“Sotto il suo passo nascono i fiori”: alla scoperta dell’Islam europeo di Goethe

“Vie non opere” indicava Martin Heidegger come motto della sua filosofia.

Ed è una via possibile, auspicabile nell’Europa di oggi e di domani, quella che Francesca Bocca-Aldaqre e Pietrangelo Buttafuoco – lei giovane teologa piacentina dell’Islam e neuroscenziata di formazione, lui giornalista e scrittore noto al grande pubblico – provano a mostrare nel loro libro “Sotto il suo passo nascono i fiori”, recentemente edito da “La nave di Teseo”. Una strada da loro riscoperta, ma indicata dal più grande scrittore e poeta tedesco, Johann Wolfang von Goethe: la compenetrazione tra mondo musulmano e cultura Occidentale, attraverso “un Islam mitigato dai cieli del Mediterraneo”.

Un Goethe poco conosciuto e raccontato quello di queste pagine, ma non meno affascinante: che studia l’arabo, traduce il Corano, riconosce nell’amata Marianne von Willemer la promessa celeste. Un uomo che, mentre si lascia attraversare dall’Islam nella vita e nell’opera letteraria e scientifica, nella pluralità culturale occidentale (poesia, filosofia greco- romana, cristianesimo), legge ed estrae l’essenza universale, tipicamente islamica, dell’unicità di Dio. Questa coesistenza dialettica tra tensione all’Unico e diversità culturale è forse la lezione più autentica e meno esplorata di colui che Eliot ha definito “l’ultima figura universale”.

Del libro e del suo protagonista, Johann Wolfang von Goethe, abbiamo parlato con l’autrice e teologa dell’Islam Francesca Bocca-Aldaqre.

Come nasce l’idea di un libro su un argomento così poco noto, eppure significativo, quale il legame intercorso tra Goethe e l’Islam?
Io sono appassionata lettrice di Goethe fin da molto giovane. Recentemente, nel corso dell’estate di due anni fa, insieme a Pietrangelo Buttafuoco ho riletto il Divan occidentale-orientale del poeta tedesco. Entrambi abbiamo riscontrato nell’opera numerosissimi riferimenti a noi familiari per studi e personale percorso di vita: erano eco del Corano, dei detti del Profeta, o comunque di eventi e personaggi islamici. Dalle poesie ci siamo allora incuriositi riguardo ai motivi di queste scelte singolari. Abbiamo poi intrapreso un approfondito lavoro filologico e di ricerca sulle altre opere dell’autore, soprattutto lettere, conversazioni, appunti inediti, che ha svelato il legame affascinante, profondo e complesso tra Goethe e l’Islam. Una storia che valeva la pena far conoscere.

Partiamo allora dal titolo, che già sembra abbastanza evocativo,”Sotto il suo passo nascono i fiori”. Da dove deriva?
È un versetto del “Canto del Profeta”, abbozzo di tragedia, mai pubblicata e terminata, dedicato da Goethe a Maometto. Qui il profeta viene paragonato a un fiume che conduce i suoi compagni, come petali di fiore, fino al ‘tumulto d’amore’ finale, cioè Dio. Un’iconografia dunque assai diversa da quella più frequente di Profeta guerriero, capo tribù, militare, che già dice tutta la profondità del legame tra Maometto e il poeta tedesco. Quella del Profeta è una promessa d’amore, realizzata sia nel qui ed ora, sia nell’eternità celeste.

Il legame tra Goethe e l’Islam attraversa tutta la sua produzione letteraria, tra due grandi poli: il Divan è il “Canto del Profeta”, dedicato a Maometto, opere temporalmente piuttosto distanti. Cos’altro ritieni fondamentale in questo percorso?
Gli influssi islamici più macroscopici sono sicuramente in quelle citate: il “Canto del Profeta”, scritto da un Goethe non ancora ventenne, subito dopo la sua prima lettura del Corano, avvenuta su indicazione dell’amico e guida Johann Gotfried Herder; il Divan occidentale-orientale, raccolta di poesie del letterato maturo, già sessantacinquenne. Frutto delle edizioni del 1819 e del 1827, Goethe non fu mai pienamente soddisfatto del suo Divan. Tanto da aggiungere una serie di note per facilitare la comprensione del mondo orientale, allora probabilmente meno conosciuto di quanto non lo sia oggi. I riferimenti sono però numerosi anche nelle altre opere: dal Faust al Wihelm Meister, fino agli scritti naturalistici. Per non parlare del materiale meno conosciuto e non pubblicato dall’autore.

Tu e Buttafuoco avete però deciso di partire dall’immagine, piuttosto potente, del Poeta morente. Come mai?
I motivi sono due: da un lato non volevamo essere cronologici. Evitare di scrivere qualcosa che sembrasse la Storia di Goethe, valida solo per gli esperti del poeta. Con il libro e in tutto il mio lavoro, provo a fare mio questo motto di Heidegger: “vie e non opere”. Ecco, ripercorrendo in modo speculare, non cronologico, la vita di Goethe a partire dalla sua morte, abbiamo appunto cercato di mostrare una strada, non alcuni elementi fine a se stessi. Poi chiaramente si tratta di un’immagine piuttosto nota dell’iconografia di Gothe. Un quadro del pittore tedesco Fleischer che ritrare lo scrittore morente, con il dito alzato. L’ opera del pittore e il gesto di Goethe, certamente vengono inseriti nelle biografie del Poeta tedesco; senza però trovare spiegazioni approfondite. Mentre quel movimento in punto di morte sembra essere un’importantissima testimonianza del legame tra il Poeta e il mondo islamico. Simbolo per eccellenza della liturgia musulmana, è infatti compiuto durante la preghiera ed è il gesto che chiunque si avvicini alla morte viene incoraggiato a compiere: testimonianza dell’affermazione di fede e dell’unità di Dio.

