Dieci anni di battaglie contro la violenza di genere. “Il covid ha aggravato la situazione” foto

Dieci anni di battaglie contro la violenza di genere: è la mission del tavolo provinciale istituito a Piacenza. A palazzo Gotico, in concomitanza con la ricorrenza del 25 novembre, Giornata Internazionale contro la violenza alle donne, si è tenuto un momento di confronto, per riflettere su una piaga sociale che il progresso non riesce ad attenuare. Anzi, proprio la pandemia ne accentuato gli aspetti più sudboli.

Come ha ricordato la presidente della Provincia e sindaco di Piacenza, Patrizia Barbieri, al covid va riconosciuta anche la responsabilità dell’aver nuovamente escluso le donne dal mercato del lavoro. “L’economista Cristiana Compagno, rettrice dell’Università di Udine dal 2008 al 2013, ha detto che “Il Covid-19 si è mangiato la parità di genere” – sottolinea Barbieri – e secondo il ‘Dossier indifesa’ di Terre des Hommes, onlus di cui la Provincia di Piacenza è partner, nel mondo “pre Covid-19” sarebbero stati necessari 99 anni per chiudere il gap tra uomini e donne, mentre in quello “post Covid-19” serviranno addirittura 135 anni”. Per combattere la violenza e le discriminazioni è necessario un patto solido tra le istituzioni, come è avvenuto qui, ricorda Valentina Stragliati, presidente del tavolo provinciale, dove “la ‘rete’ o meglio il ‘metodo’ Piacenza funziona ed è più che mai attivo sul territorio. Un territorio che nel corso del tempo si è dimostrato sempre più sensibile a queste tematiche, promuovendo iniziative di informazione, sensibilizzazione ed educazione che contribuiscano a condannare ogni forma di violenza e prevaricazione e a educare i giovani al rispetto della persona e al contrasto alla violenza contro le donne”.

Fenomeno che può assumere molte forme, ricorda il prefetto Daniela Lupo, come quella della violenza economica. “La negazione dell’attività lavorativa, la mancata condivisione del reddito familiare, l’impossibilità di possedere una carta di credito o un bancomat e di gestire il proprio denaro, nonché il costante controllo delle spese, fino al ricatto economico anche in fase di separazione e al mancato pagamento dell’assegno di mantenimento, costituiscono tutte forme di violenza economica” sottolinea. Violenza è anche il controllo esercitato sulle donne, nella loro sfera più intima. Anche a Piacenza il dipartimento di ginecologia dell’Ausl si è trovato a dover aiutare donne vittime di mutilazioni genitali femminili: “Vediamo circa dieci donne all’anno con vari gradi di mutilazione e nel 2020 abbiamo praticato una deinfibulazione su una giovane donna africana incinta, permettendole poi di partorire spontaneamente con grande reciproca soddisfazione” dice la dottoressa Renza Bonini.

La tavola rotonda, condotta dalla giornalista Nicoletta Bracchi, è poi passata ai rappresentanti delle forze dell’ordine. Per il questore Filippo Guglielmino, la violenza di genere “è trasversale rispetto a tutte le fasce sociali. Per quanto riguarda la polizia di Stato, noi promuoviamo sia iniziative di carattere preventivo e procediamo in caso del cosiddetto ‘codice rosso’. In particolare è importante la misura di prevenzione, l’ammonimento, che può essere adottata con la denuncia, in caso di atti molesti e persecutori previsti dall’articolo 612 bis del codice penale. Importante è anche il protocollo firmato con il centro per la mediazione: il soggetto, già destinatario della misura di ammonimento, può richiedere di essere coinvolto in un percorso terapeutico per evitare la recidiva”. Ecco i dati relativi all’atività svolta dalla questura: stalking nel 2020 un ammonimento, denunciati 24, misure cautelari 11; sempre nel 2020, per il reato di maltrattamenti in famiglia sono state denunciate 63 persone, 17 le misure cautelari. Per il 2021, si è ricorso per stalking a 3 ammonimenti, 14 denunce, 8 misure cautelari. Nello stesso anno, reato di maltrattamenti in famiglia, sono state emesse 41 denunce, 10 le misure cautelari.

“Nel 2021 abbiamo eseguito 165 interventi – dice il colonnello Paolo Abrate, comandante provinciale dei carabinieri – su episodi che nascono come ‘codice rosso’ in ambito familiare”. Interventi tempestivi grazie alla presenza capillare dell’Arma sul territorio. “Fuori dalla città di Piacenza ci sono le stazioni dei carabinieri che svolgono un’attività di pronto intervento, in tutti i casi che possano riguardare violenze familiari. Non appena ci arriva una segnalazione, siamo pronti a intervenire” dice il colonnello. In via Beverora è stato poi predisposto uno spazio ad hoc per raccogliere le denunce da parte delle donne vittime di violenza. “Nel 2016 abbiamo avviato una collaborazione con il Soroptimist, realizzando all’interno della nostra caserma provinciale quella che abbiamo chiamato ‘Una stanza per se’, un luogo che ha meno le sembianze di un ufficio di polizia ma è più accogliente”.

Accanto alle pene comminate nei confronti dei responsabili, è necessario però mettere subito in campo le azioni necessarie per evitare il ripetersi di questi reati. Lo ricorda la direttrice del carcere di Piacenza, Maria Gabriella Lusi, citando percorsi di recupero avviati a partire dal 2019. “In particolare – ha detto – il Progetto APRI (Attività per il rafforzamento e la diffusione di programmi per la presa in carico e il trattamento di detenuti maltrattanti) nel 2019 ha affrontato per la prima volta in questa sede la tematica con l’obiettivo di far acquisire ai detenuti la consapevolezza della violenza e delle cause delle loro azioni, delle conseguenze sulla vittima, in funzione di favorire il cambiamento personale necessario per un reinserimento sociale connotato da rispetto delle norme e delle persone, a partire dalla vittima del reato e dalla donna in genere”. A questo progetto hanno poi fatto seguito i progetti Re-Start e Tra.ma.re, sempre in collaborazione con il Centro per la mediazione.

Donatella Scardi e Ilaria Egeste, hanno poi prosentato i dati e progetti del Centro Antiviolenza di Piacenza, così come Glenda Marafante, CIPM Emilia, ha illustrato il progetto ‘Disegnare buone relazioni’. Maria Cristina Meloni, dell’associazione Tutela, ha presentato i progetti “I connect with you”, per aiutare le vittime di reati persecutori messi a segno con le nuove tecnologie: cyberstalking, cyberbullismo e revenge porn.

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