“La vita non è tanto diversa dalle fiabe: per questo il mio Babbo Natale è molto simile a noi”

E se quest’anno fosse Babbo Natale a voler scrivere una letterina ai bambini? L’idea l’ha avuta Matilde Tacchini con “Caro Bambino…Una letterina da Babbo Natale”, il suo primo albo illustrato edito per Mondadori: con un Babbo Natale birichino, che scrive di essere stato molto bravo, ma non la racconta giusta, Tacchini ribalta completamente i ruoli della fiaba di Natale e, pagina dopo pagina, riesce a scalfire comicamente tutti gli stereotipi attorno al personaggio più idealizzato di sempre.

Matilde Tacchini è art director, illustratrice e autrice per bambini. Dopo la laurea in Art Direction alla NABA di Milano si dedica alle campagne pubblicitarie e, quindici anni più tardi, apre uno studio creativo a Piacenza, dove oltre al graphic design si occupa di letteratura per i più piccoli, la sua vera passione. Conoscere Matilde da vicino è un’esperienza: con quella sua aria buffa di bambina che le è rimasta addosso, ancora capace di credere nella forza delle fiabe e nella potenza salvifica dell’immaginazione; convinta che la vita non sia poi così diversa dalla fiaba, essendo entrambe piene di prove da superare, di bellezza e crudeltà. Sicura che le magie accadano anche nella realtà: basta avere lo spirito giusto per farle succedere. Con negli occhi, nella mimica e nel cuore l’impronta di chi sa sorridere e far sorridere fin da quando vestita da clown andava per le strade di Milano a diffondere il buon umore, innamorata di Jodorowsky, agitata, insicura di sé e insieme piena di grazia, questa autrice- illustratrice non è più bambina: Matilde Tacchini è ben cresciuta e nelle sue parole traspare tutta la fatica del vissuto, ma ciò non le impedisce di dipingere il mondo con leggerezza e ironia. Con queste armi, oggi più che mai necessarie, è riuscita a portare nelle case di tutti il Babbo Natale più umano di sempre, perché nessuno è perfetto: nemmeno lui.

L’abbiamo intervistata per conoscerla meglio, sentite le sue considerazioni.

Illustratrice e autrice per bambini, per tanti anni ti sei occupata di pubblicità a Milano e Piacenza. Qualche legame operativo- creativo fra i due ambiti o semplice casualità?

Continuo a portare avanti entrambi gli aspetti, di pubblicità, comunicazione e grafica mi occupo tutt’ora per unire necessità pratiche alle mie passioni. Attualmente sono freelance, credo che illustrazioni e pubblicità trovino un importante denominatore comune nel tipo di linguaggio: sia la pubblicità che l’album illustrato usano infatti un linguaggio piuttosto semplice e diretto per catturare immediatamente l’attenzione del fruitore, poche e precise le parole utilizzate, strettissima la connessione tra tra testo e immagini. Lo storyboard costruito per creare un album illustrato funziona con la stessa logica utilizzata per realizzare uno spot pubblicitario: solo l’unione di immagine e testo produce un significato efficace, le due componenti separate perdono di valore e non riescono a tramettere il messaggio voluto. Quindi in realtà , il mio lavoro pubblicitario mi è stato molto utile nel mondo dell’illustrazione.

Disegnare è comunque la tua passione da sempre, da circa un anno realizzi alcune lineoleografie; l’ultima per Profondo Giallo. Ne racconti qualcuna?

La mia passione per le illustrazioni e il disegno risale ai tempi universitari, mentre studiavo pubblicità; come lavoro avrei da subito voluto occuparmi di illustrazioni e insieme scrivere storie. Non sempre però la vita porta dove vorresti e a lungo la mia è rimasta una passione, che non mi stancavo di coltivare: fino a quando, proprio eventi accaduti, mi hanno portato a riconsiderare le mie priorità e ho cominciato a disegnare seriamente. Al 2019 risale il mio fortunato incontro con Davide Calì di ‘Book on a Tree’, l’Art Director che ha sostenuto e curato la progettazione del mio albo “Caro bambino”e da circa un anno anno creo lineoleografie. Cosa sono? Stampe artigianali fatte a mano, tramite matrici che vengono incise, soprattutto linoleum, poi colorate con diversi strati d’inchiostro e stampate nel mio studio. Illustrazioni nate per essere prodotte in serie, anche se in tiratura limitata, mi piace molto la forte componente manuale di questi lavori: incidere con la sgorbia, stendere il colore, aspettare che asciughi è una boccata d’ossigeno per chi, come me, lavora molto al computer. Amo l’idea di unire una tecnica antica come quella dell’incisione ad una grafica semplificata e pulita, che riproduce colori e soggetti moderni, spesso animali, sempre piuttosto ironici, allegri, vivaci: da ‘La gallina volante’, a ‘L’orso innamorato in ritardo”, fino a ‘La mosca beata beona’ e ‘Balla col lupo’; esempi di personaggi che potrebbero tutti essere pensati nel mezzo di una storia. Per Profondo Giallo ho appunto realizzato una stampa artigianale a tiratura limitata dedicata al festival, e la prova d’autore è stata data come premio speciale alla scrittrice Ben Pastor: la lineoleografia si intitola ‘I soliti felini’, ognuno dei quali ha dietro la griglia numerica di riconoscimento sulla scia del film ‘I soliti sospetti’ di Brian Singer.

