“Nel 2020 tanto dolore, ma è stato l’anno più bello della nostra vita”

A ridosso della conclusione, come speriamo, di un altro lungo periodo di stringenti misure anticovid, vogliamo celebrare “la vita che è stata più forte della pandemia”, come ha detto Renza Bonini, direttore dell’Unità Operativa di Ginecologia dell’ospedale piacentino.

Lo scorso anno, travolti dai continui bollettini di ammalati e morti, ci siamo aggrappati con forza alle notizie delle nuove vite che si stavano affacciando al mondo. Mesi listati a lutto, punteggiati però da fiocchi azzurri e rosa, nascite di cui ci siamo sentiti ancora più partecipi, anche se a distanza, perché ci hanno fatto un dono inestimabile: la speranza. Ringraziamo Erika Opizzi, Serena Groppelli, Elena Caminati e Martina Platé per aver voluto condividere con noi i loro ricordi e le loro emozioni. Grazie anche a Paolo, Orlando, Francesco, Anna Olivia e a tutti i bambini bimbi nati nell’anno più terribile (e che non sembra avere fine) per la gioia che, in modo inconsapevole, hanno donato anche a noi.

Erika Opizzi, mamma di Paolo nato il 7 marzo 2020

Mamme

“Quando il sindaco Patrizia Barbieri mi ha detto di non partecipare più alle sedute di Giunta era davvero molto preoccupata e lì ho capito che il covid non era una semplice influenza” – racconta Erika Opizzi, avvocato e assessore all’Urbanistica di Piacenza, quasi al termine della gravidanza quel 21 febbraio dello scorso anno. Le giornate passano facendo spola tra Piacenza e Milano, nella clinica dove lavora il ginecologo che la segue già da anni. “Nell’ultima settimana di gravidanza, quando mi presentavo in struttura per fare i tracciati e dicevo che venivo da Piacenza, mi mettevano in una stanza da sola, come se fossi un’appestata, tra l’altro avevo pure il raffreddore…cosa non strana a marzo! Lo stesso trattamento veniva riservato a un’altra paziente, che veniva da Codogno. Ma allora si pensava che il coronavirus fosse un problema solo di Codogno e Piacenza”.

“La notte in cui Paolo è nato è stata la stessa in cui sono state annunciate le prime misure restrittive e la gente scappava da Milano – racconta -. Era una situazione surreale. Io e mio marito stavamo vivendo la nostra gioia più grande e già iniziavano ad arrivare le notizie delle prime morti”. Lutti che hanno colpito l’assessore personalmente. “Mio zio – dice – è mancato proprio il giorno dopo la nascita di Paolo”. Da lì cambia tutto. “Sono stata fortunata a differenza di altre mamme che hanno partorito nelle settimane successive, perché mio marito è potuto restare con me in ospedale, ma le visite erano già sconsigliate. I miei suoceri, che abitano a Castellarquato, sono riusciti a vedere Paolo solo subito dopo la nascita e poi più nulla, sono riusciti a seguire i suoi progressi solo attraverso le videochiamate fino al 4 maggio, quando le restrizioni sono state sospese. Tra l’altro quel giorno si riuniva anche il consiglio comunale, con la presentazione di una mia pratica, e i miei suoceri non se ne sono separati per tutto il tempo – ride -, ho visto mio figlio solo per allattarlo”.

“L’aspetto positivo del periodo del lockdown è stato, sia per me che per mio marito, il riuscire a goderci di più il bambino, ci siamo presi i nostri spazi e creato l’equilibrio all’interno della famiglia. Quando diventi genitore tutti tendono a dirti cosa devi fare, come ti devi comportare…noi invece abbiamo avuto modo di fare le nostre esperienze con tranquillità. L’unica presenza che mi è mancata davvero è stata quella di mia mamma. Abitando a Piacenza mi ha aiutato facendo qualche commissione per me, ma ovviamente non potevamo vederci e stare insieme come sarebbe stato naturale fare, in condizioni nomali”.

“Molti dicono che sia stato un anno da cancellare, ma per me il 2020 è stato l’anno più bello della mia vita. Tornare alla sera a casa e vedere Paolo che mi corre incontro è una gioia indescrivibile, mi dà la forza per fare tutto, anche nelle giornate più difficili”.

