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L’incompetenza dei manager italiani. “Ripensare il metodo di selezione”

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L’Italia, tra i tanti primati che detiene nel campo dell’inefficienza e dell’inadeguatezza, si trova purtroppo anche ai primi posti, tra i Paesi a capitalismo avanzato, per l’incompetenza dei propri manager. Pubblici e privati.

Il settore pubblico – Se pensiamo alla politica, gli italiani sono ben consapevoli della ormai consolidata ed irrisolvibile incapacità dei suoi rappresentanti nel perseguire gli interessi dei suoi elettori. Nepotismo e clientelismo sono diventati un meccanismo consolidato per veloci e rassicuranti carriere personali all’insegna di soldi e potere. Ancora oggi l’Italia, secondo Transparency International, è posizionata al 51° posto, su 180, tra i Paesi più corrotti del mondo: piani pandemici inesistenti, fatti passare in modo fraudolento per esistenti, mancanza di un piano programmatico di investimenti sull’emergenza idraulica, soldi spesi in (tentativo di) riorganizzazione della sanità pubblica in Calabria che non si sa che strade abbiano preso e altro ancora da riempire pagine su pagine. Oltre tutto senza mai trovare un responsabile.

I dirigenti che dovrebbero organizzare al meglio le risorse dei vari apparati pubblici presenti sull’intero territorio nazionale, non sono da meno. Nepotismo e clientelismo la fanno anche lì da padroni. Le competenze manageriali sono termini che non vengono nemmeno menzionati. Ciò che conta è l’appartenenza alle varie lobbies politiche che di fatto governano il Paese. I dirigenti non si occupano di gestire al meglio le risorse di cui dispongono, per perseguire “obiettivi aziendali” ma perseguono obiettivi personali, di carriera, e lo fanno prestando il fianco alla politica.

Un amico mi avrebbe chiesto: “perché allora in Emilia-Romagna i servizi pubblici funzionano?” La risposta è molto semplice: perché hanno, nelle loro organizzazioni, un “livello operativo” che funziona ottimamente. Nell’ordinaria amministrazione si potrebbe fare a meno del livello dirigenziale. E’ nella straordinaria amministrazione che i nodi vengono al pettine. Ne è un esempio l’improvvisata gestione dell’emergenza pandemica in corso.

Il settore privato – Se dagli enti pubblici passiamo al mondo del lavoro, il quadro non cambia. I principali osservatori del mercato del lavoro, – associazioni datoriali, istat, isfol e agenzie private – confermano che i dirigenti delle imprese private non hanno competenze manageriali, mancano di leadership, capacità organizzative e spesso anche di competenze in ambito economico e finanziario. Ciò si traduce in una perdita di produttività del personale operativo stimata in circa 500 miliardi di euro all’anno ed in un turnover del personale, a causa di ambienti di lavoro poco gradevoli, del 75%. Secondo Lorenzo De Grandi, co-fondatore di “Choralia”, società di consulenza nello sviluppo delle risorse umane, “i manager italiani lavorano intensamente, e spesso anche più ore che altrove, ma non sempre è chiaro a tutti l’obiettivo da raggiungere; mancano di una visione strategica di medio-lungo periodo”.

Perché tanti incompetenti diventano leader? – Secondo Tomas Chamorro-Premuzic, professore di Business Psychology all’University College di Londra e alla Columbia University, autore del libro “Perché tanti uomini incompetenti diventano Leader?”, la colpa è di processi di selezione inadeguati: “Quando gli uomini vengono selezionati per occupare posizione di vertice – spiega il professore – gli stessi aspetti che consentirebbero di predire il loro fallimento sono comunemente scambiati per indicatori di potenziale o di talento per la leadership e, come tali, persino esaltati”. Ad esempio, continua “caratteristiche come l’eccessiva fiducia in sé stessi e il narcisismo dovrebbero essere interpretate come segnali di pericolo. Invece, ci spingono a dire: Ah, che tipo carismatico! Ha la stoffa del leader”.

I nostri sistemi di selezione – continua Chamorro-Premuzic – esaltano le caratteristiche del maschio alfa e cioè il protagonismo rispetto all’umiltà, l’estroversione rispetto alla sobrietà, la voce grossa rispetto all’understatement, l’azzardo rispetto alla saggezza. Il problema? Queste caratteristiche, se sono utili a imporsi come leader, sono del tutto inadatte per guidare un paese, un’impresa o una comunità di persone”.