Alcuni capitoli del libro sono affidati a Mefistofele del Faust. Una scelta non certo casuale. Come la spieghi?
Mefistofele è l’unico che conosce il segreto di Goethe, avendo accesso all’Aldilà. Si muove perciò liberamente nello spazio e nel tempo, svelando e tentando di sabotare la ricerca del poeta.

Nel libro Goethe Poeta non appare mai disgiunto dall’uomo. Cosa succede secondo te secondo quando Goethe incontra l’Islam?
Goethe poeta e Goethe uomo sono i medesimi. Così come nei suoi romanzi i protagonisti non sono mai altro da lui. La scoperta dell’Islam come spunto letterario è perciò perfettamente sovrapponibile alla scoperta dell’Islam nella vita. Questa “identità di letteratura e vita”, come la definiscono gli studiosi danteschi nel cercare di confrontare la Beatrice storica e quella letteraria, è profondamente Goethiana. Così vediamo Goethe che tenta di pregare in arabo, osserva la natura per cercarvi i segni del Dio unico islamico. Ma il suo è disvelamento, crescita spirituale, ispirazione, abbandono; mai adesione acritica a precetti dogmatici.

Arriviamo allora all’avvicinamento di Goethe verso un “Islam europeo mitigato dai cieli del Mediterraneo”. Piuttosto significativo, a pensarlo oggi.

Quello che a Goethe interessa dell’Islam è l’essenza: spogliata di ogni scorza orientaleggiante, come la “pelle del serpente che si sfila”- scrive nel Divan. Accogliendo l’Islam, il Poeta non rinnega assolutamente la sua identità culturale tedesco-occidentale. Semmai ricerca, e sembra raggiungere, l’abbandono a quel Dio unico – da cui tutto ha origine e a cui tutto torna – che è fondamento stesso della teologia islamica. La stessa parola ‘Islam’, significa proprio abbandono. In questo senso universale, che abbraccia la pluralità delle diverse culture, l’Islam di Goethe può dare molto all’Occidente di oggi.

Percorso supportato dalla convinzione che non basta “la scienza da sola senza la tradizione”. Che ruolo hanno quindi scienza e tradizione per Goethe? E in che rapporto sono con l’Assoluto?
Diciamo che scienza e tradizione per Goethe non bastano mai da sole. In poesia, la maggior parte dei personaggi di tradizione islamica vengono infatti appositamente rivisitati dall’autore del Divan: mi viene in mente Hafez ad esempio, uno dei più grandi poeti persiani. Erotico, passionale, ma anche mistico, comunque molto lontano dall’ortodossia. Nel rivisitarlo, Goethe lo rende invece uno dei maggiori memorizzatori del Corano. Questo perché il Poeta è convinto che la tradizione vada utilizzata per essere plasmata creativamente, divenendo così portatrice di nuovi messaggi. Allo stesso modo, la scienza non si esaurisce in osservazione e classificazione dei fenomeni, (da qui la critica feroce all’Ottica di Newton), ma è – secondo Goethe – soprattutto la ricerca di ciò che sta dietro la loro manifestazione: quindi di Dio. Entrambe, scienza e tradizione, conducono armonicamente all’Assoluto.

È intuibile che con questo libro non fosse vostro interesse mostrare la “conversione”del Poeta all’Islam, ma qualcosa di ben più complesso e attuale.
Infatti, a noi interessava mostrare la potenzialità di un individuo completamente europeo che, in tutto il suo genio occidentale, si lascia attraversare dall’Islam. Non è importante qui come questo si sia realizzato sul piano dogmatico. Certamente Goethe è morto nell’abbandono a Dio. In più, penso siano fondamentali gli strumenti con cui Goethe ci parla dell’Islam: quelli nobili e immortali della poesia, della tradizione, dell’arte, della storia, tipici del pensiero occidentale. Mezzi che oggi non vengono usati quasi mai dall’Occidente per far conoscere l’universo musulmano: a prevalere sono piuttosto gli strumenti impropri e fuorvianti della politica e della polemica. Il nostro libro è allora lo sforzo di offrire un’altra via possibile, su un argomento che ci riguarda tutti, e che qualcuno ben prima di noi ha indicato.

Progetti futuri di scrittura?
Sì, il tema sarà sempre quello del legame tra islam e cultura occidentale,come strumento ed esplorazione di problematiche attuali attraverso letteratura e poesia.  Ben pochi lo sanno, ma Robinson Crusoe, ad esempio, è nato da un romanzo arabo. Allo stesso modo sono innumerevoli gli incontri del pensiero islamico con l’ Occidente, un fenomeno che occorre raccontare. E oltre al racconto, è necessario il lavoro teologico vero e proprio, quello dell’insegnamento: per mostrare la teologia islamica come un sistema di pensiero ordinato e coerente, nel suo dipanarsi nella storia.

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