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Smart Working, a Piacenza il 64% dei dipendenti vorrebbe continuare “Ma bisogna cambiare la cultura aziendale”

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L’emergenza covid ha costretto molte aziende a dover ricorrere allo smart working. Ma con il graduale ritorno alla normalità si continuerà a puntare su questa modalità lavorativa? O è un esperimento destinato a rimanere confinato a situazioni eccezionali e temporanee?

Per provare a rispondere a queste domande, e per capire opportunità, criticità e prospettive future, la facoltà di Economia e Giurisprudenza dell’Università Cattolica in collaborazione con Confindustria Piacenza, RICT e il Gruppo Value ha realizzato un indagine – che ha coinvolto 271 lavoratori e 113 responsabili di 60 aziende del territorio – sull’esperienza del lavoro a distanza durante il lockdown. I risultati sono stati presentati nella mattinata del 15 luglio in un webinar dai responsabili delle realtà che hanno realizzato la survey.

“Quattro i macrotemi indagati – ha precisato la professoressa di Organizzazione Aziendale dell’ateneo piacenino Franca Cantoni, che ha realizzato lo studio insieme alle colleghe Laura Barbieri, Barbara Barabaschi, Silvia Platoni e Roberta Virtuani -, sottoposti a due categorie di intervistati, i lavoratori e i responsabili. Parliamo di consapevolezza, produttività, preparazione tecnologica e coordinamento e controllo. Nella nostra analisi abbiamo quindi, in primis, domandato ai lavoratori e responsabili quante volte avessero utilizzato lo smart working prima della quarantena. Il 66% dei primi ha risposto mai; così come il 57% dei secondi. Raramente, invece, il 12% dei dipendenti e il 20% dei responsabili. Ciò dimostra che prima dell’emergenza covid il lavoro a distanza era una metodologia scarsamente utilizzata, considerata principalmente come una concessione da parte del responsabile verso il dipendente”.

webinar smartworking

Un momento del webinar sullo smart working organizzato da Cattolica e Confindustria

SMART WORKING E PRODUTTIVITA’ – “Sul piano della produttività – ha proseguito la docente – abbiamo riscontrato solo ed esclusivamente impressioni favorevoli. I compiti sono stati portati sempre a termine, probabilmente anche grazie all’adeguatezza dei device messi a disposizione. In questo senso, va evidenziato l’alto tasso di scolarizzazione dei lavoratori che hanno partecipato all’indagine e che ha forse facilitato un veloce apprendimento delle modalità di utilizzo dei nuovi software di comunicazione; nonchè la preparazione tecnologica di responsabili e lavoratori”.

“L’area sulla quale bisogna concentrarsi maggiormente è quella del coordinamento e controllo – ha poi evidenziato -. fondamentale affinchè con lo smart working la produttività non venga intaccata. Ciò che è emerso è che per la maggior parte degli intervistati la presenza fisica non è fondamentale per conseguire gli obiettivi lavorativi prefissati (66% dipendenti; 61% responsabili). I lavoratori – interrogati sulle aspettative verso i responsabili legate allo smart working – hanno poi espressamente indicato come primaria la necessità di mantenere relazioni, nonostante la distanza. In questo senso, il 52% ha detto che è fondamentale la fiducia del proprio responsabile, mentre il 33,5% il supporto e il coordinamento attraverso feedback regolari. Il 14%, invece, la chiarezza nella definizione degli obiettivi”.

“SERVONO OBIETTIVI CHIARI E CONDIVISI” – “Questi numeri – ha commentato Franca Cantoni – ci portano alla conclusione che per i lavoratori è importante l’attribuzione e la condivisione degli obiettivi. Dall’altro lato, per il responsabile è necessario acquisire un nuovo modo di agire, essere presente e valutare i compiti svolti. Cambiano quindi necessariamente anche gli stili di leadership: il capo, infatti, anche non in presenza deve essere capace di restituire dei feedback per attivare, se necessario, correttivi per conseguire i target di un lavoro stabiliti precedentemente e in modo chiaro. In questo modo si riesce inoltre a garantire autonomia realizzativa, elemento chiave sia per i dipendenti che per i responsabili”.

“Un altro tema importante, che si collega a quanto detto, è infatti quello del controllo, che non deve essere considerato come presidio costante e continuativo ma come elemento che concede autonomia e discrezionalità organizzativa e che trova il suo fondamento nel concetto della responsabilizzazione. L’affidabilità, ovvero la capacità di portare a termine i risultati – la riflessione della docente -, diventa così una competenza sempre più ricercata e apprezzata”. “Molto importante anche il cosiddetto contratto psicologico. Il controllo cambia infatti di connotazione se, oltre al contratto giuridico, noi andiamo a considerare il contratto psicologico: un legame non codificato e formalizzato che si basa sul rispetto delle aspettative reciproche e sulla concessione della fiducia tra lavoratore e responsabile”.

UN’ESPERIENZA DA CONTINUARE – Quali sono quindi le prospettive future per lo smart working? “Dall’indagine è emerso come il 64,3% dei lavoratori sia favorevole a proseguire in questa modalità di lavoro anche dopo l’emergenza coronavirus;  il 23,1 % propende per una forma mista (casa/azienda); mentre solo il 9,4% è contrario. Contro il telelavoro il 21,2% dei responsabili; il 16,8% si schiera per la forma mista, mentre la maggioranza – il 56,6% – lo vede di buon occhio”.

“In virtù di questi dati – la considerazione finale – come passare dall’emergenza, dove la pianificazione ha tempi molto vicini allo zero, ad una situazione di adozione piena e consapevole dello smart working? Il tema è complesso e richiede una combinazione di elementi: la dotazione hardware e software sia di device che di capacità di utilizzo degli stessi, nonchè un cambio drastico nelle procedure organizzative nei sistemi manageriali e di valutazione delle performance. Ma la cosa più importante in assoluto è un cambio nella cultura aziendale, perchè sempre più importante sarà il concetto di resilienza: essere pronti e veloci a cambiare il paradigma. Le organizzazioni resilienti non sono quelle che non avvertono la crisi, bensì quelle che riescono ad accorciare il periodo turbolento e riescono ad individuare la soluzione organizzativa migliore, implementandola. Ad accelerare la risalita contribuiscono fattori individuali ed aziendali e di sistema: dopo il covid alcune organizzazioni sono riuscite addirittura a migliorarsi, quindi i presupposti per la continuazione dello smart working sicuramente ci sono, bisogna però, come detto, apportare dei cambiamenti di natura organizzativa e culturale”.

Presenti al webinar anche Luca Groppi, Direttore Confindustria Piacenza; Giulio Drei, CEO di Value e Paolo Molinaroli CFO Musetti Spa, che ha raccontato il processo di innovazione digitale dell’azienda di caffè negli ultimi anni.

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