Serena Groppelli, mamma di Orlando nato il 21 marzo 2020

Serena Groppelli

Serena Groppelli, fotografa, ha vissuto gli ultimi giorni della gravidanza in pieno lockdown, con gli ospedali chiusi ai visitatori, papà compresi. “L’ansia maggiore era sapere se mio marito potesse entrare o meno. Ho affrontato le prime 8 ore di travaglio da sola, poi ti dimentichi che fuori c’è la pandemia, e la gioia che provi nello stringere tuo figlio è indescrivibile – racconta -. Appena rientrata dalla sala parto, ho preso il cellulare per dire a tutti che Orlando era nato e ho trovato i messaggi in cui mi si avvisava della morte di tre persone. Tra loro don Camminati, che è mancato proprio il 21 marzo“.

Giornate all’insegna di emozioni contrastanti. “Da un lato eri strafelice e dall’altro ti vergognavi quasi a dirlo – dice Serena -. Il 21 marzo sarà sempre il compleanno di mio figlio e il giorno in cui ricorderò il “Camo”. Mi sono sentita quasi in colpa della felicità che stavo provando; per me il 2020 è stato un anno bellissimo. Secondo molti ho avuto un puerperio perfetto, solo noi tre: io, marito e figlio. Perché ho avuto la fortuna di poter avere a casa Marco, che si è occupato di noi e della casa, mentre io mi occupavo di Orlando. Ma non è stato facile per noi mamme, perché tutti i servizi di supporto erano chiusi, come il centro allattamento e la pediatria. Il pediatra visitava per telefono: salvo problemi seri, tu comunicavi quanto pesava il bambino e finiva lì. L’allattamento per me all’inizio è stato difficile e ho fatto consulenza on line con ostetriche private”.

“Diventare mamma così è stato spaesante, per quanto sia sempre diverso da come ce lo immaginiamo, durante la pandemia è stato veramente diverso. Alcune mie amiche non hanno ancora visto il bambino, una vive a Milano e l’altra a Roma…dovremo aspettare. Anche i miei genitori hanno dovuto aspettare, e per loro Orlando è il primo nipotino. Mia mamma lo ha visto per la prima volta il 4 maggio, al termine del lockdown, quando mi ha accompagnato dalla ginecologa. E’ stato molto emozionante rivedersi dopo mesi con, in più, una creaturina nuova. Orlando per fortuna è troppo piccolo per rendersi conto di tutte queste limitazioni, ma il mio primo anno da neo mamma non tornerà più. L’affetto degli amici quello sì, è arrivato uguale: non potevano mandarmi fiori o regali, c’è chi mi ha mandato la pizza a domicilio perché non dovessi cucinare! Ma l’emozione di dire a un amico “Tieni in braccio il bambino” a venti giorni di vita, quella no, non l’ho avuta”.

“Voglio ringraziare il reparto di ginecologia e ostetricia di Piacenza, perché sono stati strepitosi. In una situazione veramente complessa non hanno fatto mancare il sostegno, la comprensione – sottolinea -; è stato  un momento difficile per noi, ma era lo stesso per loro. Piacenza, su tutto quello che è il percorso gravidanza, ha tenuto botta, io non ho perso una visita. E’ più bello poterlo condividere con il papà, ma dal punto di vista dell’assistenza noi mamme non abbiamo perso nulla”.

Elena Caminati mamma di Francesco, nato il 3 luglio 2020, e di Pietro, 10 anni

Elena Caminati

“Ho scoperto di essere incinta in ottobre, quando ancora non si sapeva nulla del coronavirus. E anche quando il virus ha iniziato a diffondersi, nessuno aveva idea di quale effetto avrebbe avuto – racconta Elena Caminati, giornalista -. Certo, quando poi la situazione si è manifestata in tutta la sua gravità, sono arrivate l’ansia e la preoccupazione, anche se per fortuna durante la gravidanza sono stata sempre bene, non ho avuto problemi particolari”.

Quella che inizia a diventare subito complicata è la gestione di lavoro, casa e famiglia. “Lo scorso anno mio figlio Pietro ha iniziato subito la didattica a distanza, ed ha accusato molto questa novità: per lui non è stato facile passare da 7 ore a scuola, con gli amici, a zero chiuso in casa. Nel frattempo io cercavo di fare il mio lavoro da casa, dove ho portato tutta la mia attrezzatura. Conciliare il tutto non è stato facile: ho avuto l’aiuto di mio marito Filippo, che è rimasto con noi però solo qualche giorno, durante il picco della pandemia, perchè il suo lavoro non si è mai fermato durante quelle settimane. Ma non ho potuto contare sull’aiuto dei miei genitori, che vivono tra l’altro in un altro Comune. E il non aver avuto vicino mia mamma durante la gravidanza mi è mancato”.

