La pandemia non è la guerra: la “lezione” di Riccardo, 15 anni

Pubblichiamo il testo del discorso letto in piazza Mercanti da Riccardo Dallacasagrande, studente 15enne della Consulta degli Studenti, durante la cerimonia della Festa della Liberazione a Piacenza.

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Buongiorno,
inizio questo breve intervento ringraziando gli organizzatori per averci invitati: come ormai tutti sappiamo, quello che stiamo vivendo è un periodo di grande difficoltà, ed è per noi un onore poter essere qui oggi, in quanto rappresentanti dell’intera comunità studentesca locale. Come la scorsa volta ricordavamo, le vittime delle foibe in Jugoslavia, oggi ci siamo riuniti, con il medesimo senso di responsabilità civica, per celebrare non solo la liberazione dalle forze nazi-fasciste, le quali sottomettevano il nostro Paese e l’Europa intera, bensì per rendere note le lotte e gli sforzi fatti dai nostri nonni per permetterci oggi di essere liberi.

“Libertà” è una parola bellissima, che a volte trascuriamo o diamo per scontata, e per molti, me compreso, il suo immenso valore è stato reso noto dalla recente pandemia, la quale da oltre un anno ha costretto le autorità governative alla sua limitazione. Ovviamente non è mia intenzione paragonare le limitazione delle libertà personali compiute dal nazi-fascismo con quelle relegate ai provvedimenti per contenere la crisi sanitaria, però ci deve essere di esempio. Anche in periodo bellico vi era un coprifuoco, ma se violato non scattava una sanzione amministrativa come oggi, bensì l’arresto, punito e regolamentato secondo le leggi di guerra.

Durante il ventennio bisogna poi sperare di nascere bianchi, eterosessuali, cristiani. Bisognava poi, per ricoprire la maggior parte degli incarichi lavorativi, essere tesserati al partito fascista. L’Italia ha assistito dunque a fortissime limitazioni personali, che hanno lasciato un segno indelebile nelle memorie del nostro Paese… memorie evidenti ed evidenziate nella Costituzione stessa, sulla quale la Repubblica è fondata, e che ci garantisce, a partire dal 1948, di non essere più schiavi. Un essere umano, infatti, con o senza le catene, è uno schiavo a tutti gli effetti se non ha possibilità di esprimersi, muoversi, eccetera, insomma quindi un uomo senza libertà è schiavo di un sistema dittatoriale ed oppressore.

In quanto maschio di 15 anni, ora rientrerei tra gli “avanguardisti” e sarei tenuto, per ordine dell’Operazione Nazionale Balilla, a, cito testualmente, “infondere nei giovani il sentimento della disciplina e della educazione militare”, insieme a molti altri compiti di natura militare, religiosa e sportiva. Invece sono qua, in una piazza, nella quale potrebbero riunirsi (se non ci fosse il covid), un numero illimitato di cittadini. Sono un giovane rappresentante di un altrettanto recente istituzione e sono fiero di esprimere le mie opinioni e le mie idee, senza la paura di poter essere portato via, lasciato alla sorte di un ufficiale della milizia e qualche squadrista, vestiti di nero e muniti di manganello ed olio di ricino.

In conclusione, dobbiamo la nostra vita, come la conosciamo oggi, ai membri della resistenza ed ai soldati alleati, molti dei quali diedero la loro, di vita, per permetterci di essere liberi. L’unica cosa che possiamo fare per rendergli grazie, è ricordare e tramandare i valori democratici ed antifascisti del nostro Paese: questo è possibile solo per mezzo dell’insegnamento e dello studio della storia. Grazie a tutti.

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