Se pensiamo al sistema di selezione dei politici, che avviene con il consenso popolare tramite le elezioni, il meccanismo ci è fin troppo chiaro. L’inadeguatezza del sistema selettivo è determinata da un numero significativo di elettori che non possiede gli strumenti necessari per comprendere la differenza tra competenza ed incompetenza, affidabilità ed inaffidabilità, tra vero e falso. Altrimenti non si spiegherebbe l’elezione a presidente degli Stati Uniti di un personaggio come Donald Trump. Ciò che invece non ci saremmo mai aspettati è la critica che Chamorro-Premuzic indirizza al sistema selettivo delle società specializzate nella selezione del personale per le imprese private.

I sistemi di selezione sotto accusa – Due le parole chiave da mettere sul banco degli imputati: sicurezza in sé e carisma. Sicuramente due sostantivi che possiamo considerare nella loro accezione positiva. Per lo meno il modello economico e sociale che abbiamo faticosamente costruito dal dopoguerra ad oggi, è basato su questi due attributi. Il professore Chamorro-Premuzic non è dello stesso avviso, o meglio ritiene che sia stato costruito un falso mito, più per perseguire obiettivi “individualistici”, che selezionare veri leader; o meglio:

1- la sicurezza in sé, è un attributo che molto (troppo) spesso i cacciatori di teste e i selezionatori associano alla competenza e alla leadership. Secondo Chamorro-Premuzic, tra i due attributi (sicurezza di sé e competenza) non vi è alcuna correlazione. Al contrario, studi sull’argomento hanno empiricamente documentato che esiste “una sovrapposizione inferiore al 10 per cento tra quanto le persone pensano di essere intelligenti (sicurezza in sé) e i punteggi reali dei test di intelligenza (competenza)”.

2- il carisma è un altro “falso” attributo che non esprime necessariamente una leadership di valore. Le evidenze empiriche suggeriscono tutt’altro: “i leader più efficaci, in politica come nel mondo delle imprese, non sono quelli più carismatici, ma quelli dotati di perseveranza e modestia, che approcciano la realtà in modo umile e sono pronti ad ammettere i propri errori”.

E’ evidente che il problema sostanziale dei “selezionatori” sta nel preferire l’ostentazione di sicurezza (di sé), perché percepita come possesso di competenze, invece che l’umiltà (e la laboriosità), la quale, spesso accompagnata proprio dalla competenza, viene interpretata come insicurezza. “La persona umile, seppur competente, viene vista come cauta ed insicura agli occhi dei selezionatori, e quindi scartata”, afferma il professore. E’ un problema di cultura, che ovviamente influenza anche i modelli e le metodologie a parvenza “scientifica”. In tempi non sospetti lo aveva già evidenziato Bertrand Russell: “il problema dell’umanità è che gli stupidi sono strasicuri, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi”.

Conclusioni – In estrema sintesi, il professore Chamorro-Premuzic, evidenzia in modo chiaro nel suo libro che, “c’è un’enorme differenza tra i tratti della personalità e i comportamenti che occorrono per essere scelti come leader (sicurezza di sé, narcisismo, carisma) e i tratti e le competenze che occorrono per essere capaci di dirigere (competenza e onestà)”. Continua: “Ne deriva che se vogliamo far emergere dei buoni leader, cioè dei leader esperti, emotivamente stabili, consapevoli dei propri limiti e dotati di una buona dose di umiltà ed empatia, dobbiamo profondamente ripensare gli attuali criteri di selezione, poiché sono proprio quest’ultimi, per come sono oggi strutturati, a escludere, in modo del tutto distorto, tutti coloro (in particolare le donne) che invece avrebbero le caratteristiche adatte per essere un buon leader”.

Riusciremo a realizzare un cambiamento di questa portata? Difficile a dirlo. Essendo un problema culturale occorre innanzitutto lavorare sul modo di pensare degli italiani. O per lo meno sui professionisti che si occupano di selezione del personale. I quali però sono gli stessi manager che un tempo occupavano ruoli apicali all’interno di imprese pubbliche e soprattutto private. Manager che sono stati selezionati con quei criteri evidenziati dal professor Chamorro-Premuzic. Un circolo vizioso dal quale è difficile uscire. Inoltre, afferma Chamorro-Premuzic, “spesso i leader, più sono mediocri e incompetenti, più tendono a circondarsi, quando sono al potere, di persone mediocri e incompetenti; tendono, cioè, a creare un ambiente tossico, in cui la mediocrità si autoperpetua proprio come fanno i batteri e i parassiti negli ambienti inquinati e contaminati”.

Assumere persone intelligenti e dare loro degli ordini non ha alcun senso. Noi assumiamo persone intelligenti affinché siano loro a dirci cosa fare” (Steve Jobs).

Andrea Lodi

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