Primo maggio, Morelli (Mcl) “Oggi più che mai ripartiamo dal lavoro”

Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di Umberto Morelli, presidente del Movimento Cristiano Lavoratori Piacenza, sulla Festa dei Lavoratori che si celebrerà domani, venerdì 1 maggio.

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“Il primo Maggio che ci apprestiamo a festeggiare è carico di inquietudini, porta con se molte incertezze. L’impatto della pandemia sul mondo del lavoro è stato devastante ed è un punto di svolta di carattere storico che segna un “prima” e un “dopo”. L’unica certezza che abbiamo è che nulla “sarà come prima “, un’affermazione ripresa anche nel Messaggio dei Vescovi Italiani per la festa del 1 maggio. Anche se alcuni si azzardano a fare previsioni, a snocciolare cifre sulla perdita dei posti del lavoro o sulla contrazione del reddito e degli altri dati economici, la verità è che ancora neppure riusciamo a immaginare che cosa accadrà, né possiamo immaginare come ciascuno di noi reagirà una volta terminata la quarantena. Viviamo un’attesa inquieta, esasperata dalla fragilità delle nostre istituzioni. In questo clima viene da porsi una domanda: cosa festeggiamo il 1 maggio? Che senso ha festeggiare la festa del lavoro in una situazione come questa? Nonostante tutto e, forse proprio per la tribolazione che stiamo attraversando, ha senso, oggi più di ieri, celebrare il lavoro e la sua festa perchè è proprio dal lavoro che bisogna ripartire.

Anche se negli anni della sbornia della finanza senza freno lo abbiamo dimenticato, il lavoro rimane “la chiave essenziale di tutta la questione sociale” – come scrisse San Giovanni Paolo II nella grande enciclica sul lavoro Laborem Exercens, punto di riferimento dell’azione che il nostro movimento ogni giorno con passione e determinazione attualizza a favore del mondo del lavoro del nostro territorio. La pandemia, con le tragiche morti che si è portata dietro anche nella nostra Piacenza, con la segregazione forzata di tutti noi, ha mostrato che questo sistema non è adeguato all’uomo, poichè non solo non risponde alle esigenze più profonde, ma ha diversi problemi anche con quelle più superficiali. Vivevamo un’effimera sicurezza, ma adesso il re è nudo. Abbiamo, quindi, di fronte a noi una grande occasione per ripartire con un altro passo, mettendo al centro la persona partendo dal lavoro, affinchè sia promossa la dignità di ciascuno e il bene di tutta la cosa comune. Non si tratta di dare dei correttivi, perché di fronte a un male cosi grande come quello che che stiamo affrontando non bastano gli ammortizzatori (necessari) o lo smart working (necessario anch’esso). Occorre, invece, un cambio di paradigma degno del cambio d’epoca che la pandemia ha accelerato.

Non a caso la voce di Papa Francesco, che di questo cambio di paradigma è l’alfiere, risuona come l’unico appiglio nel mare dell’inquietudine. Nel già citato messaggio per il 1 maggio, i vescovi hanno indicato nel primato del lavoro degno, nella lotta del lavoro nero e dello sfruttamento dei migranti, nella cura della casa comune, nello sguardo positivo verso la tecnologia, nelle responsabilità delle istituzioni e dei cittadini, nel ruolo della società civile, alcuni aspetti da cui ripartire per rispondere in maniera adeguata ai tempi che stiamo vivendo. Ci attende una sfida epocale resa ancora più drammatica dall’inadeguatezza (almeno per ora) delle risposte delle istituzioni e dal rigurgito statalista che, approfittando della situazione, vorrebbe azzerare i corpi intermedi e il poco di sussidiarietà rimasta (i recenti provvedimenti portano tutti in questa direzione). Così occorre ripartire dalle basi, puntando sul rapporto tra persona e comunità che solamente una visione dualista come quella nella quale siamo immersi vede contrapposte.

Nel mondo del lavoro, oggi più di ieri, si percepisce l’importanza di alcune intuizioni come la centralità della persona che lavora, il lavoro degno, un sistema di relazioni industriale di carattere collaborativo, la partecipazione dei lavoratori alla vita dell’impresa, la priorità della sicurezza, il ruolo dell’impresa e la sua responsabilità all’interno di una comunità, la salvaguardia del creato e la promozione del lavoro, la lotta allo sfruttamento e per la legalità. Eppure, tali importanti intuizioni, da sole non bastano se non facciamo il grande salto culturale capace di riconoscere il primato del lavoro e il suo ruolo essenziale per lo sviluppo, aspetti che sono già presenti nella nostra indole e che sono riconosciuti dalla nostra Costituzione. Il senso di questo primo maggio, forse, sta proprio nella presa di coscienza della responsabilità del mondo del lavoro, poichè in gioco, assieme al futuro delle persone, delle famiglie, della comunità, c’è anche la tenuta delle nostre istituzioni democratiche. Agli inquietanti sbandamenti autoritari, favoriti sia dalla paura che dalla politica, che da tempo ha perso la sua rappresentatività perchè ha stoltamente reciso i legami con i corpi intermedi e il territorio, il mondo del lavoro può rispondere mettendo in gioco tutta la sua ricchezza.

