Ipotesi Green pass anche in bar e ristoranti, gli esercenti “Noi i più massacrati, piuttosto si obblighi a vaccinarsi”

L’uso più ristrettivo del Green pass, il certificato per agevolare spostamenti e accesso ad eventi rilasciato a ai vaccinati contro il covid, a chi risulta negativo a un tampone o a coloro che sono guariti dal virus, fa già discutere. Attualmente il ‘certificato verde’ è necessario per partecipare a eventi pubblici – come concerti o partite allo stadio – accedere a residenze sanitarie assistenziali o altre strutture e spostarsi in entrata e in uscita da territori classificati in “zona rossa” o “zona arancione”.

Sulla scorta di quanto sta avvenendo in diversi paesi europei, in seguito a una ripresa del trend dei contagi, nel nostro Paese stanno emergendo diverse ipotesi sul green pass “potenziato”, che dovrebbero essere valutate dal Governo in occasione della cabina di regia in programma la prossima settimana. In primis l’estensione del certificato per l’utilizzo di mezzi di trasporto a lunga percorrenza (come aerei o treni), ma anche la possibilità di riservare – almeno per alcune attività – l’utilizzo del Green pass solo dopo aver fatto la seconda dose, in linea con l’Unione europea. Convince meno, invece, l’idea di seguire in toto la “linea francese”, che porterebbe all’obbligo del Green pass anche per andare al bar, al ristorante, al cinema o a teatro. Un ipotetico scenario che mette già sul chi va là anche gli esercenti piacentini.

“Bar e ristoranti hanno già sofferto e patito abbastanza in questa pandemia, non devono essere nuovamente un capro espiatorio – le parole del vice direttore di Confesercenti Piacenza Fabrizio Samuelli -. O vengono presentati dati significativi su un reale rischio per la salute pubblica, altrimenti non ha senso applicare il Green pass solo in questi contesti, ma andrebbe esteso a tutte le altre attività. Se questo è il modo per spingere le persone a vaccinarsi, non mi sembra la strada giusta: a questo punto riterrei più corretto imporre l’obbligo vaccinale piuttosto che utilizzare questa forma di pseudo ricatto”.

Sostanzialmente sulla stessa linea anche Cristian Lertora, presidente provinciale di Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi). “Bar, ristoranti, discoteche e locali serali sono stati i più martoriati in assoluto in questo anno e mezzo – afferma -. Non sono contrario al Green pass, però allora deve essere esteso a tutti: alla grande distribuzione, alle fabbriche, a qualsiasi luogo aperto al pubblico. Non facciamo figli e figliastri – incalza -: mi fa sorridere che si parli di certificato per bar e ristoranti, quando domenica scorsa migliaia di persone si sono riversate in piazza per festeggiare la nazionale. Lì il virus non c’era? Credo sia giunto il momento di dire basta, la misura è colma: abbiamo perso migliaia di euro, i ristori hanno coperto il 5-10% e non ci sono stati sconti sugli affitti.  Non possiamo più sopperire all’incapacità dei politici di gestire una situazione come questa: serve un confronto con le categorie economiche e bisogna smettere di fare tanto per fare. Adesso c’è da salvare le aziende, perché se mancano le aziende non ci sono i dipendenti. Salvare i posti di lavoro di un’azienda chiusa non serve a niente: questo i politici lo devono capire”.

I dubbi sul Green pass riguardano anche l’applicazione concreta dei controlli sulle persone. “Come faccio a chiedere un documento sensibile a un cliente?- si domanda Lertora – Non ne ho l’autorità, non sono un ufficiale giudiziario. Il barista deve fare il barista, non il vigilantes“.

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