“Latte, serve un cambio di rotta per dare futuro alla nostre imprese e al territorio”

Alfredo Lucchini, neo-eletto componente di Giunta esecutiva di Confagricoltura Piacenza e presidente della sezione di prodotto Lattiero-casearia, non ha perso tempo ed ha convocato la sezione di prodotto.

Il momento non è certo dei migliori e l’incontro, che si è tenuto presso la sede di Confagricoltura Piacenza martedì 15 dicembre, ha avuto l’obiettivo di fare il punto sulle criticità del settore individuando strategie condivise per valorizzare i punti di forza del comparto. “Serve un cambio di rotta per garantire futuro alle nostre imprese e al territorio” – ha dichiarato Lucchini con il totale assenso degli intervenuti. “Abbiamo un sistema che, a fronte di turbative, oggi non è in grado di ricollocarsi rapidamente in equilibrio perché non ha basi sufficientemente solide”.

Nell’ultimo quinquennio – ricorda Confagricoltura – il comparto ha visto continui sconvolgimenti tra cui il burrascoso post-quote latte, l’embargo russo, i dazi USA. Il 2020 ha fatto registrare difficoltà produttive e di commercializzazione dovute alla pandemia e alle restrizioni per contenerne la diffusione. Al contempo gli ultimi 12 mesi hanno fatto registrare aumenti generalizzati dei costi produttivi e gli aumenti produttivi, invece di costituire un plus, sono stati vissuti come un problema. “C’è una fitta coltre di nebbia sul comparto zootecnico provinciale, con prospettive poco ottimistiche, ciononostante – ha sottolineato Lucchini – le nostre aziende, sfruttando gli essenziali strumenti del Psr e dei progetti di filiera, sono riuscite a fare investimenti importanti che hanno avuto e tutt’ora hanno ricadute positive sull’intero tessuto economico locale. Basti pensare all’impiego di manodopera, all’acquisto di macchinari, alla realizzazione di strutture e impianti. Le aziende che hanno investito sono dunque riuscite anche a migliorare la propria produttività con standard quantitativi, qualitativi ed ambientali elevatissimi, ma al momento questo non vede alcun riscontro positivo dal mercato”.

Ad avviso della sezione di prodotto “è sempre più difficile resistere alla pressione tra aumento di produzione di latte alla stalla e sistemi di mercato che, a valle, non riescono a valorizzare la totalità delle produzioni di latte del territorio”. “Il latte prodotto per essere conferito in filiere d’eccellenza come la grande dop del Grana Padano – spiega Lucchini – non viene interamente assorbito da queste, anche se è prodotto con costi più elevati rispetto a quelli standard, e finisce per essere trattato come un’eccedenza messa in competizione con prodotto d’importazione, facendone una mera questione di prezzo. L’effetto domino si ripercuote a ritroso su tutte le quotazioni”.

Ad aggravare la situazione, “una pesante macchina burocratica nazionale” che, in questo stato di crisi,” cerca di fornire sostegno alle imprese, ma mette in campo meccanismi complessi e con iter attuativi poco definiti, per cui le imprese si trovano talvolta nella situazione di dover rinunciare a un legittimo beneficio per timore che il medesimo possa generare ulteriori complicanze burocratiche che inficiano progetti già validati”. Non ultimo, preoccupa la “svolta green che vorrebbe fare dell’Europa un giardino non produttivo”. Con le strategie del “Green New Deal” e del “Farm to Fork” si stima addirittura una riduzione delle produzioni agricole europee a doppia cifra dovuta a ulteriori vincoli e norme rispetto al già corposo impalcato di disposizioni, a cui ciascun imprenditore agricolo e allevatore deve far fronte e che il mercato ormai considera un prerequisito.

“In pratica – ha teso a sottolineare Lucchini – si vogliono offrire al consumatore garanzie su aspetti collaterali del prodotto, dando per scontata la qualità intrinseca su cui invece abbiamo costruito le nostre eccellenze produttive e che deve rimanere distintiva e remunerata. In definitiva, ci troveremo a fornire ulteriori plus a un consumatore che li privilegerà rispetto ai prodotti standard solo a parità di prezzo. Così il costo delle ulteriori caratteristiche premianti del nostro latte sarà scaricato solo sulle stalle. Se produzione di cibo e conversione green sono realmente un interesse della collettività, non possono di certo essere gli allevatori a farsene carico, anzi, gli allevatori stessi andrebbero sostenuti per lo sforzo ulteriore che sono chiamati a sostenere per garantire questi “plus”. Se invece, come si teme, l’interesse è solo il profitto di pochi a spese di un settore che fatica a riprendere quota, allora, sarà ragionevole programmare una sentita opposizione”.

Il settore ha, ad agni modo, anche la possibilità di sfruttare alcuni elementi congiunturali per compiere un necessario un cambio di passo: “la domanda mondiale di latte e derivati conferma il trend di aumento dei consumi anche grazie all’aumento della richiesta nel sud-est asiatico. La Germania registra un calo produttivo e un basso livello di scorte di commodities (burro e polvere), mentre il Grana Padano sembra tracciare un trend positivo e stanno cambiando gli scenari politici mondiali (anche al seguito del cambio alla guida USA) che si auspica portino in tempi brevi ad una maggior apertura dei mercati. L’”Italian Sounding” occupa quote di mercato che i prodotti lattiero-caseari italiani, riconosciuti eccellenza planetaria, possono conquistare, va però implementato un coordinamento interprofessionale dell’offerta lungo tutta la filiera che permetta anche agli allevatori di cogliere, in modo mutualistico, i benefici delle positive remunerazioni dei prodotti finiti”.

“Occorre, come Confagricoltura Piacenza ha più volte richiesto, – conclude Lucchini – una regia nazionale, sempre più inclusiva, che contempli le rappresentanze agricole, e abbia il chiaro e determinato obiettivo di aprire i mercati e portare le nostre eccellenti produzioni in ogni angolo del mondo fino a quando non saranno più sufficienti per soddisfarne la richiesta”.

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