“Contro il virus facciamo la differenza a piccoli passi”

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L’intervento di Vittoria Prazzoli, studentessa del liceo Volta di Castelsangiovanni (Piacenza)

Ci siamo persi a contemplare il cielo durante il solstizio d’estate, a guardare l’aurora boreale, ad aspettare che in una giornata di sole, dopo un’ondata di pioggia imprevista, comparisse l’arcobaleno e ad osservare le piccole goccioline – a tratti rarefatte – scivolare lungo la superficie del vetro della finestra, dietro le tende. Ci siamo smarriti in ogni battito d’ali inaspettato ed oggi ci risulta difficile ammettere di aver perso il nostro quotidiano percorso di vita. Abbiamo abbracciato tutte le nostre insicurezze, fino a renderle parti integranti e fondamentali della nostra esistenza, ma la verità è che siamo soltanto naufraghi viaggiatori che non sanno più quale meta raggiungere per provare a salvarsi.

Abbiamo visto morire persone a cui eravamo affezionati, senza poter far nulla per fermare il tempo in quei loro ultimi istanti. Abbiamo ancora impresse nella nostra mente le immagini della dolcezza di nonna Monica, del sorriso energico di Gaia, dell’incredibile forza di Maurizio, degli occhietti spavaldi di Davide e della fantasia di zio Lorenzo. Questi sono solo alcuni esempi di cari che possono averci lasciato a causa del Covid-19, durante il terribile periodo di quarantena, che ci ha estraniato per vari mesi della nostra realtà circostante.

Siamo rimasti chiusi in casa in primavera, mentre gli uccellini iniziavano già a cantare all’alba e a saltellare qua e là tra i rami degli alberi ed il sole, con i suoi dolci raggi, incominciava a farsi sentire, a mostrare la sua calda potenza, penetrando all’interno dei nostri petti. Sentivamo in continuazione le sirene delle ambulanze suonare all’impazzata nelle nostre città, mentre le ruote giravano velocissime sulla strada per poter assistere al meglio tutti i pazienti, senza perdere inutilmente del tempo. Abbiamo assistito a lunghissime code per potere andare al supermercato e alla lotta sfrenata per riuscire a trovare il lievito, le uova e la farina, senza considerare le incredibili gare culinarie, soprattutto legate alla produzione di dolci, che si svolgevano in molte abitazioni.

Ci siamo provati la febbre in continuazione, perché il termometro era diventata una nostra vera e propria ossessione, con il telefono sempre in mano, pronto per essere usato, in preda alla disperazione, nel caso in cui la temperatura corporea risultasse più elevata di 37,5 gradi. Abbiamo sfruttato l’incredibile arma della tecnologia per contattare i nostri parenti, tra messaggi rassicuranti e videochiamate all’insegna del terrore. Abbiamo litigato con le nostre connessioni e fatto a gara per finire il prima possibile il supplizio dello smart working.

Abbiamo celato le nostre lacrime dietro ad una telecamera spenta e ad un microfono diffuso, utili per non far trasparire nessuna emozione. Abbiamo attribuito un importante valore alla nostra famiglia, sfruttando la maggior parte del tempo libero tra giochi in scatola e chiacchierate che non avremmo mai pensato di fare. Abbiamo stretto un rapporto speciale con la nostra mitica mascherina, quella magnifica compagna di viaggio che non si separa mai da noi e che, seppur a tratti risulti fastidiosa, ci protegge. Abbiamo fatto richieste sfrenate per riuscire ad effettuare il tampone e ci siamo preoccupati nell’attesa degli esiti, facendoci prendere dal panico anche per un semplice raffreddore. Ed oggi, mentre il mese di novembre sta bussando alla nostra porta della vita, ci stiamo sempre di più accorgendo di quanto sia difficile ripercorrere i nostri passi, con la consapevolezza che la situazione non sia migliorata e che quindi ci sia il rischio evidente di un nuovo pesante lockdown.

Tutto è affidato al nostro senso di responsabilità, all’amore che dimostriamo nei confronti del prossimo e alla nostra attenzione nell’evitare assembramenti. Perché se tornassimo indietro e se fossimo costretti a rivivere i terribili momenti di marzo 2020, non potremmo parlare soltanto di una piccola sconfitta, ma dovremmo pensare ad un vero e proprio fallimento della nostra umanità. Dobbiamo essere tenaci ed evitare spostamenti inutili, onorando il nome di chi ha perso la lotta contro il virus, abbandonando questa vita: facciamo la differenza a piccoli passi, evitando che si propaghi e che si diffonda sempre di più il contagio da Covid-19.

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