Boeri (Cia) “Promozione efficace dei nostri prodotti volano per l’economia”

Funghi, tartufi, frutti del sottobosco, patate, castagne, senza dimenticare le antiche  varietà di grani e di frutti; ed ancora carne di cinghiale, di capriolo, di daino, allevamento di bovini da carne: è (anzi potrebbe essere) ricco e variegato il patrimonio di prodotti del nostro Appennino, ma poco conosciuto e valorizzato.

“Eppure – commenta il presidente della Cia (Confederazione Italiana Agricoltori) di Piacenza Franco Boeri – sarebbe sufficiente un’azione promozionale mirata e costante per far conoscere ai consumatori tutta la qualità unica di ciò che può offrire la nostra montagna; potrebbe essere un volano straordinario per tutto il nostro vasto territorio (non dimentichiamo che 2/3 sono collina e montagna) perché attraverso un’azione di filiera, garantirebbe un rifornimento costante in alcuni appositi punti- vendita attrezzati direttamente in alcuni piccoli paesi del nostro Appennino ed attrarre, con gli agriturismi, tante persone in cerca di pace, serenità e paesaggi idilliaci”.

“Certo lo spopolamento della montagna è sotto gli occhi di tutti, ma sarebbero numerosi – assicura Boeri – i giovani originari di questi paesi che ritornerebbero volentieri a viverci con le loro famiglie se si creassero le condizioni per una idonea qualità esistenziale. Il che significherebbe poter contare su adeguate strutture sociali, sanitarie e scolastiche e poter fare assegnamento su un reddito certo, dove si riconosca la qualità e l’unicità produttiva, perché questi prodotti non possono certo competere con i costi e la quantità di quelli della pianura”.

“L’emergenza dei cinghiali, ma ora anche di daini e caprioli, potrebbe trasformarsi in una opportunità se, attraverso una caccia selettiva, si potesse creare una filiera trasparente che possa rifornire con regolarità tutta la ristorazione, esattamente come si fa in regioni a noi limitrofe. Ma si potrebbero approvvigionare anche supermercati e macellerie della città e provincia che puntano su dei percorsi di qualità, esattamente come si potrebbe fare con i prodotti dell’agricoltura. E stimolare tutti, anche le accademie e le associazioni culinarie, a promuovere specifiche ricette che valorizzino queste carni”.

“Durante la recente campagna elettorale, tutti hanno “ostentato” soluzioni per risolvere i problemi delle zone svantaggiate, ma troppo spesso poi tutto rimane nel novero della “buone intenzioni”. La nostra associazione professionale da sempre è vicina a questi territori, ai giovani “coraggiosi” che hanno scelto di viverci “nonostante tutto” ma è essenziale un forte e concreto supporto degli enti locali, delle pro loco, degli istituti di credito senza il quale è davvero difficile andare avanti”.

“Pensiamo poi – ricorda Boeri – alle potenzialità dei pascoli per allevare bovini da carne; significherebbe anche favorire il mantenimento del sottobosco. Attualmente il ruolo delle regioni, nella promozione dei prodotti agroalimentari, è solo quello di valutare la congruità della richiesta e la documentazione presentata dal produttore, che comprende dati economici, caratteristiche del prodotto, della zona di produzione, cenni storici e legame con il territorio, disciplinari di produzione, caratteristiche gastronomiche e nutrizionali dei prodotti. Insomma soprattutto tanta burocrazia”.

Ma non basta: è necessario che l’attività per le organizzazioni fieristiche ed esposizioni locali come nazionali siano supportate dalla regione stessa per garantire ai produttori, che da soli non potrebbero partecipare a eventi così importanti, la promozione dei loro prodotti, così come ai consorzi del nostro agroalimentare. Ecco: anche piccoli Consorzi opportunamente costituiti, potrebbero far valere una forza commerciale diversa. Cia da sempre cerca di favorirne l’istituzione, ma non è semplice. Le lentezze nell’erogazione dei pagamenti comunitari, causate dall’assenza di dialogo tra le due agenzie erogatrici, regionali e AGEA, sovente ostacolano, invece di favorire, proprio le attività di promozione o di perfezionamento dell’offerta dei prodotti già esistenti.

I prodotti tipici contribuiscono ad esaltare l’immagine di tutto il territorio di produzione e stimolano un crescente flusso turistico finalizzato, incrementando il valore economico di un’agricoltura terziarizzata ed integrata. Oggi la questione agricola o agroindustriale non è più legata alla produzione quantitativa e alla sua mera trasformazione e commercializzazione. Oggi cambia la necessità di valutare l’agricoltura e le attività connesse extragricole nel loro rapporto con la società e con il tessuto economico che insiste sul territorio dove avviene la produzione. L’agricoltura produce dei beni che non sono puramente economici; significa pure ambiente, turismo e cultura e deve per forza implementare attività che si legano con le altre presenti sul territorio: artigianato, piccole e medie imprese”.

“L’elemento chiave della strategia della valorizzazione agricolo- ambientale – commenta la direttrice Marina Bottazzi – deve puntare ad una evoluzione differenziata delle diverse realtà agricole e ad una integrazione virtuosa fra tutela dell’ambiente e sviluppo socio-economico”.

“Per questo l’obiettivo finale è di accrescere la competitività delle imprese, mantenendo la coesione e l’integrazione dei sistemi socio-economici territoriali favorendo la salvaguardia delle risorse ambientali. Attraverso i Gal, ma soprattutto con il Psr, deve essere attivata una fiscalità che coadiuvi lo sforzo di commercializzazione e promozione di questi prodotti, così come per gli agriturismi, quelli veri, autentici, dove si utilizzano veramente i prodotti di eccellenza di questi territori, dove l’agricoltura sia l’attività prevalente, tutelati da forme di associazione e da consorzi”.

“In questo senso – ricorda – la gastronomia allora costituisce oggetto di particolare interesse per il movimento turistico allorquando i cibi caratteristici vengono ad identificarsi con le località che li hanno prodotti e con l’idea che solo nei luoghi originari sia possibile trovare il sapore più caratteristico. Non dimentichiamo – conclude – l’importanza che sta assumendo il turismo nel processo di differenziazione delle attività svolte nell’ambito delle aziende agricole che possono e devono conciliarsi con gli obiettivi di tutela ambientale, di valorizzazione delle produzioni locali e di ripristino del patrimonio architettonico delle aree rurali, rispetto ai quali, sia i consumatori, che la collettività, si mostrano sempre più sensibili”.

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