Una ricchezza di opere e relazioni che sono stati i segreti della nostra ricostruzione, che lo saranno per la ricostruzione che ci attende. Ci auguriamo che il primo maggio di quest’anno sarà diverso, altrimenti sarà una giornata persa. Noi del Movimento Cristiano Lavoratori guardiamo all’autorevole richiamo di Papa Francesco, che avverte a gran voce che dalla tragica crisi o si esce tutti insieme o non ne usciamo affatto, che l’economia dello scarto va rigettata, nociva anche a quelli che l’hanno sostenuta. Deve essere un primo maggio della consapevole responsabilità, un nuovo inizio che apre gli spazi alle iniziative costruttive di donne e uomini di buona volontà”.

PRIMO MAGGIO, ACLI “IL LAVORO FORMA L’ITALIA” –  “La Festa dei lavoratori cade quest’anno in una situazione drammatica per il nostro Paese. All’emergenza sanitaria, scandita dai numeri dei morti e dei ricoverati, si sta sommando l’emergenza sociale con centinaia di migliaia di fabbriche, negozi e uffici chiusi, tante attività sospese (perfino la piaga del lavoro nero è sospesa)”. E la riflessione dell’Acli (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani) nazionale sul primo maggio, condivisa anche dalla sezione provinciale di Piacenza.

“Se guardiamo al passato – continua l’associazione -, l’immagine che abbiamo di fronte è quella dell’Italia uscita dalla II Guerra mondiale, e non abbiamo nemmeno certezze per il futuro, o meglio le uniche certezze che abbiamo sono tutte negative: tante attività non riusciranno a ripartire, altre solo a ritmo ridotto, il settore economico in difficoltà, milioni di lavoratori in cassa integrazione, disoccupati e, soprattutto, nuovi poveri. Abbiamo dimostrato tutti, in questi difficili momenti, spirito di sacrificio, dignità, compostezza, soprattutto tanta solidarietà. Questa situazione ha fatto venir fuori la centralità delle reti di prossimità e di solidarietà oggi ancora più essenziali per contrastare la solitudine e l’isolamento di tanti.

“Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda”, ci ha ricordato papa Francesco. Ripartiamo da qua, da questi valori che abbiamo riscoperto, che abbiamo sempre avuto ma che forse tenevamo un poco nascosti E ripartiamo, come 75 anni fa, a ricostruire intorno alla Carta Costituzionale. Anche oggi abbiamo bisogno di ripartire dalla Costituzione, proprio dalle sue righe iniziali: è il legame con il lavoro che fonda l’Italia, che dà una forma alla nostra vita quotidiana personale e collettiva. Dobbiamo contemporaneamente intervenire sull’emergenza e progettare il futuro del Paese, gettando le basi per un nuovo piano di crescita e sviluppo. Va fatto un investimento vero sulla scuola e sulla formazione, perché lavoreremo in un contesto mutato e ancora condizionato dall’esistenza del virus”.

“Il mercato del lavoro sta cambiando, proiettato sempre di più verso nuove forme, tra cui lo smart working, come dimostra l’esperienza di questi mesi, e in generale il ruolo della tecnologia, come dimostrano le applicazioni dell’Industria 4.0. In questo contesto dovremo monitorare con attenzione i più deboli e i più fragili. Il distanziamento fisico rischia di trasformarsi in distanziamento economico, poi sociale e infine umano. Nel 65esimo dell’istituzione della Festa di san Giuseppe vogliamo riappropriarci della sacralità del lavoro, facendo ancora una volta nostre le parole di Papa Francesco: “il lavoro ci unge di dignità, ci rende simili a Dio, che ha lavorato e lavora, agisce sempre; dà la capacità di mantenere sé stessi, la propria famiglia, di contribuire alla crescita della propria Nazione”.

“Solo attraverso il lavoro potremo riallacciare i legami delle nostre comunità, rifondare il patto sociale e far ripartire l’Italia. Lo faremo assieme a tutte le organizzazioni che hanno a cuore il destino dei lavoratori, a partire dalle organizzazioni sindacali, Cgil, Cisl e Uil, di cui condividiamo il documento e la campagna di informazione”. (nota stampa)

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