“Grazie al vaccino vinceremo la battaglia contro il covid”

“E’ un piacere e un onore che i miei colleghi abbiano voluto che fossi io il primo vaccinato, credo che sia ora che finisca questa battaglia perché è durata già abbastanza”.

Andrea Vercelli, medico dell’Unità Operativa Pronto Soccorso e Obi dell’Ospedale Guglielmo da Saliceto di Piacenza, 47 anni, è il primo sanitario a Piacenza al quale è stato somministrato il vaccino anti covid. Ad accompagnarlo, il figlio Jacopo, di 12 anni.

Nato il 3 giugno 1973 a Borgomanero, in provincia di Novara, Andrea Vercelli si è laureato all’Università di Pavia nel 1998 e si è specializzato sempre a Pavia in Medicina Interna nel 2004. Dal 2005 lavora nella Unità Operativa Pronto Soccorso e Obi dell’Ospedale Guglielmo da Saliceto di Piacenza, di cui è attualmente il responsabile.

“I miei familiari sono contenti che mi sia già vaccinato – racconta -, perché così possono stare più tranquilli. In questi mesi non mi sono mai ammalato”.

Il dottor Vercelli, infatti, è stato uno dei medici in prima linea durante lo tsunami del Covid la scorsa primavera. Un impegno che, sebbene non abbia spento il sorriso che si intuisce dal suo sguardo, è stato sfiancante anche psicologicamente.

“Il 21 febbraio, il giorno in cui è stato individuato il primo caso in Italia, anche qui a Piacenza, in pronto soccorso, abbiamo assistito i primi pazienti covid, che io ho visitato assolutamente ignaro di quello che poi sarebbe successo. E’ stata una cosa inattesa e che spero non dovremo più affrontare. Il mese di marzo – dice ai giornalisti – ha rappresentato una situazione che andava oltre le nostre possibilità: abbiamo dovuto scoprire di essere in grado di andare oltre i nostri limiti. Su questo ha aiutato molto la direzione, l’unità del gruppo: nessuno è mai stato lasciato solo, nonostante questo periodo, su qualcuno, abbia lasciato effetti molto profondi. Io non lo so, forse li ho nascosti da qualche parte…Adesso facciamo ancora molta fatica ad andare avanti, perché abbaimo ancora paura dell’instabilità, dell’imprevisto, che quanto abbiamo vissuto possa ripresentarsi. E questo logora gli operatori, oltre al fatto che il personale continui ad ammalarsi, c’è chi deve coprire i turni dei colleghi, così come i pazienti continuano ad ammalarsi e a morire. Durante la seconda ondata abbiamo sofferto molto meno, come pronto soccorso e come ospedale, tutto sommato abbiamo assorbito il colpo – conclude – è la durata che logora”.

 

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