Piacenza Expo, Pd “Più chiarezza sui piani industriali”

Nota stampa del gruppo consiliare del Partito Democratico di Piacenza

Come rappresentanti del Pd di Piacenza, abbiamo scelto una pausa di riflessione prima di esprimerci sulla recente audizione in Commissione 4 dei vertici di Piacenza Expo, data l’importanza che questo asset riveste per il nostro territorio, l’indotto che genera e la necessità di ulteriore valorizzazione come strumento e driver di marketing territoriale.

Nessun dubbio sul ruolo strategico dell’ente fieristico. Di fronte però alla richiesta di un nuovo aumento di capitale, ci sono alcune questioni che poniamo al Comune di Piacenza, socio di maggioranza, e alla stessa partecipata, animati da autentico spirito costruttivo. Entro il 30 giugno 2017 i soci saldarono il precedente aumento di capitale a Piacenza Expo. Nel luglio 2017 è stato nominato il nuovo Amministratore Unico. Chiediamo di conoscere le azioni intraprese proprio grazie a quell’aumento di capitale. Il piano industriale approvato a supporto di quella ricapitalizzazione prevedeva infatti obiettivi precisi, tra i quali il miglioramento sismico del padiglione principale. Tale intervento è stato effettuato? Se si, in che misura? Siamo consapevoli che la crisi finanziaria (prima) e l’emergenza sanitaria (poi) hanno impattato pesantemente sui ricavi dei quartieri fieristici, imponendo un ripensamento del loro ruolo e in particolare delle fiere industriali.

Alla luce dei profondi cambiamenti in corso nell’intero comparto, chiediamo allora che il piano industriale di Piacenza Expo, che deve supportare la nuova richiesta di ricapitalizzazione, particolarmente consistente in capo al Comune, comprenda chiare indicazioni e prospettive sostenibili. Da ultimo, un riferimento all’IMU dovuta. Nel bilancio 2019 sono stati inseriti tutti gli accertamenti pregressi fino allo stesso 2019 (non solo fino al 2016 come dichiarato). Onore al merito di chi ha ricordato che la questione non riguarda solo Piacenza, ma è di rilievo nazionale e non è circoscrivibile a ipotizzate “disattenzioni” locali, magari in capo alle precedenti gestioni (come invece sostenuto da qualche smemorato o volutamente distratto). I quartieri fieristici non possono infatti essere equiparati a livello impositivo alle grandi strutture commerciali che operano continuativamente nel corso dell’anno.

Occorre prevedere una classificazione ad hoc, coerente con il ruolo e le attività degli stessi. É una trattativa che da anni sta conducendo l’Associazione Esposizioni e Fiere Italiane, che sarebbe opportuno venisse sostenuta dai soggetti pubblici cointeressati alla sostenibilità delle gestioni fieristiche. Speriamo che il dibattito in corso prosegua con l’esclusivo obiettivo del comune interesse.

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