Effetto covid sulle imprese femminili, in Regione lieve flessione (-0,6 %) rispetto al 2019

Al 30 settembre scorso in Emilia-Romagna, le imprese attive femminili erano 84.456, pari al 21,2 per cento del totale delle imprese regionali, con una leggera flessione rispetto alla stessa data del 2019 (-510 unità, pari a un -0,6 per cento).

È quanto risulta dai dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio elaborati da Unioncamere Emilia-Romagna. In Italia, le imprese femminili sono aumentate in cinque regioni (Trentino-Alto Adige, Campania, Sicilia, Lazio e Puglia) e nel complesso sono lievemente diminuite (-0,2 per cento). Nelle regioni con le quali l’Emilia-Romagna più spesso si confronta, le imprese femminili risultano in lieve diminuzione in Lombardia (-0,3 per cento) e Veneto (-0,6 per cento), mentre subiscono una flessione in Piemonte (-0,7 per cento) e in Toscana (-0,8 per cento).

Una chiave di lettura dei dati – La dinamica delle imprese femminili dipende, tra l’altro, dall’incidenza delle esigenze di auto-impiego, quindi dal livello del tasso di occupazione femminile, e dalla composizione settoriale dell’imprenditoria – rileva Unioncamere -. In merito al primo fattore, l’esercizio dell’attività imprenditoriale come forma di auto-impiego tende a essere più consistente nelle aree dove il mercato del lavoro stenta ad assorbire l’offerta di manodopera. Sotto questo profilo, l’Emilia-Romagna si caratterizza per avere uno dei più elevati tassi di occupazione del Paese. Riguardo alla seconda causa – continua Unioncamere -, in un sistema economico particolarmente sviluppato come quello regionale, alcuni ambiti in cui è tradizionalmente presente una quota elevata di imprese femminili hanno un ruolo meno importante rispetto a quello che assumono per l’imprenditoria nazionale. Si tratta di alcuni settori di attività, quali il piccolo commercio al dettaglio e i servizi tradizionali, e tra le forme giuridiche delle imprese, delle ditte individuali.

I settori di attività economica – La flessione delle imprese femminili deriva dalla composizione di tendenze divergenti – evidenzia l’analisi -. Da un lato, quella leggermente positiva dell’insieme degli altri servizi escluso il commercio (+158 unità, +0,4 per cento) e delle costruzioni (+61 unità, +2,0 per cento), dall’altro, quella negativa derivante soprattutto dalla riduzione della base imprenditoriale nel commercio al dettaglio (-440 unità, -2,7 per cento), nell’agricoltura (-228 unità, -1,9 per cento) e, in misura decisamente minore, nell’industria (-1,1 per cento, -85 unità). Oltre che sul commercio, lo scotto della pandemia si riflette in particolare sulla ristorazione e sull’industria della moda, quindi sulle attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento e sui servizi alla persona.

La forma giuridica – Nonostante la leggera flessione delle imprese femminili – conclude Unioncamere -, le società di capitale sono di nuovo notevolmente aumentate (+402 unità, pari a un +2,6 per cento), anche per effetto dell’attrattività della normativa delle società a responsabilità limitata semplificata. A fare da contraltare sono state una altrettanto rapida riduzione delle società di persone (-313 unità, -2,6 per cento) e una più lenta, ma più ampia, flessione delle ditte individuali (-1,1 per cento, -590 unità). Le cooperative e i consorzi fanno registrare una leggera contrazione (-0,7 per cento).

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