“Ho fatto un’associazione a delinquere, ragazzi” Le intercettazioni shock dei carabinieri

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“Minchia adesso ti devo racconta quello che ho combinato… ho fatto un’associazione a delinquere ragazzi! Che se va bene… ti butto dentro, nel senso a livello di guadagno” […] “in poche parole abbiamo fatto una piramide: sopra ci stiamo io, tu e lui… ok? Noi non ci possono… a noi… siamo irraggiungibili, ok?”.

A parlare è l’Appuntato dei carabinieri, in servizio alla stazione Levante di Piacenza, coinvolto insieme ad altri colleghi della caserma di via Caccialupo, ora sottoposta a sequestro, nell’inchiesta della Procura e accusato di gestire una vera e propria rete di spaccio. Sono tanti gli episodi sconcertanti dettagliati all’interno dell’ordinanza di oltre 300 pagine firmata dal Giudice Luca Milani nella quale si ripercorrono sei mesi di indagini, con 75mila conversazioni telefoniche, ambientali – oltre ai flussi di comunicazioni telematiche – captati ed analizzati e sette vetture monitorate.

Io prendo botte da…io meno di 45000 euro di droga alla volta non li prendo” dice allo stesso Appuntato una delle persone da cui il carabiniere si sarebbe rifornito dello stupefacente. “E su 40000 quanto riesci a guadagnare…quanto riesci a portare a casa di tuo puliti?” – chiede il militare. “ 10 (mila euro- ndr)” – la risposta. Per facilitare gli spostamenti e le illecite condotte del suo “fornitore” e del “galoppino” in periodo di Covid, l’appartenente all’Arma avrebbe fornito loro false attestazioni: “Vabbò senti a me ascolta me – dice in un’altra intercettazione -, tu prendi questo, tanto v’ho messo il timbro […] tu te tu te lo compili e la sotto scrivete”.

L’ACCUSA DI ESTORSIONE AI DANNI DI UN CONCESSIONARIO – Lo stesso Appuntato, al quale sono stati sequestrati una villa con piscina, una vettura, una moto e 24 conti correnti, è poi coinvolto in altre vicende che – evidenzia il Gip – ne denotano “ulteriori attitudini criminali, rivelando come egli abbia la profonda convinzione di poter tenere qualunque tipo di comportamento vivendo al di sopra della legge e di ogni regola di convivenza civile”. E’ il caso dell’accusa di estorsione ai danni di una concessionaria in provincia di Treviso, presso la quale il militare stava trattando l’acquisto di un’auto, poi pagata – secondo quanto emerso – una cifra ben al di sotto del valore di mercato: a suo dire alcuni uomini avrebbero cercato di truffarlo e per questo aveva organizzato una sorta di spedizione punitiva. E’ lui stesso a parlare dell’accaduto in una conversazione intercettata “Sono entrato attrezzato (per la Procura l’espressione è da intendersi come “armato”, ndr), uno si è pisciato addosso, nel senso proprio pisciato addosso […]l’altro mi ha risposto e l’ho fracassato!”

LA FESTA NEL GIORNO DI PASQUA – Sempre il carabiniere, il giorno di Pasqua e in pieno lockdown, organizza una festa con altre persone nella propria abitazione. E’ una donna a segnalare la situazione contattando il 112; il militare in servizio alla centrale operativa, una volta scoperto che si trattava dell’abitazione dell’Appuntato, si premura di contattarlo per spiegargli la situazione: “La pattuglia te l’ho mandata io perché non sapevo che era casa tua […]. M’ha detto che c’era una festa con una grigliata, una festa… c’era una festa con… con della gente estranea con una grigliata […]. Comunque non ho scritto niente e non sa un cazzo nessuno”.

IL GIOVANE CARABINIERE “SOLITARIO” – “Si gestiscono molto tra loro, lo sai perchè se lo possono permettere? Perchè portano gli arresti! […] c’hanno i ganci!”. E’ un giovane carabiniere, parlando dei suoi colleghi al padre, a tratteggiare l’atmosfera all’interno della stazione Levante. Di lui – ricorda il giudice Luca Milani – parlano due dei militari coinvolti nell’indagine “commentandone l’atteggiamento solitario e le resistenze a farsi coinvolgere nel gruppo”. Una scarsa propensione a seguire i colleghi – osserva il magistrato – “probabilmente dovuta al suo forte disagio nel constatare le continue violazioni e gli abusi commessi all’interno della caserma di via Caccialupo”. In particolare, in una conversazione con il padre, emerge “tutta la delusione del giovane militare dell’Arma per essere finito a lavorare in un ambiente in cui vengono costantemente calpestati i doveri delle forze dell’ordine, dove tutto è tollerato a condizione che vengano garantiti i risultati in termini di arresti”.

Il carabiniere parla con il genitore raccontando di aver assistito alla denuncia di una donna che denunciava una violenza sessuale senza poi comparire nei verbali redatti. “Molte cose fatte a umma a umma, non mi piacciono“, dice successivamente, mentre in un passaggio, relativamente ad un altro episodio – aggiunge: “Non voglio fare un falso ideologico! Cioè, c’è l’attestato che ho fatto in data un tot qualcosa che, invece, non è neanche vero“. Parlando della denuncia della donna, situazione nella quale non si era intromesso per quanto riguarda la redazione degli atti nonostante avesse riscontrato qualche imperfezione, conclude affermando: “Non sono né carne né pesce e quindi non so come comportarmi […] quindi lascio un po’…lascio un po’ passare, anche passivamente…cioè non prendo tanto l’iniziativa“.

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