Malattie reumatiche, a Piacenza 330 pazienti in carico all’Ausl. Sabato convegno tra esperti

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito le malattie reumatiche come la prima causa di dolore e disabilità in Europa, sottolineando come queste, da sole, rappresentino la metà delle patologie croniche ad alto potenziale di disabilità e handicap che colpiscono la popolazione ultra65enne.

In Italia coinvolgono 9 milioni di persone. Tuttavia, sono ancora sottovalutate dalla maggioranza dei cittadini che a volte credono (erroneamente) che si tratti solo di dolori inevitabili provocati dall’età o dal clima. Anche per questi motivi, troppe diagnosi vengono formulate tardivamente e quindi spesso si è costretti ad intervenire quando la situazione è già evoluta.

A Piacenza sabato 17 ottobre, al Best Western Park Hotel, è in programma un convegno dal titolo “Aggiornamenti in Reumatologia”. L’evento scientifico, rivolto ai medici di famiglia, agli specialisti e agli infermieri, si pone l’obiettivo di trasmettere ai partecipanti le frontiere del trattamento delle più frequenti malattie reumatiche e nello stesso tempo di puntualizzare la gestione pratica clinica dei pazienti. Il convegno ospiterà, tra i relatori, alcuni tra i più noti ed esperti professionisti italiani del settore.

Le malattie reumatiche sono oltre 150 e possono essere di tipo: degenerativo (artrosi, osteoporosi), infiammatorio (artriti, connettiviti, vasculiti) e dismetabolico (gotta). Sono complessivamente circa 8 milioni gli italiani affetti da forme degenerative (1 persona su 3 in quella fascia d’età), mentre le forme di origine infiammatoria coinvolgono più di 1 milione di persone, oltre il 2 per cento della popolazione adulta con predilezione per le donne in misura di oltre 3 volte superiore agli uomini. Solo l’artrite e l’artrosi interessano il 16% degli italiani e rappresentano le due malattie croniche più diffuse dopo l’ipertensione. Colpiscono sempre di più anche a causa dell’aumento dell’età media della popolazione. Tuttavia, sono ancora sottovalutate e gli specialisti si trovano a intervenire quando la situazione è già evoluta.

A Piacenza l’equipe di Reumatologia, diretta dal dottor Eugenio Arrigoni, coadiuvato dalla collega Elena Bravi, ha in carico 260 pazienti affetti da artriti infiammatorie (artrite reumatoide, spondilite anchilosante, artrite psoriasica) in trattamento con farmaci biotecnologici che necessitano di controlli periodici trimestrali. A questi se ne aggiungono 70, afferenti al day hospital e affetti da sclerosi sistemica progressiva, che si sottopongono mensilmente a terapie infusive con farmaci vasodilatatori che contrastano l’evoluzione sclerotica della cute e degli organi interni di questi pazienti.

Secondo uno studio realizzato nel 2016, i costi complessivi (sanitari e sociali) per i pazienti affetti da artrite reumatoide sono molto rilevanti: mediamente, in un anno, si aggirano su una spesa di circa 11 mila euro per paziente. Il 70% è legato alla perdita di produttività dei malati e all’assistenza sociale (costi indiretti), mentre il 30% è correlato all’assistenza sanitaria (terapia farmacologica, assistenza ambulatoriale, ospedaliera, specialistica). Le conseguenze socio/economiche e lavorative delle malattie reumatiche invalidanti sono quindi ben più pesanti rispetto ai costi sostenuti per curarle.

A oggi non esiste una prevenzione delle malattie reumatiche, ma esiste la possibilità di una diagnosi precoce che permette di attuare una terapia tempestiva con lo scopo di evitare danni strutturali delle articolazioni nel tempo. Tuttavia, in ancora troppi casi i professionisti costretti a intervenire quando è già tardi e le cure risultano così meno efficaci. Fondamentale risulta quindi la collaborazione tra lo specialista reumatologo e il medico di Medicina generale per l’invio precoce e corretto del paziente con sintomi suggestivi di artrite in fase iniziale. Di solito è proprio quest’ultimo il professionista che svolge il delicato compito di diagnosticare all’esordio la malattia. Il suo ruolo può essere fondamentale per identificare i primissimi sintomi delle patologie, segnalare una ricomparsa della patologia oppure identificare effetti avversi legati alle terapie.

Alla luce di questo scenario la moderna Reumatologia si pone oggi come una disciplina in continua evoluzione sia nell’ambito della diagnosi precoce, sia nell’introduzione di un numero crescente di farmaci di precisione che permettono di aggredire specifici meccanismi patogenetici delle principali malattie reumatiche. La recente pandemia da Covid 19 ha messo a dura prova tutto il Sistema Sanitario Nazionale. “I nostri pazienti, per il fatto di essere affetti da patologie croniche e di essere trattati con farmaci immunosoppressivi – evidenzia il dottor Arrigoni – hanno vissuto mesi di estrema angoscia per aver dovuto interrompere da un momento all’altro e per oltre tre mesi i controlli, le visite ospedaliere e aver perso anche la possibilità di avere diagnosi precoci. Molti di essi hanno dovuto affrontare carenze di alcuni farmaci abitualmente prescritti (quali antimalarici e antinfiammatori) che sono entrati nei protocolli per il trattamento della polmonite da Covid 19. Questo certamente ha comportato un disagio per i malati e una sfida per noi medici, che ci troviamo a fronteggiare un’ondata di prestazioni che potrebbe necessitare specifici investimenti”.

“Noi utilizziamo farmaci che sono straordinariamente efficaci che però necessitano di essere monitorati molto da vicino perché possono causare degli effetti secondari; senza una sorveglianza molto fitta e molto alta è possibile che si verifichi anche deficit nell’aderenza ai programmi terapeutici con la conseguente riacutizzazione della patologia di base, che esporrebbe il soggetto a un forte rischio di contrarre infezioni”.

Il convegno in calendario sabato al Best Western Park Hotel, a partire dalle ore 8, è organizzato “in presenza” e ha anche il significato di ripresa di un discorso di aggiornamento e interazione tra operatori sanitari che la pandemia aveva interrotto.

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