La pandemia da Covid ha in qualche modo influenzato il tuo lavoro, o il tuo processo creativo attraverso le immagini?

Dal punto di vista concreto del lavoro, mi sono fermata molto poco: ho lavorato tanto in smartworking perché le scuole erano ferme e mio figlio a casa, ma volendo avrei potuto continuare ad andare in studio, visto che lavoro sempre sola, in una sorta di lockdown indipendente dalla pandemia. Lavorando poi per aziende e realtà grandi, le consegne pubblicitarie hanno continuato ad arrivare, semplicemente spostandosi sul piano on- line e digitale. L’unico settore in cui la pubblicità ha risentito un po’ è stato quello alberghiero, diciamo che ho rallentato un po’ senza fermarmi. E questo mi ha aiutato molto nel campo dell’illustrazione, mi ha dato il tempo di sperimentare l’incisione e diverse altre tecniche manuali, di fare e rifare, riuscendo a perfezionarmi: quindi per me la maggiore calma è stata una preziosa opportunità. Le mie creazioni non hanno una specifica relazione con il periodo di chiusura, se non un’illustrazione:’Red Hood in the the red zone’. Come Cappuccetto Rosso che simpaticamente legge dentro al lupo, io durante la prima ondata del virus stavo chiusa in casa mia a leggere e disegnare, mentre Piacenza era la lupa. Qualcosa che in lockdown ho fatto molto meno? Scrivere storie. Le mie storie si alimentano dei piccoli eventi della giornata e delle persone che incontro, venendo meno questi aspetti sono mancate anche loro.

Veniamo a “Caro Bambino”, il tuo primo albo illustrato: ci spieghi innanzitutto la scelta di esserne autrice e non illustratrice?

Non è stata una scelta propriamente mia, ma una questione di necessità: La storia che ho proposto al workshop di Davide Calì è piaciuta, ma per un testo comico come questo serviva un tipo di illustrazione diversa dalla mia: più narrativa, buffa, dettagliata e colorata; il mio stile è più minimale, grafico. Per questo si è deciso deciso di far lavorare l’illustratrice Raffella Bolaffio di Trieste.

L’idea del libro nasce in un momento particolare. Quale?

Ricordo esattamente quando è nata l’idea del libro, era mattina e mio figlio, mentre andavamo a scuola, mi ha chiesto se nel pomeriggio avremmo scritto la letterina di Natale, ma era solo settembre! Così in quel momento ho pensato:’Povero Babbo Natale, ma non si stanca mai?’ Magari qualcuno comincia a scrivergli in maggio! E da li ruoli si sono inverti: invece di porre l’accento sui nostri desideri, ho pensato cosa Babbo Natale aveva da dirci.

Con un Babbo Natale decisamente ‘diverso’ spazzi via gli stereotipi attorno alla sua figura. Come mai questa scelta?

Dietro agli stereotipi c’è sempre una persona vera, quindi ho pensato anche a Babbo Natale come una persona reale, fin da quando, decisamente sotto stress, comincia a ricevere lettere con largo anticipo. Da lì ho iniziato a pensare e costruire tutta una serie di situazioni quotidiane, comuni, in cui Babbo Natale è del tutto simile ai bambini a cui porta i doni. Un bambino che non sempre si comporta bene, non sempre ha pazienza ed è anche molto goloso.

Determinanti le illustrazioni di Raffaella Bolaffio. Ci spieghi il loro rapporto con il testo?

Tutto l’albo si gioca sulla dialettica dei contrari, attraverso la complementarietà linguistica tra testo e immagini, per cui le parole dicono un concetto e le immagini svelano il suo contrario. Ho costruito questa logica già scrivendo la storia. Raffaella Bolaffio è riuscita a tradurre perfettamente le mie idee in immagini, arricchendole di infiniti, buffi dettagli ed espressioni diverse tra i personaggi. Senza renne ed elfi che con pazienza sopportano e placano le intemperanze di Babbo Natale, il libro non sarebbe lo stesso!

Testo ricco di ironia e divertimento, in che modo secondo te questi aspetti acquistano nel libro valore educativo?

Il messaggio educativo non è esplicito, tanto meno ho l’intenzione di insegnare qualcosa a qualcuno: ma credo che sfatare gli stereotipi di una figura, da tutti e da sempre ritenuta perfetta, aiuti nell’accettazione di sé e degli altri, contribuendo ad abbassare toni di aspettativa, oggi sempre a livelli altissimi. L’intento è quello di trasmettere leggerezza e ironia, la miglior cura per una vita serena.

I tuoi prossimi passi?

Troppo presto per parlarne, ma la mia testa è sempre in movimento. Vi aspetto tutti sabato pomeriggio alla libreria Fahrenheit 451 per il firma copie!

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