 20 giugno) delle 2mila e 267 persone trattenute ne sono state effettivamente rimpatriate 1022, ovvero il 45%. Tanto che Mauro Palma, garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, in una recente dichiarazione a tal proposito ha commentato “più della metà di chi vi ha passato periodi spesso lunghi, in situazioni precarie e senza tutele, è stata privata della libertà inutilmente e, aggiungo, illegittimamente. Solo un po’ di sofferenza inflitta, quasi un avvertimento”.

Tornando all’analisi de “Il Sole 24 Ore” su dati Eurostat, viene poi messo in rilievo come in Italia il numero dei rimpatri sia generalmente inferiore alle altre nazioni europee. “Nel nostro paese – si legge – risulta minore non solo il numero di persone rimpatriate, ma anche quello di coloro cui viene ordinato di lasciare l’Italia. Prendendo le quattro nazioni più grandi dell’Ue, nel 2018 la nostra è l’unica in cui esse sono state meno di 50mila. Anche tornando più indietro nel tempo – e guardando invece dal 2009 in avanti – le cose non cambiano moltissimo.

In questo la Germania è probabilmente il paese più efficiente, dove più il numero di persone di cui è stata ordinata l’espulsione si avvicina a quelle effettivamente rimpatriate. Di solito, ci dicono ancora i numeri Eurostat, buona parte dei rimpatri avviene in maniera “forzosa”, e in questo l’Italia non fa eccezione. Poco più di 5mila delle persone rimpatriate nel 2018 rientrano in questo caso, e solo in minima parte si è trattato invece di trasferimenti volontari. Soltanto in Francia, in effetti, questi ultimi rappresentano una parte importante dei rimpatri. Questo di informazione, al momento, non è disponibile anche per la Germania per cui è impossibile fare confronti con tale nazione”.

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