Francesco si affaccia alla vita in luglio, quando i contagi erano a quasi a zero, ma le visite erano ugualmente bloccate. “Non ho potuto vedere nessuno i primi giorni, anche se avrei avuto bisogno di un aiuto. Filippo – spiega – poteva entrare solo per un’ora al giorno, dandosi il cambio con i compagni delle altre mamme. Tra di noi non parlavamo di quanto stava accadendo fuori, eravamo molto concentrate sui nostri piccoli”. Dopo le dimissioni dall’ospedale finalmente si è tenuto il primo incontro tra i due fratellini, Pietro e Francesco.

“Se ripenso ai giorni del lockdown, è stato un periodo abbastanza nero, anche se a volte mi sorprendevo a guardare fuori dalla finestra e ad ammirare la meravigliosa primavera che è stata quella dello scorso anno – racconta -. Si era fermi in quelle settimane, tranne la natura che continuava a fiorire. E allora mi sono detta che forse nulla accade per caso: ecco perché, a dieci anni da Pietro, Francesco stava per entrare nelle nostre vite. Mi è poi arrivato molto sostegno dal calore delle persone che, saputo della mia gravidanza, si sono congratulate con me, dicendomi che era l’unica cosa bella in un anno così terribile”.

Martina Platè, mamma di Anna Olivia nata il 15 ottobre 2020

Martina Platé

Anna Olivia è stata tempestiva: ha annunciato il suo arrivo solo pochi giorni prima di quel 21 febbraio che ha cambiato le vite di tutti. “Ho fatto la prima visita dal ginecologo il 19 febbraio insieme a mio marito Cristian, e poi più nulla, ho fatto tutto il percorso da sola – racconta Martina Platé, tra le coordinatrici di una cooperativa di servizi alla persona -. Uscivo solo per le visite sanitarie e ho iniziato subito a lavorare da casa. Non appena è scoppiato il caso Codogno, i miei referenti mi hanno detto subito di prendermi qualche giorno di ferie, in attesa di capire come procedere: lavorando nel settore socio sanitario è stato deciso che era meglio che proseguissi da casa, da lì ho iniziato a capire la gravità della situazione”.

“La mia è stata una maternità insolita, in lockdown, senza amici e senza parenti. Non abbiamo fatto il corso preparto, perché era possibile farlo on line…ho preferito leggermi un libro. Non ho potuto condividere questa gioia con nessuno. Molti conoscenti non sapevano nemmeno che fossi incinta! C’è chi lo ha scoperto vedendomi in giro con la bimba”. Il momento del parto, ricorda Martina, non è stato facile perché all’inizio ci sono state alcune difficoltà. “Ero da sola, piangevo e non avevo il conforto di nessuno, continuavo a ripetere “chiamate mio marito”, avevo paura che non riuscisse ad arrivare in tempo, viste le limitazioni ancora in essere all’interno della struttura. Invece è andato tutto bene: in ospedale sono stati bravissimi, nonostante le difficoltà sono riusciti a garantire sostegno e accoglienza, impeccabili davvero”.

Le limitazioni agli spostamenti circoscrivono la gravidanza di Martina. “Anna Olivia è nata nella settimana in cui, dopo l’estate, sono state reintrodotte nuove limitazioni. E’ una nascita che non puoi condividere con familiari e amici, invece mandi una foto. Un atteggiamento di prudenza adottato più che per la bambina, era per tutelare me. Questo ristabilisce un po’ la dimensione famiglia: la nostra è una bambina molto buona, dorme, è molto gestibile, quindi non è stato complicato occuparci da soli di lei, di sicuro per chi ha figli che piangono molto è stato più difficile”.

“Quest’anno non lo cambierei con nulla al mondo, siamo stati attenti e accorti: restringi la cerchia di amici, non per cattiveria e cerchi una tua normalità, e in tutto questo ho avuto un supporto grandissimo da mio marito. Vivere la gravidanza e la nascita di Anna Olivia è stato profondo: mia nonna Maria purtroppo è mancata pochi giorni prima quell’ecografia che ha annunciato l’arrivo della bambina.  E’ stata una sorta di staffetta, ha compensato quel dolore”.

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