Amnesty International al Gioia con Riccardo Noury “Il virus? Antidemocratico e diseguale”

“Non è vero che il virus Sars-Cov-2 ha colpito in modo paritario il pianeta e gli individui, non si è trattato di un virus democratico, come spesso si è sentito dire. I numeri potrebbero farlo pensare: nel mondo più di 112 milioni di contagi e 13 milioni di morti; solo in Italia 3 milioni di infezioni e quasi 100mila decessi. Sembrano i dati di una pandemia globale che ha agitato in maniera assolutamente indiscriminata, ma così non è stato”.

Almeno non secondo Riccardo Noury, portavoce nazionale di Amnesty International, per il quale il virus ha fatto da detonatore e moltiplicatore di disuguaglianze profonde preesistenti, nella società e nel mondo. Ospite al Caffè letterario del liceo Gioia di Piacenza per il quarto appuntamento on line della rassegna ‘Diritti e doveri in tempo di pandemia’, Noury, dialogando con studenti e docenti sul tema de “Il diritto alla cura”, non poteva certo non porre al centro del dibatto il nemico invisibile ormai protagonista delle nostre vite.

Tra differenze di risorse nazionali, costi sociali e umani prima ancora che sanitari, diversità delle misure di contrasto, penalizzazione di categorie fragili e accaparramento iniquo di vaccini, quello tracciato da Riccardo Noury è stato un quadro lucido e ad ampio spettro di debolezze pregresse e negligenze recenti, a dimostrare come il fondamentale ‘diritto alla salute’ richiamo dall’articolo 32 della nostra Costituzione, sia tutt’altro che sempre garantito. A intervistarlo diversi liceali, tra cui due giovani membri di Amnesty, la coordinatrice Mezzadri e la professoressa Scorletti.

“Si tratta di un virus globale, ma solo apparentemente democratico – ha spiegato -, perché in molti Paesi ha colpito tra la fasce più povere di popolazione, in parti del mondo particolarmente impreparate che disponevano di scarse risorse. Ha messo a nudo disuguaglianze verticali nel tessuto sociale, colpendo in luoghi dove di fatto è impossibile rispettare le regole anti-contagio: come fa a stare isolato chi una casa non ce l’ha? Come possono lavarsi le mani quei 20 milioni di Sudafricani che non hanno accesso ad acqua pulita? E cosa significa stare in lockdown per centinaia di migliaia di persone in India, costrette a uscire di casa per il lavoro quotidiano necessario a sfamare la propria famiglia? Che dire poi degli assembramenti involontari nelle carceri, nei campi profughi, o tra braccianti agricoli?”.

Sono solo alcune delle situazioni denunciate da Noury, il quale sottolinea che la pandemia non ha colpito in modo uguale anche per la significativa disparità di risposte da parte dei governi: “Basta pensare all’azione virtuosa e misurabile di contrasto intrapresa da Paesi come Nuova Zelanda, Taiwan, Israele, o Corea del Sud, cui si è contrapposto il negazionismo distruttivo di Trump e Bolsonaro. Con l’enigma della Cina: se il virus avesse avuto altra provenienza e gli allarmi medici iniziali fossero stati ascoltati, anziché messi a tacere, ci troveremmo nella stessa situazione oggi? Quale prezzo avrà pagato il Dragone in termini di diritti umani per riuscire a sconfiggere velocemente la pandemia?” – incalza quindi il portavoce di Amnesty, addentrandosi nella spinosa querelle tra salute e democrazia.

Le osservazioni di Noury sul grande tema degli anziani pluripatologici, soggetti più fragili della pandemia, non si fanno attendere, allargando lo sguardo all’Europa: “Dalle ricerche effettuate da Amnesty International sul diritto alla cura nelle strutture socio-sanitarie dei diversi Paesi, sembra emergere il tacito principio comunemente applicato per cui se un novantenne muore una settimana prima, pazienza. Se in questo senso l’Inghilterra ha mostrato il volto più feroce, impedendo la procedura di resuscitazione di anziani e disabili mentali trasformati da pazienti in clienti, in Italia non possiamo dimenticare le numerose testimonianze raccolte sulle Rsa lombarde, con paucipositivi portati in case di cura inizialmente spesso prive di dispositivi individuali, luoghi dove la mascherina usa e getta veniva riutilizzata più volte, o semplicemente non usata per non spaventare degenti e famigliari, ambienti sprovvisti di strumenti di controllo, fossero tamponi o dispositivi di monitoraggio”.

“Ma non sono solo gli anziani le categorie sociali particolarmente penalizzate dalla pandemia – ha sottolineato -: pensiamo alle donne e alle altissime percentuali di violenza domestica presenti in Italia, decisamente aumentate con il lockdown forzato, pensiamo al problema della condizione femminile in un mercato del lavoro come quello italiano ancora fortemente discriminatorio; per cui alla riapertura dello scorso 4 maggio il nostro sembrava un Paese di soli uomini tornati al lavoro, immagine confermata dagli ultimi dati Istat.

“Poi i giovani e le difficoltà della scuola a distanza – continua Noury -, con il divario marcato tra chi riesce a seguire le lezioni anche da casa e lo spaventoso tasso di abbandono scolastico degli ultimi mesi. Un insieme di perdita di sicurezza materiale, economica e mentale, preoccupante, specie tra i ragazzi, in un Paese che avrebbe bisogno di un recupero psicologico collettivo; aspetto di cui però neppure il Recovery Plan sembra preoccuparsi troppo”. “E il nazionalismo vaccinale, l’approccio del “prima Io” adottato da molti Paesi produttori e sviluppati non costituisce certo la strategia vincente per una vera ripartenza globale, aldilà dei problemi attuali di produzione e consegna – ha ammonito l’attivista -: le dosi prenotate dalle nazioni ricche, compresa l’Italia, superano di gran lunga quelle necessarie a immunizzare l’intera popolazione, ma la campagna vaccinale di successo condotta da Israele ha escluso i territori occupati e fino a pochissimi giorni fa in 163 Paesi del mondo non era ancora stata immunizzata una sola persona”.

“O sarà garantito un vaccino per tutti, e noi per questo ci stiamo battendo con aziende e Stati sul consenso alla condivisione dei brevetti, o da questa pandemia non si uscirà facilmente, a meno di erigere muri tutt’altro che metaforici – precisa-: e da questo punto di vista il programma Covax di finanziamento mondiale a beneficio delle nazioni più povere è ancora poco più che un’elemosina, quando occorrerebbero invece misure straordinarie a fronte di una situazione senza precedenti”. Poi un accenno a numerose altre battaglie portate avanti da Amnesty International: dal contrasto alla ‘crisi balcanica’ e alle sue violenze, all’aiuto ai senza dimora, fino al monitoraggio di eventuali abusi nel controllo delle misure anticovid; passando per una campagna di contrasto alla violenza sulle donne, con richiesta di norme più severe per il reato di stupro; senza tralasciare l’appello di scarcerazione per il giovane egiziano Patrick Zaki.

Queste e tante altre le sfide che Amnesty ha proseguito durante e nonostante la pandemia, intrecciando vecchie e nuove generazioni, tradizione e tecnologia, nello sforzo dell’organizzazione di unire milioni di persone per cercare di rendere migliori il mondo e la condizione umana: “Perché – fa notare giustamente Riccardo Noury – l’alba dei diritti suona comunque molto meglio del loro tramonto”.

Micaela Ghisoni

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