“Giovani più responsabili e meno complottisti” Per questo si vaccinano di più dei genitori

All’appello manca circa il 30 per cento dei 30-39enni e il 24 per cento dei 40-49enni: sono loro i piacentini più “negligenti”, i più restii a fare il vaccino.  Nonostante il “green pass”, che sta per diventare obbligatorio su vasta scala, nonostante tutti gli appelli e gli inviti e nonostante l’attesa per farsi l’iniezione ormai ridotta a zero. C’è una questione generazionale o ci sono altri fattori che influenzano questo dato, definito dal direttore dell’Ausl di Piacenza Luca Baldino “un’anomalia”, ma che trova una certa corrispondenza anche a livello nazionale? Abbiamo girato la domanda a Guendalina Graffigna, Ordinario di Psicologia dei consumi e della salute all’Università Cattolica e direttrice dell’EngageMinds Hub.

“Dobbiamo premettere che le fasce d’età in questione, ovvero quelle che vanno dai 30 ai 50 anni, – spiega – sono quelle che si sono sentite più ‘invulnerabili’ nei confronti del covid. Dalla diffusione della malattia, l’urgenza delle cure e anche della vaccinazione ha riguardato giustamente i più anziani e così è stato anche nella rappresentazione sociale. Questo ha inciso nel primo anno di pandemia, anche se oggi, a causa della diffusione della variante delta, sappiamo che non è più così”. “E poi – prosegue – sulla scelta di vaccinarsi o meno conta molto un ragionamento di ordine etico e valoriale, se questa scelta viene intesa anche come un azione per il bene comune e non soltanto per l’interesse individuale. Un approccio individualista frena la decisione”.

L’arrivo del green pass e la sua estensione progressiva ha mutato le convinzioni di tanti?

“Certamente il certificato verde ha agito da incentivo nei confronti di tante persone, forse nelle grandi città ancora di più rispetto a una dimensione di provincia come quella di Piacenza, dove la percezione del rischio di contagio per diversi motivi è minore. Da voi non è necessario andare in metropolitana o in tram per spostarsi, gli affollamenti sono più rari. Nei grandi centri senza il green pass è più presente la sensazione di essere tagliati fuori da tutto”.

Come valuta alla crescita sensibile di vaccinazioni tra i ventenni, talvolta meno vincolati dei propri genitori?

“Credo che i più giovani siano maggiormente liberi da condizionamenti, meno complottisti e più consapevoli nell’uso di internet e dei social e quindi più al riparo dalle bufale e dalle teorie fake. In quanto nativi digitali sono più capaci di discernere rispetto ai più vecchi, sono più protetti da idee persecutorie. La dimensione collettiva si è fatta prevalente tra le giovani generazioni, in questo senso l’effetto Greta Thunberg e l’antefatto del movimento ambientalista sono importanti, quella grande manifestazione di responsabilità collettiva si è riversata anche nell’atteggiamento nei confronti del vaccino”.

Non si esclude l’introduzione dell’obbligo vaccinale, potrebbe essere il colpo decisivo ai “Boh Vax”?

“Ritengo che una fetta di popolazione italiana, seppur esigua, resterà sempre contraria al vaccino anche di fronte a un obbligo. Con questi la battaglia è persa a prescindere, non credo che si faranno convincere. Un po’ come gli evasori fiscali che perseverano nel non pagare le tasse. Poi c’è una fascia di persone, i cosiddetti “Boh Vax”, che si portano dietro paure e dubbi: il metodo più efficace per persuaderli resta il dialogo e i buoni argomenti a sostegno della vaccinazione. Sono soggetti che hanno bisogno di rassicurazioni e messaggi univoci da parte degli esperti, di essere trattati da persone mature senza terrorismo e confusione nelle informazioni. Temo che qui ci sia ancora del lavoro da fare”.

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