Covid, quanto incide l’inquinamento sulla gravità del contagio? LE RICERCHE

Più informazioni su

Inquinamento e covid: continuano le ricerche per capire in che misura fattori atmosferici possano incidere sulla gravità del contagio.

L’ultimo studio – come riporta il quotidiano online “Il Post” – viene dagli Stati Uniti ed è stato pubblicato sulla rivista scientifica Science Advances. “Gli autori della ricerca hanno analizzato i dati sull’inquinamento nel lungo periodo di 3mila contee degli Stati Uniti – si legge -, e per le quali erano disponibili i dati sui decessi a causa del coronavirus a partire dallo scorso giugno. Lo studio non era stato organizzato principalmente per questo scopo, ma i suoi risultati mostrano come nei luoghi con maggiore inquinamento sia stato rilevato un maggior numero di morti da COVID-19”.

E se – ricorda “Il Post – “Questa circostanza non implica necessariamente una correlazione” si offrono “comunque elementi interessanti e da approfondire, considerato che buona parte dell’emisfero settentrionale sta entrando nella stagione fredda, periodo in cui si rileva un aumento dell’inquinamento atmosferico soprattutto nei grandi centri urbani“. In questo senso, il pensiero va immediatamente alla regione del Bacino Padano, in cui rientra anche Piacenza, tra le più colpite dal covid in Italia e in cui l’inquinamento rappresenta un problema che si trascina da anni a causa, principalmente, del traffico veicolare e delle emissioni prodotte dai riscaldamenti.

Il legame tra inquinamento e covid, a livello nazionale, è oggetto di studio dell’Istituto Superiore di Sanità, che ha avviato un’indagine a fine aprile in collaborazione con altre istituzioni scientifiche italiane. Il progetto, che si chiama “Pulvirus”, “parte dall’evidenza che l’introduzione di misure di contrasto al COVID-19 ha causato riduzioni delle concentrazioni di alcuni inquinanti atmosferici, riscontrata dai dati delle reti di monitoraggio della qualità dell’aria – spiegano i referenti -. L’analisi preliminare indica che le concentrazioni degli inquinanti non seguono gli stessi andamenti, come è inevitabile che sia per fenomeni complessi e non lineari. La diminuzione delle concentrazioni di alcuni inquinanti come il biossido di azoto sembra interessare maggiormente le stazioni di monitoraggi vicine al traffico veicolare e meno quelle lontane dalle sorgenti. Gli andamenti altalenanti della concentrazione del particolato dipendono dal ruolo che la variabilità meteorologica e le reazioni chimiche in atmosfera giocano sulla formazione e la dispersione”. La raccolta dati dovrebbe proseguire per circa un anno dal via del progetto, ma qualche risultato è atteso anche prima.

Un altro “studio da poco diffuso sulla rivista scientifica Frontiers in Genetics – riporta ancora “Il Post” – e svolto da ricercatori presso l’Università di Bologna, è partito dall’ipotesi che il particolato possa amplificare gli effetti della COVID-19 sugli individui. Il gruppo di ricerca ha quindi analizzato in laboratorio la risposta molecolare delle cellule di individui esposti al particolato, nelle aree maggiormente interessate dall’epidemia in Italia. Lo studio ha evidenziato come il particolato possa contribuire al peggioramento delle condizioni di salute tra gli individui con il coronavirus, e più in generale con i virus respiratori”.

Più informazioni su

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di PiacenzaSera, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.