Nel fiume di note di Trilok Gurtu, al President il terzo concerto del Jazz Fest

Terzo appuntamento del tabellone principale del diciottesimo Piacenza Jazz Fest, domenica sera al teatro President di Piacenza, con il quartetto di Trilok Gurtu. Percussionista e musicista di grandissima levatura e fama internazionale, ha presentato il suo ultimo progetto musicale God is a drummer, con un concerto in linea con le, alte, aspettative di un pubblico caldo e appassionato.

Sono passati diversi decenni dalle sue prime esperienze di world music, negli anni settanta, ma la carica di Gurtu verso questo tipo di musica e la tensione, costante, verso la sperimentazione, non sembrano essersi esaurite né assopite. Se mai, la grande quantità di progetti, di esperienze a cui ha partecipato, portando sempre la propria, riconoscibile anima e la sua particolarissima sensibilità, hanno arricchito la sua musica di nuove sfumature, di nuove possibilità espressive innestate sull’enorme talento alle percussioni di questo inesauribile signore indiano. God is a drummer è il titolo dell’album da cui è tratta l’esibizione, un inno al ritmo di fondo che innerva la vita di ogni cosa, che segna i passaggi e le fasi di ciascuna esistenza e senza il quale non ci sarebbe esperienza alcuna nell’universo. La spiritualità è, in effetti, una presenza costante in tutta l’esperienza di Gurtu, un elemento invisibile che stimola e muove le sue idee e tutto il suo corpo. Una musica che ha sempre come orizzonte la trascendenza, un’elevazione che non ha nulla a che fare con la religione ma piuttosto con un’esperienza dello spirito oltre al quotidiano, alle comuni cose di cui con tanta fatica ci occupiamo ogni giorno.

Assistere ad un concerto di Gurtu significa entrare da subito nel flusso di questo ritmo di fondo. Un fiume che trasporta dall’inizio alla fine, che scorre in maniera sempre differente. Alcune volte velocissimo in piena corrente, altre su guadi più lenti e meditativi, altre volte ancora con improvvisi arresti, salti e ripartenze. Un movimento costante a cui è impossibile sottrarsi, di cui è impossibile non fare parte senza sentire, fisicamente dentro di sé, le diverse cadenze, il palpito profondo imposto dal musicista indiano. Pattern ritmici che si ripetono e si inseguono nel corso di ogni brano, in maniera ossessiva e pure rielaborati e stravolti a ogni passaggio. Minuscoli temi che punteggiano le diverse improvvisazioni, che tornano costanti e sempre identici, a loro volta ritmo e scansione del pezzo, e che servono a non perdere l’orizzonte immersi nella marea di suoni e di battiti da cui veniamo investiti.

È difficile rintracciare l’origine dei suoni che vengono usati, dire da quale tradizione e o da quale esperienza principalmente derivino. C’è oriente e occidente, Africa e India completamente integrate nella tradizione del jazz occidentale, con le sue regole dalle maglie molto larghe, con la sua capacità di essere ogni cosa e pure costantemente sé stesso, perfettamente riconoscibile. La vera matrice è quell’esperienza iniziata negli anni settanta del secolo scorso, una spinta di liberazione dai confini del jazz americano che ha creato una tradizione, un modo tutt’ora vivo e ricco di possibilità. Tra queste, il richiamo alla musica di Zawinul è fortissimo nel sound di Trilok Gurtu. In parte perché egli stesso è stato fondamentale nel creare quel modo di intendere il jazz e quell’esperienza musicale e in parte perché Zawinul è stato il suono principale di quella tradizione, quello a cui la mente non può fare a meno di andare in questi casi.

La cosa che sorprende sempre nella musica di Gurtu è proprio l’attenzione al suono. Per un percussionista che, come abbiamo detto e com’è logico che sia, usa il battito dei propri strumenti come filo conduttore, è sorprendente l’enorme quantità di suoni differenti che vengono cercati e usati nel corso del concerto. Non solo timbri diversi, che sono tantissimi e a loro volta arricchiscono le differenze ritmiche, il loro succedersi e alternarsi su piani distinti, fusi e dipendenti. Proprio la quantità di suoni, di sfumature di tono, di risonanze e riverberi, trovati su strumenti differenti o con l’uso, come da tradizione liberissimo e molto presente, dell’elettronica, sorprende e attrae ogni volta. L’epitome di questa volume di ricerca è il brano che Gurtu esegue in gran parte solo, nel quale usa strumenti fabbricati da sé oppure trovati, come un secchio o altri elementi metallici, o naturali, come la presenza in più modi dell’acqua. O, ancora, la propria voce, con uno scat veloce e percussivo, con quel linguaggio tutto suo e caratteristico della sua musica, perfettamente riconoscibile anche nei brani di altre formazioni di cui non è leader. Tutto fatto di pulsazioni sincopate ma anche di una varietà di voci ricchissima, con la grande capacità di modificare i registri espressivi ma anche di tenere il filo tra tante e costanti variazioni che a ogni singolo istante vengono proposte all’ascoltatore.

Da rimarcare la qualità del trio che l’accompagna, sempre in forte sintonia col mood del leader. Il sostegno costante di Jonathan Cuniado al basso, vero complice di Gurtu nel sorreggere il potente impulso di fondo della performance e bravissimo, per tecnica e sensibilità, negli a solo. Frederik Koster alla tromba, il contrappunto di Gurtu con lunghe note sostenute e modulate dall’elettronica, Jesse Milliner al pianoforte e tastiere, l’elemento d’ordine e di buon senso jazz del quartetto.

Sempre una grande esperienza assistere a un concerto di Trilok Gurtu e venire in contatto con la sua musica. Siamo sicuri che un poco la mente di tutti sia tornata all’ultima esibizione del compianto Zawinul a Piacenza, a quei suoni e a quella matrice musicale così caratterizzata, così fortemente riconoscibile, e dello stesso Gurtu con Garbarek, sempre qui nel 2015. Ogni volta si rientra nella corrente di quel flusso, in quel motore di fondo che ci trascina e ci consente di trascendere dalle miserie quotidiane. Ogni volta è sorprendente il disvelamento di quel battito che accompagna la nostra esistenza a cui Gurtu ci consente di accedere, in tutte le sue sfumature, in tutte le possibilità che le sue mani rapidissime e sapienti ci mettono a disposizione.

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di PiacenzaSera, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.