Raggi “Convocare subito il tavolo di coordinamento per la riapertura delle scuole”

La nota del consigliere comunale di Piacenza Samuele Raggi (Piacenza del Futuro) ed esponente di Italia in Comune – Piacenza

14 settembre: è la data prevista per la riapertura delle scuole dalla Ministra Azzolina. Una data più che mai vicina e con la necessità di garantire Il diritto allo studio in condizioni di sicurezza dovute all’emergenza Covid19. Ma a Piacenza si sta ancora navigando a vista. A quasi un mese di distanza dall’incontro pubblico organizzato dal Movimento di Cooperazione Educativa e da Legambiente per attivare un tavolo comunale e provinciale di riprogettazione e coordinamento sulla riapertura delle scuole, tutto tace. E non risulta che questo importante incontro si sia mai tenuto. L’amministrazione comunale non si muove, nonostante i tempi siano ormai stretti e i problemi vadano quindi affrontati con urgenza.

Il distanziamento sociale è un punto centrale: come garantirlo in aula, durante le pause e nelle mense, momenti in cui è richiesto come misura essenziale dal Comitato tecnico-scientifico del Miur? Come risolvere il problema dei trasporti negli orari di punta in cui si muovono studenti e insegnati? E come riorganizzare anche gli orari degli scuolabus e del pedibus, alla luce dell’entrata in classe che non avverrà più per tutti al suono di un’unica campanella?

L’Emilia Romagna, per quanto riguarda la scuola, non è particolarmente virtuosa: il rapporto alunni per classe è, se pur di poco, superiore alla media nazionale (21,93 contro il 20,55), con casi abbastanza frequenti di “classi-pollaio”. I numeri preoccupano anche per quanto riguarda il corpo docente e gli Ata: a settembre mancheranno 17.565 insegnati (posti vacanti) per coprire un organico di 57.435, mentre per il sostegno oltre il 60% dei docenti sarà privo di specializzazione e, soprattutto, si pensa che verrà impiegato sulle classi, proprio per sopperire alla carenza di organico. Se questo, da una parte, è possibile dal punto di vista legislativo, dall’altra è facilmente immaginabile che a farne le spese saranno ancora una volta gli studenti disabili, già fortemente penalizzati dal lockdown. Non va meglio per il personale ATA: entro il 1° settembre dovranno essere assunti 4.107 lavoratori, però ad oggi manca il 26,76% dell’organico. Per il rientro in sicurezza questi numeri non sono sufficienti e dovrebbero essere aumentati di almeno un 15%.

Il miliardo aggiuntivo annunciato dalla Ministra Azzolina, al netto dell’incertezza su tempi e destinazione, sarà di non più di 20.000 euro a scuola, una cifra esigua, se si pensa di dover predisporre i luoghi di studio con il distanziamento adeguato. Ma questo non basta: occorre innanzitutto trovare una soluzione alla carenza degli spazi. Due domande esigono risposta: esiste una mappatura degli edifici scolastici sulla quale fare verifiche in rapporto alle presenze? Esistono progetti di investimento a brevissimo termine degli enti locali?

L’incontro-confronto tra amministrazione comunale e tutti i soggetti coinvolti (direttamente ed indirettamente, in primis i Dirigenti scolastici, nell’organizzazione della riapertura) non è più rimandabile. Senza il pieno svolgimento dell’attività scolastica si protrarrebbe il problema, per i genitori che lavorano, della gestione a casa dei bambini della scuola dell’infanzia e della scuola primaria. Il Comune deve investire per aiutare concretamente le famiglie, garantendo supporto nel tempo dopo la scuola, perché un’eventuale riduzione oraria non è auspicabile per questa fascia d’età, per la quale la Didattica a distanza deve essere vista come soluzione estrema. Non è possibile continuare a scaricare sui genitori il peso di questa crisi sociale ed economica. Ancora oggi non sono uscite le graduatorie dei nidi e sono stati fissati termini per le iscrizioni “al buio”, senza nessun tipo di garanzia ai genitori sulle modalità con il quali si riaprirà. Non ultimo resta il problema delle mense, che devono assolutamente riaprire, per dare un servizio essenziale agli studenti e per garantire la gran parte dei lavoratori che non ha permessi o copertura con ammortizzatori.

Alcune idee per supplire alla carenza di spazi e personale mi sono state sottoposte da persone che in forme diverse vivono giornalmente la scuola, per cui meriterebbero  particolare attenzione e potrebbero essere approfondite al richiesto tavolo di coordinamento. Una situazione straordinaria merita delle iniziative straordinarie. Una prima ipotesi prevederebbe la possibilità di utilizzare, per le lezioni delle scuole superiori, spazi comunali non scolastici, quali biblioteche, musei, sale messe a disposizione dalle parrocchie (con il coinvolgimento al tavolo della Diocesi) e luoghi associativi, o anche tensostrutture riscaldate (con il supporto dell’esercito per l’allestimento), destinando tutti gli edifici scolastici attuali alle scuole dell’infanzia, alle scuole primarie e alle scuole secondarie di primo grado. La seconda ipotesi, volta a “coprire” la carenza di personale prevederebbe una riduzione del tempo-scuola a cinque ore di lezione con l’attuale organico più altre eventuali da programmare con insegnanti volontari in pensione (come successo con il “richiamo alle armi” dei medici in pensione nel periodo del lockdown).

Queste ed altre idee, con numeri alla mano e disponibilità finanziarie e non, devono essere discusse al più presto. Non c’è più tempo. CONVOCATE SUBITO IL TAVOLO.

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