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Le sale cinematografiche piacentine e la crisi: dagli anni Ottanta al Covid

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Le sale cinematografiche piacentine e la crisi: dagli anni Ottanta al Covid (seconda puntata)

Passato il boom del Dopoguerra dei decenni successivi, negli anni Ottanta il cinema vive una stagione di crisi, calano gli spettatori e mutano le abitudini. In questo contesto di restrizione economica, il cinema Roma cede al vento corrente e negli anni Ottanta diventa un cinema a luci rosse. Chiudono molte sale di provincia, uccise dalla facilità di spostamenti e dalla caduta di interesse per le seconde visioni, sostituite dai film in videocassetta e dai Dvd nonché dall’affollata programmazione di film in televisione e da una crisi del cinema che emerge soprattutto con la nascita delle tivù commerciali.

Un orizzonte speciale si ritaglia il cinema Jolly2 di San Nicolò, il cui proprietario gestore è Alberto Tagliafichi, in quegli anni presidente della Fice (Federazione italiana cinema d’essai) per l’Emilia Romagna. Inaugurato nel 1954, il Cinema Jolly2, unica sala d’essai di Piacenza e provincia, svolge un’attività di valorizzazione dei film qualità, proponendo oltre alla normale programmazione di film in prima visione, l’organizzazione di rassegne nella ormai tradizionale serata del mercoledì, frequenti incontri con autori ed attori del cinema Italiano. Il Cinema Jolly2 è insignito nel 1999 e nel 2001 del Biglietto d’Oro, importante riconoscimento nazionale per la miglior programmazione di qualità e quale sala con la più alta percentuale nazionale di film d’essai italiani ed europei.

Proseguendo nella storia delle sale cinematografiche, negli anni Sessanta emerge anche la stagione dei cinema parrocchiali: il San Vincenzo, il Sant’Antonino entrambi in via San Vincenzo e il San Sepolcro sono un punto di riferimento per ragazzi e adolescenti, cui si aggiunge l’Excelsior in via Manfredi, cinema della parrocchia della Santissima Trinità. Proiettano film di seconda visione il sabato e la domenica. C’è poi la stagione dello Smeraldo (ex Sant’Antonino) che dà spazio per un breve periodo anche alle prime visioni. Più tardi si affaccia il President di via Manfredi con nuova gestione, più innovativa e meno parrocchiale del vecchio Excelsior. Il President fa capo al produttore piacentino Giorgio Leopardi, titolare negli anni Ottanta e Novanta di una catena di sale a Genova e a Cremona. Il President sotto la sua guida ospita prime e anteprime soprattutto di giovani autori italiani. Contemporaneamente, arriva l’epoca d’oro delle multisale.

La logica è questa: più offerta per gli spettatori e non soltanto cinematografica (ristoranti, negozi, centri commerciali) accanto all’abbattimento dei costi aziendali. Il processo di trasformazione ha radici lontane. Il primo segno del nuovo corso a Piacenza era stata l’inaugurazione, nel 1984, del Ritz, piccola sala sopra il grande Politeama, a cui alla meta degli anni Novanta seguirà l’ancora piu piccolo Vip (un gioiellino d’architettura), trasformando il cinema di via San Siro in una multisala con tre schermi. Ma anche il Corso si divide in due, Spazio e Millennium, e, nel 2000 dopo un’ampia e qualificata ristrutturazione, l’Iris si divide in tre: Farnese, Atena ed Europa.

Nel 2002 alla Galleana nasce Cinestar, moderno esempio di cattedrale del cinema con dieci sale. E’ il segno dei nuovi tempi, della prepotente avanzata del cinema di consumo che, per lusingare le nuove generazioni, allarga il ventaglio dell’offerta. Sempre in quegli anni chiude lo storico cinema Plaza di largo Matteotti. Dal 2007 il Cinestar si chiama Uci Cinema, una dei più importanti marchi di distribuzione di rilevanza nazionale. Nel frattempo chiude nel 2015 la multisala Iris, perché la famiglia Leonardi decide di puntare sulla multisala Politeama. E in questo contesto di ridimensionamento delle sale, di un calo costante di spettatori, ci si mette il Covid a sancire lo stato comatoso del cinema. Tivù e proiezioni in streaming segnano nuovi percorsi, ma le care e belle sale cinematografiche esercitano un fascino impagabile. L’augurio è che tornino ad essere al centro della ripresa post pandemica.

Mauro Molinaroli

(Fine)

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