Tra comico e tragico a Veleia in scena l’equilibrista Gioele Dix

“Vorrei essere figlio di un uomo felice”, dice Telemaco a una camuffata dea Atena nel canto primo dell’Odissea, e da questa frase, pronunciata con dolore da un figlio che soffre per la lontananza del proprio padre, prende spunto Gioele Dix per costruire uno spettacolo straordinario, in cui la comicità si incastra alla perfezione nel dramma, senza mai perdere misura e brio.

Come un provetto equilibrista, l’attore milanese, in scena nello splendido palcoscenico del Festival del Teatro Antico di Veleia, passa dalla lettura in greco antico dell’inizio del poema omerico, al ricordo della sua prima estate in Grecia, dopo la maturità classica, ai suoi goffi tentativi di esprimersi in greco antico per ordinare un panino al bar, e su questo scherzo inizia a interagire col suo pubblico, che risponde con risate e applausi entusiasti. E così tutto lo spettacolo alterna riflessioni sul rapporto tra padri e figli, da quello dell’eredità pesante dei padri importanti – che poi ogni padre lo é agli occhi del proprio figlio – a quello del rispetto per l’adulto, per il vecchio in particolare, alla difficoltà di comunicare, di gestire e manifestare i reciproci sentimenti, fino a quando la morte del padre rende impossibile recuperare il non detto, l’abbraccio mancato.

Gioele Dix a Veleia

Tra una citazione di Giorgio Gaber, di Paul Auster, di Ghiannis Ritsos e di Valerio Magrelli, col punto fermo del rapporto tra Telemaco e il padre Odisseo, Gioele Dix porta il suo punto di vista su questa complessa relazione, illumina e diverte il pubblico col suo umorismo pungente, quello che abbiamo imparato ad amare dai tempi dell’automobilista incazzato; ci racconta del rispetto del giovane Telemaco al cospetto dell’anziano Re Nestore, e subito dopo ci trasporta in un ristorante qualunque, dove bambini cui il rispetto non é stato chiaramente insegnato si arrampicano sul carrello dei bolliti e imitano Tarzan aggrappati al lampadario, tra lo sconcerto dei commensali e l’indifferenza di genitori inutili e nonni zerbino.

E in questo alternarsi di ironia e drammaturgia, Gioele Dix ci regala anche tanti momenti di improvvisazione, confermando il grande feeling che da sempre lo lega al pubblico piacentino, prima di tornare serio e condurci verso la fine dello spettacolo, verso l’abbraccio tra padre e figlio che si ritrovano, commossi. Quell’abbraccio che troppo spesso non concediamo, perché anche da adulti non ci sentiamo liberi di piangere. Ma Gioele vuole lasciarci con una risata nel cuore, e lo fa prendendo in giro Telemaco e le sue domande compulsive verso chi pone piede nell’isola sperduta di Itaca (Chi sei? Da dove vieni? Con che barca sei giunto? Di certo non puoi essere arrivato a piedi!), che tanto ricordano quelle dei doganieri in “Non ci resta che piangere” di Troisi Benigni e Bertolucci. Il pubblico lo saluta sommergendolo di applausi e di “bravo”, forse col desiderio di tornare tutti presto in teatro, a dare il bentornato all’arte nelle nostre vite.

Gioele Dix a Veleia

Veleia Teatro, rassegna con la direzione artistica di Paola Pedrazzini, torna mercoledì 28 luglio alle 21 e 30 con Paolo Rossi in Stand Up Omero.

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