“Potenziare la medicina territoriale, il nuovo ospedale non è un dogma”

Potenziamento della medicina territoriale e maggior trasparenza nelle decisioni in materia di sanità pubblica.  Sono queste, in estrema sintesi, le richieste rivolte alle istituzioni politiche e sanitarie dal neonato Coordinamento dei comitati per la salute e la medicina territoriale.

Una realtà – nata proprio durante l’emergenza coronavirus – che mette insieme diversi comitati ed associazioni provinciali uniti dalla convinzione “che la sanità pubblica è il bene assoluto che ogni cittadino è chiamato a tutelare”. Un primo momento per presentarsi alla città, e rendere note istanze e proposte del comitato, è stato nella mattinata del 28 agosto nella sede piacentina di Legambiente, una delle realtà coinvolte insieme al distretto di mutuo soccorso (Gap); l’Associazione Terme e Val trebbia; “Riconquistiamo tutto” – Area congressuale Cgil Piacenza; Un sogno in comune Pontenure e Immagina Ziano.

“Veniamo da anni di tagli pesanti alla sanità pubblica e l’attuale piano di riordino socio sanitario per Piacenza, di cui chiediamo l’immediata revisione, incentrato sul progressivo depotenziamento della rete ospedaliera territoriale e sulla costruzione del nuovo ospedale non cambierà la situazione, anzi. – ha detto uno dei rappresentanti del gruppo, Giuseppe Castelnuovo – . Eppure, il potenziamento delle Case della Salute era un’ottima idea, se lo sviluppo sul territorio fosse avvenuto in maniera omogenea e con più risorse. La debolezza della sanità territoriale è esplosa in maniera chiara con l’emergenza covid, solo parzialmente coperta dalle Usca (le unità speciali per visitare i pazienti a domicilio, ndr). Noi spingiamo per l’inversione di questa tendenza, e, in questo senso, abbiamo chiesto al più presto un incontro con il presidente della Conferenza socio-sanitaria, Lucia Fontana”.

Proprio la poca chiarezza e trasparenza della Conferenza socio sanitaria è uno degli elementi messi sul banco degli imputati dal comitato. “Il sito non è mai aggiornato – ha detto Silvia Brega, un altra rappresentante del gruppo -. Non sappiamo mai quando si riuniscono, quando ci sono gli incontri: non c’è voglia di coinvolgere i cittadini, di confrontarsi con loro”. Da Brega altre lamentele arrivano sul fronte dell'”allungamento delle liste d’attesa” e delle “prenotazioni delle visite specialistiche all’Ausl, alcune delle quali non ci risultano disponibili: quella cardiologica, l’ecocolordoppler cardiaco e l’Ecg”. Chiesti poi dal comitato “più investimenti nelle Rsa, oggi in sofferenza, mediante l’adeguamento degli organici e delle strutture; un centro covid, terapie intensive e semi-intensive, unico per tutta la provincia, all’interno di una struttura alternativa come ad esempio l’ex ospedale militare di Piacenza, per evitare, in caso di seconda ondata, di mettere eccessivamente sotto stress la rete ospedaliera”.

Scetticismo unanime anche nei confronti del nuovo ospedale. “Per potenziare la medicina di prossimità servono risorse immediate – ha sottolineato ancora Castelnuovo -. Con il recovery fund ci auspichiamo che ci possa essere uno stanziamento importante in questa direzione – e noi vogliamo essere coinvolti nel processo decisionale – ma non basta. Bisogna fare delle scelte: siamo sicuri che l’ospedale nuovo sia la migliore? Noi non siamo contro a prescindere, però dobbiamo guardarci negli occhi e decidere cosa fare: se puntare su servizi essenziali nell’immediato o su una presunta eccellenza – tutta da dimostrare – tra dieci anni. Il nuovo ospedale non deve essere un dogma. Il nostro è un fronte a favore della buona sanità: vogliamo essere coinvolti nelle scelte, perché venga garantito a tutti i cittadini il diritto alla salute”.

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