Le Rubriche di PiacenzaSera - Universi

Vincere l’arretratezza digitale: il progetto premiato degli studenti della Cattolica

Tutti i principali quotidiani economici e non riportano questo sondaggio: lo smart-working in molti contesti, non quelli produttivi, ma in situazioni amministrative e lavori d’ufficio non scomparirà. Verrà sicuramente ridotto, ma alcune misure che sono state adottate in questa fase emergenziale resteranno. Questo comporta che ci saranno degli upgrade e che sarà richiesto a tutti di stare al passo coi tempi, acquisendo una certa dinamicità e familiarità con contesti tecnologici che abbiamo dovuto tutti adottare. Con il passare del tempo, le generazioni che adesso rappresentano gli adolescenti e i bambini, che hanno già avuto modo di approcciarsi ad uno “smart-working scolastico” saranno sicuramente più avvantaggiate. Se già le competenze digitali sono sviluppate in ambito scolastico, ciò avvantaggia perché in ambito lavorativo e nella pubblica amministrazione si sarà già preparati a lavorare a contatto con il digitale, e questo sarà automaticamente un vantaggio per l’Italia stessa. Un articolo del Corriere ha riportato che all’Humanitas di Milano sia stato eseguito un intervento a cuore aperto: il cardiochirurgo che operava il paziente era a 1200 km di distanza, quindi non era presente in sala operatoria. Penso che questo sia l’esempio più concreto di come la tecnologia invada ormai tutti i campi, dalla salute all’istruzione, alla pubblica amministrazione. È ormai un elemento imprescindibile, ed è per questo che si è deciso di investire molto sulle competenze digitali e sulla tecnologia.

Secondo voi, un significativo progresso nel processo di digitalizzazione può davvero essere risolutivo per risollevare i paesi (come l’Italia) che ormai da anni sono in difficoltà dal punto di vista economico? (Domanda di Roberta, Hassan, Alex; rispondono entrambi)
L’aspetto tecnologico deve essere la chiave di volta, perché non è immaginabile un futuro, anche nel breve e nel medio, senza le competenze digitali. Ad esempio, c’è una casa automobilistica che ha annunciato che tra 5 anni, grazie all’intelligenza artificiale e ad un investimento oneroso, le nostre auto saranno al 100% a guida autonoma. Se non investiamo nella formazione tecnologica delle figure professionali e nella digitalizzazione, rischiamo che le macchine siano a guida autonoma ma che noi non siamo in grado di organizzare un incontro con 15-20 partecipanti online. La formazione digitale deve essere la chiave di volta per la ripresa del nostro Paese. A volte si ha un po’ paura ad approcciarsi al mondo digitale, soprattutto le persone più anziane chimate ad affrontare un mare di novità. È necessario un vero e proprio cambio di mentalità, è anche una sfida contro sé stessi a volte, il volersi sperimentare provando queste nuove competenze, provando a formarsi e digitalizzarsi. Ed è proprio partendo dalle persone che poi riusciremo ad arrivare a questa transizione 4.0. il governo ha voluto creare dei contributi con denaro pubblico in vista non soltanto dei beni strumentali, come i macchinari, ma anche proprio per la formazione, che è la chiave.

Cos’è l’affective computing? Può avere delle applicazioni utili alle persone con disabilità? (Domanda di Roberta, risponde Silvia S.)
L’affective computing è una forma di intelligenza artificiale che si basa sullo studio delle emozioni. In base a una serie di tecnologie altamente sofisticate si vanno a studiare i comportamenti e le emozioni umane delle persone che ci circondano e si generano delle relazioni nei confronti dell’utente che sta utilizzando questa macchina. È tutto in via sperimentale, ma secondo noi può essere un buon modo per raggiungere il giusto grado di accessibilità. Avere un dispositivo di questo tipo in ogni istituto scolastico, soprattutto primario, secondario di primo e secondo grado, può essere un ottimo modo per raggiungere l’accessibilità.

Come si può potenziare la telemedicina? (Domanda di Hassan, risponde Silvia S.)
Durante un seminario del Prof. Timpano abbiamo parlato del mondo dei vaccini. Grazie alla digitalizzazione possiamo dire che siamo arrivati ad avere un vaccino in 14 mesi, quando di solito la procedura è di 73 mesi. Quindi da 6 anni a circa un anno. Questo è dovuto alla digitalizzazione, alla sperimentazione, e anche a contributi statali. Sono venuti degli esperti di Toscana Life Science, che è un insieme di vari enti privati e pubblici, che ci hanno spiegato questa procedura. La creazione di un vaccino è stata possibile in pochi mesi, e questo è dovuto anche al digitale. Possiamo quindi parlare di telemedicina da questo punto di vista.

Il digitale può essere utile ai paesi in via di sviluppo? (Domanda di Alex, risponde Francesco V.)
Una bella domanda, il problema è come arrivare al digitale in questi paesi, perché sicuramente hanno problematiche molto più evidenti rispetto agli altri paesi. Tralasciare questi paesi, e non arrivare ad una coesione mondiale porta dei problemi. È necessario quindi lavorare su questo, come è promosso anche dall’Agenda 2030. Non si può collaborare solo con i paesi che già hanno un’impronta digitale. Quelli in via di sviluppo sono paesi che stanno tentando un approccio al digitale ma per loro è molto più difficoltoso, perché mancano le risorse economiche, ma anche quelle umane, menti e cervelli che lavorino da questo punto di vista.

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