“Le lunghe chiusure ci hanno ferito: speriamo che a teatro il nostro cuore torni a emozionarsi”

A Piacenza la prosa torna d’estate. Teatro Gioco Vita punta alla bella stagione e a palazzo Farnese per poter ritrovare, in presenza, il proprio pubblico, con un’anticipazione a maggio per le attività rivolte alle scuole, ospitate ai Filodrammatici. “La riapertura per ora è illusoria, c’è la possibilità di ripartire ma i presupposti non ci sono ancora – dice Jacopo Maj, vice direttore di Teatro Gioco Vita -, per le contraddizioni presenti nelle disposizioni governative. Il coprifuoco, poi, è un deterrente bello grande, perché per gli spettacoli imporrebbe orari pomeridiani ai quali il piacentino non è abituato. Oltre a questo, aprire un teatro non è come riaprire un ristorante, e per questo motivo abbiamo deciso di aspettare l’estate”.

“La riapertura degli spettacoli dal vivo presenta alcuni problemi – continua Diego Maj, direttore di Teatro Gioco Vita -: da una parte non puoi partire dall’oggi e al domani, senza preparare e informare il pubblico. E’un’attività che va pianificata con mesi di anticipo, per poter preparare i materiali, verificare la disponibilità delle compagnie e del Municipale, spazio che utilizziamo insieme alla Fondazione Teatri (che ha un proprio cartellone, ndr), allestire gli spettacoli. E’ impensabile chiudere i teatri alle 21 e 30, vorrebbe dire iniziare gli spettacoli alle 19, ma la gente lavora e a quell’orario deve ancora cenare. E’ complicato. Con prudenza, quindi, organizzeremo sicuramente una stagione estiva a palazzo Farnese, e da metà maggio ripartiremo con i ragazzi, chiedendo la disponbilità delle scuole”.

Diego Maj tocca poi un altro tema critico anche per altri settori: le limitazioni anti covid implicano una riduzione di ingressi e quindi di incassi. “Il Municipale  – sottolinea – ha a disposizione circa 1.100 posti, di cui potremo utilizzarne circa 320, spalmati dal loggione alla platea. Il tema del rapporto tra costi – ricavi è importante. Chiamando come abbiamo sempre fatto e faremo sempre, compagnie di alto profilo professionale, va detto che questi non vengono a gratis”. “Sono contento di questo sforzo – continua – per ripartire gli spazi culturali, ma non siamo sicuri di sapere in quale situazione ci troveremo tra 20 giorni? Potremo avere una certa prudente certezza quando la campagna vaccinale sarà estesa a tutti. Perché l’impressione che abbiamo è un continuo fare e disfare, come Penelope: già in autunno avevamo preparato la nuova stagione, per poi fermare tutto. Detto questo, ci attrezzeremo per far rivivere il teatro”.

“In questo anno e mezzo di fine del mondo, noi però non ci siamo mai fermati – aggiunge Jacopo Maj -, abbiamo anzi avuto due debutti, uno in streaming e uno in presenza, per altrettante produzioni teatrali, una cosa importante perché ci ha consentito di mantenere la tutela occupazionale. Il lockdown ci ha obbligato ad approfondire il tema delle nuove tecnologie, che possono essere utili e complementari nella nostra attività. Sono una risorsa in più, ma non possono essere l’unico modo di fare teatro”. “Lo streaming – afferma Diego Maj – non è teatro. Si è costretti a farlo, ma è un’altra cosa. Il teatro è un rapporto fisico, tra il pubblico e gli artisti, uno scambio di sguardi, le luci, il movimento e i costumi…Il mio timore è un altro: c’è molto ottimismo per la ripartenza della cultura, ma io credo però che questo anno e mezzo di solitudine, di carcere, abbia modificato il nostro cuore, il nostro essere, creando il timore dell’incontro. Ci ha lasciato delle cicatrici non facilmente recuperabili. Questa sarà la sfida: capire come sarà davvero la riapertura, sperando che i nostri cuori tornino a battere normalmente”.

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