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Il prof. Ajmone (Cattolica) all’Accademia dei Lincei per parlare di biodiversità

Gli animali non parlano, ma possono raccontare molte cose sull’uomo. Di questo ha ragionato il prof. Paolo Ajmone Marsan, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore che è intervenuto al convegno organizzato dall’Accademia dei Lincei “Biodiversità: una risorsa da valorizzare”.

Ajmone Marsan, che recentemente è stato inserito dalla Stanford University nella World Top 2% Scientists, la classifica degli scienziati più citati e autorevoli al mondo in cui figurano ben 9 docenti della facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali della Cattolica, ha trattato il tema della biodiversità zootecnica. L’attenzione rivolta a questi argomenti diventa con il tempo sempre più forte, tanto che l’Università Cattolica ha scelto di approfondirli ulteriormente con un nuovo corso di laurea magistrale, in inglese e attivo da quest’anno, che si occupa di zootecnica a livello globale (il nome del corso è “Livestock and Agro-Green Innovation” e al suo interno il concetto di biodiversità assume un ruolo rilevante). Il professore premette di parlare come genetista, precisando che la biodiversità può essere declinata a diversi livelli, ad esempio quello ecosistemico e zootecnico. Quest’ultimo è stato al centro del suo intervento all’Accademia del Lincei.

«Con la nascita dell’agricoltura gli animali sono stati addomesticati in punti precisi del pianeta come la mezzaluna fertile – dice – dopodiché hanno colonizzato il mondo a seguito delle conquiste umane e si sono adattati in condizioni diversissime: dal Sahara alla Svezia. Si è trattato di millenni di selezione non solo antropogenica, ma anche naturale. Significa che le razze locali che ad esempio oggi vivono in Finlandia sono state selezionate con geni che sono unici, così come quelli degli animali del deserto che possono vivere con poca acqua».

È la premessa che consente ad Ajmone Marsan di affermare che lo studio delle razze locali può dire molto anche riguardo a noi uomini. Si parte infatti dall’idea che la loro salvaguardia sia funzionale alla conservazione della cultura delle popolazioni locali. «Con i nuovi strumenti della genomica si ricostruisce la storia di questi animali – spiega Ajmone – ad esempio le loro rotte migratorie e la provenienza delle differenti razze. Dal punto di vista culturale è molto interessante, perché dopo l’addomesticazione gli animali hanno seguito l’uomo, non si sono più spostati da soli, sono quindi “testimoni silenziosi” della storia dell’uomo». Considerazioni che sono alla base di un progetto che ha già fatto il giro del mondo. «Qualche anno fa abbiamo ricostruito la storia degli etruschi ricostruendo quella dei bovini dell’Italia centrale» dice Ajmone Marsan. «Ci sono razze locali di animali che sono fondamentali per il mantenimento della cultura e permettono di ridare luce alla storia dell’uomo che ancora non è stata scritta. Inoltre hanno un grande valore per la zootecnia e per lo studio dell’alimentazione del genere umano».

Oggi all’Università Cattolica si stanno portando avanti diverse ricerche. «In collaborazione con i ricercatori dell’Università di Pavia e della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige – dice Ajmone – stiamo studiando la storia della Val Rendena, che ha una razza autoctona di bovini: si approfondisce lo studio del dna di chi risiede nella valle e in parallelo quello dei bovini, il progetto intende salvaguardare una razza bovina, la Rendena, che ha bisogno di sostegno, e disvelare alcune zone d’ombra che ancora avvolgono il popolamento di quella valle». L’obiettivo è di avere un riscontro culturale: si intende infatti costruire la storia antica della val Rendena, i cui primi abitanti si suppone siano di origine retica». Un altro tema portato all’attenzione degli ascoltatori è quello sui meccanismi genetici dell’adattamento a condizioni ambientali diverse, «perché sono in atto cambiamenti climatici rapidi e pertanto è fondamentale capire quali animali abbiano maggiori capacità di adattarsi a questa continua e rapida evoluzione».

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