Palazzo Ghizzoni, andare oltre i silenzi della fragilità tra incontri, parole ed immagini

Ci sono silenzi che parlano e pesano ben più della voce e parole che superano ogni silenzio.

Quello di Angela, ritrovata per caso in lacrime, senza espressione, dalla polizia durante una serata di festa, è il silenzio – rotto solo grazie al calore umano del valido commissario Girolamo Lacquaniti- di una ragazzina sola e spaventata, segnata dalla vita in modo indelebile. L’incontro con la giovane ha cambiato in qualche modo per sempre la vita del poliziotto, che in seguito ha scritto “La Storia di Angela” in un libro. Poi c’e Erica. Lei proprio non può parlare, però scrive poesie. “Sono quello che temi, sono la sconfitta, sono una piccola stella in ombra”. Così ha scritto di lei, ed è solo l’incipit in versi con cui a Mantova ha vinto il concorso regionale di poesia “Le parole per dirlo”, ideato in Brianza da Simona Foletti, coordinatrice educativa sul fronte della disabilità alla cooperativa sociale “Il seme”; di cui Erica è ospite.

Queste sono state solo due delle diverse esperienze raccontante alla serra di Palazzo Ghizzoni Nasalli di Piacenza durante la rassegna “Incontri. Lettura, scrittura e fragilità” lo scorso 7 dicembre. In entrambe l’incontro ha fatto la differenza. L’iniziativa, promossa da Asp Città di Piacenza e Comune con la collaborazione di Officine Gutenberg, ha avuto come obiettivo il “favorire, in modo lieve, gradevole, ma profondo la sensibilizzazione verso disabilità e fragilità”- ha detto Brunello Bonocore, responsabile di Asp Piacenza. “Soprattutto – ha aggiunto – permettere a persone che di solito vengono raccontate di esprimersi in prima persona”.

C’è anche un concorso letterario per chiunque voglia avvicinarsi al tema e scrivere un racconto di incontro con la fragilità“- ha spiegato poi Paolo Menzani, presidente di Officine Gutenberg-. “‘Incontri ravvicinati di diverso tipo’ è il titolo dell’iniziativa, e il testo da inviare online entro il 31 dicembre alla casa editrice, non deve superare le 10000 battute”. In fondo, anche Angela era riuscita in qualche modo a raccontarsi al poliziotto-scrittore Lacquaniti, prima che lui stesso scoprisse dalle carte la sua storia terribile di violenze e maltrattamenti familiari, causa di gravi disturbi psichici. E poi la inserisse nel suo libro: “Te lo giuro”.

Ma cosa poteva davvero fare lui per una ragazzina “sempre sola, anche quando intorno c’è un sacco di gente. Eppure le voci nel mio cervello mi urlano sempre quando sbaglio. Sono le voci dei morti, mi fanno male, mi fanno fare sangue”. Così Angela spiega a Lacquaniti le ferite che si autoinfligge.”Non mi lasciare, ho freddo, ho paura, ci sono le voci”- gli dice, senza fiato, senza pause. E lui non può far altro che abbracciarla, per cercare di lenire il suo dolore”. “Quando ho incontrato Angela ero giovane – ha spiegato il Commissario -, ma grazie a lei ho capito il senso del limite, per un uomo e per un poliziotto. Non si può risolvere tutto: questa è una realtà che non si può, non si deve sfuggire; perchè il dolore arrichisce, anche se fa male. Porsi in attesa dell’altro e dei suoi bisogni, senza imporsi è la sfida più preziosa”.

E mentre è andata oltre il suo silenzio, diventando testimonial di un concorso di poesia che aspira ad essere nazionale, l’Associazione FaDiVi e “Oltre” di Genova l’hanno fatto con il libro “Foto da romanzi”: progetto laboratoriale che unisce fotografia e scrittura, presentato da Gianfranco Caramella. Protagonisti dell’inedita avventura editoriale, gli abitanti di una struttura residenziale per disabilità complesse, che sarà la casa più adatta per tutta la loro vita. Grazie a questa attività – non la sola – attraverso semplici strumenti adattati alle proprie potenzialità, soggetti più fragili possono finalmente “fuoriuscire dalla riserva per diventare soggetti di cultura”.

Con Zigulì, primo libro di Massimilano Verga, ora mediometraggio di Francesco Lagi, presentato alla Serra insieme a Matteo Schianchi – docente di Didattica e pedagogia speciale all’Università Bicocca di Milano – l’incontro con la fragilità diventa atto d’amore per eccellenza, includendo e potenziando le storie fin qui raccontate. È l’amore di un padre che vive per il figlio disabile quello che Zigulì mette in scena. Un padre che ogni giorno lotta per incontrare un figlio perso in un mondo che sembra distante anni luce, ma da cui l’altro non fugge mai; per provare a seguirne i suoni. Molto non si può capire. Il ragazzo Moreno è come un prato di fiori, che involontariamente si corre il rischio di calpestare. Spesso c’è il dolore: dei pugni, dei morsi. La frustrazione dell’incomprensione; l’angoscia delle domande senza risposta. Ma, all’improvviso, un sorriso del figlio cancella ogni “perchè”. “Moreno è così com’è e così bisogna tenerne conto – dice il padre -, non mi chiedo come non è, o come dove essere”.

Solo in questo modo, anche la fragilità più grave può schiudere potenzialità. Il padre di Moreno lo aveva capito.

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