Musica, ecco il pagellone di fine anno di PiacenzaSera.it
Ecco il pagellone musicale di fine anno a cura di Giovanni Battista Menzani
- BON IVER – i, i; THE NATIONAL – I am easy to find; WILCO – Ode to joy
Tre autentici “big”, tra le migliori storie degli ultimi decenni. Le loro ultime prove non saranno all’altezza dei capolavori dell’epoca che fu, tuttavia non possiamo scordarcene nemmeno nel 2019.
- DREAM SYNDICATE – These times
“Siamo sempre stati fuori dal tempo e questo ci ha ci ha salvati”, ha dichiarato Steve Wynn, leader di un gruppo storico, che fu tra gli alfieri del Paisley Underground (anni ’80).
23. HELADO NEGRO – This is how you smile
Vero nome: Roberto Carlos Lange, cantautore di origini ecuadoregne. La sua intensa “Running” è uno dei pezzi dell’anno.
22. KANYE WEST – Jesus is king
Il re del rap ha visto la luce, come Belushi. Di più, ha parlato con Dio, che gli ha chiesto di diffondere il suo verbo. Disturbi e megalomania a parte, resta capace di grandi canzoni.
21. NICK CAVE – Ghosteen
Ormai non è più nemmeno musica, la sua, è una liturgia. È poesia.
20. BILL CALLAHAN – Sheperd in a sheepskin vest
Un tempo si faceva chiamare Smog. Ancora adesso ci delizia con le sue ballate nere e profonde, la sua voce cavernosa e alcolica tra Johnny Cash e Leonard Cohen.
19. AA.VV. – Faber Nostrum
Il meglio della scena indie italiana (Motta, Gazzelle, Canova, Ministri, Zen Circus, Brondi…) rilegge il grande Maestro. Tra le altre uscite italiane, attenzione all’avanguardia elettronica di Caterina Barbieri e l’ethno-soul dal sapore orientale dei C’mon Tigre.
18. KOKOKO! – Fongola
Da Kinshasha, Congo. Sono un vero e proprio collettivo, raccolgono scarti e oggetti qualsiasi dalle strade del loro quartiere, Ngwaka, e li trasformano in improbabili strumenti musicali. Quanto c’è di più contemporaneo, in giro? Irresistibili.
17. FIRE! ORCHESTRA – Arrival
Un altro collettivo (adesso sono 14, prima erano addirittura il doppio…), , questa volta svedese, che suona un jazz davvero contemporaneo. Tra le chicche, la cover di la versione di un classico degli Chic, “At last I’m free”, già magistralmente interpretata da Robert Wyatt.
16. PURPLE MOUNTAINS – Purple mountains
Nati dalle ceneri dei Silver Jews e il loro disco di debutto, eponimo, è alt-folk più classico che alternativo, fatto di ballads notturne a là Tindersticks.
- SLEAFORD MODS – Eton alive
Il duo di Nottingham prova a smarcarsi dallo stereotipo punk – sono sfacciati e sboccati, arroganti e aggressivi come solo certo sottoproletariato inglese sa e può essere – con un paio di “lenti” intensi e ben riusciti.
- MICHAEL KIWANUKA – KIWANUKA
Sempre più bravo e sempre più sicuro di sé. Uno dei nuovi “grandi” della musica black.
13. JAMES BLAKE – Assume form
L’ultimo album del timido ed eccezionale artista britannico è meno monocorde rispetto al passato, e presenta diverse collaborazioni: Rosalia e Travis Scott, tra gli altri.
- KIM GORDON – No home record
Il (notevole) debutto solista della bassista e cantante dei Sonic Youth. Serve altro?
- FLOATING POINTS – Crush
Trattasi di San Sheperd, dj inglese che nella vita fa il neuro scienziato. Techno glitch, droni, ritmi tribali. Da mandare in loop nelle serate invernali.
- BIG THIEF – U.F.O.F./Two hands
Addirittura due album per la newyorchese Adrianne Lenker e soci: uno più bello dell’altro. Folk delicato e introspettivo.
- THOM YORKE – Anima
Sound sempre più minimale ed elettronico. E tanta, tanta classe per l’ex leader dei Radiohead.
8. DEERHUNTER – Why hasn’t everything already disappeared?
La band di Atlanta vanta ormai una discografia di tutto rispetto. Quest’ultimo lavoro è all’altezza della loro fama, più psichedelico e meno rumoroso di altri episodi. Peccato per l’esclusione della torrenziale e splendida “Timebends”, uscita solo come Ep.
- VAMPIRE WEEKEND – Father of the bride
L’uscita dal gruppo del polistrumentista Rostam Batmanglij è causa di arrangiamenti meno ricercati e barocchi rispetto al passato, ma la loro musica resta bizzarra e asimmetrica come poche. Una certezza, ormai.
- FONTAINES D.C. – Dogrel
Questa band di ragazzi di Dublino è la rivelazione dell’anno. Punk al rallentatore, vita vera e ambientazioni suburbane. Non perdeteli di vista.
1. ANGEL OLSEN – All mirrors
BILLIE EILISH – When we all fall asleep, where do we go?
FKA TWIGS – Magdalene
LANA DEL REY – Norman fucking Rockwell
SOLANGE – When I get home
Le ragazze terribili del 2019. Non abbiamo un disco preferito, quest’anno, e così abbiamo deciso di premiare queste cinque fantastiche artiste con un primo posto ex aequo. In faccia alle quote rosa, e in barba a quel mediocre cantante italiano che solo un anno fa ebbe il coraggio di affermare che le voci femminili sono meno gradevoli di quelle maschili (sic).
La Olsen è la più indie del gruppo, e non nuova a dischi di grande qualità: qui abbandona l’amata chitarra e osa con tastiere, archi e ritmi sincopati. La Eilish, poco più che adolescente (ne fa 18 in questi giorni), è autrice di una musica ipnotica e rarefatta, di grande impatto emotivo; erroneamente confusa con altre vere o presunte eroine del pop, mentre per altri è addirittura il futuro del R’n’R (Dave Grohl, ad esempio). Ha tutto il tempo.
FKA Twigs, l’unica europea (è nata nel Glouchestershire ma ha origini giamaicane), è anche la più intellettuale del lotto e si distingue per una ricerca vocale quasi estrema. Lana del Rey vince contro tutti i pregiudizi e le maldicenze, confezionando il perfetto album pop del 2019, tra omaggi alla cultura statunitense (il pittore cui è dedicato l’album) e il degrado di epoca Trumpiana. Solange, infine: la sorella brava di Beyoncé, scrivemmo forse ingenerosi. Il suo è un album dalle venature malinconiche e soul, con un parterre di ospiti illustri: Panda Bear, Sampha, Tyler the Creator.
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