La rieducazione al teatro (e alla risata) di Paolo Rossi foto
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Tornare a teatro, dopo le prolungate chiusure dell’ultimo anno e mezzo, non è facile. Si è un po’ arrugginiti, impacciati. Lo siamo noi, spettatori, e forse lo sono un po’ anche gli artisti. Nell’ultima serata di Veleia Teatro, l’apprezzata rassegna curata da Paola Pedrazzini, per fortuna è arrivato Paolo Rossi, instancabile monello della comicità italiana, a rimettere tutti in carreggiata.
Il risultato ottimale si ottiene, però, se c’è buona sintonia tra chi ascolta e chi racconta, con la giusta predisposizione dello spirito e anche del corpo. Per il pubblico ecco una piccola lezione di ginnastica, orchestrata da Rossi insieme al musicista Emanuele Dell’Aquila, così come la buffa contrattazione sulle modalità di esprimere apprezzamento (perché le mascherine, si sa, attutiscono le risate) e, per l’artista, di ringraziare gli spettatori, scegliendo la spavalda versione à la Ibrahimovich. Omero, Ulisse, l’Odissea sono stati tutti pretesti per farci recuperare familiarità con le basi della rappresentazione: prima di tutto noi spettatori aspettiamo che ci venga raccontata una storia, e l’Odissea altro non è che la storia delle storie, in grado di attraversare tutte le sfumature dell’animo umano, dall’avventura – e la fanfoneria -, all’amore, e anche al lutto. Il compito dell’artista, ha detto Rossi, è portare conforto. E di questo ne abbiamo avuto in abbondanza, insieme all’aver dato finalmente sfogo alla nostra voglia di ridere, senza sentirci più in colpa.
Ps: menzione d’onore per l’assessore alla cultura Alessandra Gatti, per l’ironia e la leggerezza del siparietto finale con gli artisti, al momento della consegna del premio Veleia realizzato dall’artista Sergio Brizzolesi.
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