Ferroni alla scoperta de ‘l’Italia di Dante’: “Il viaggio di un nano sulle spalle di un gigante”

“La poesia e la letteratura amate, anche quelle più lontane, devono servire ad interrogarci sul tempo presente e nell’oggi vanno fatte rivivere”. C’è riuscito mirabilmente Dante, con la grandiosa contemporaneità della sua Commedia, e ce l’ha fatta Giulio Ferroni, docente emerito alla Sapienza di Roma, saggista e critico letterario, con il suo ‘L’Italia di Dante. Viaggio nel Paese della Commedia’ (edizione La nave di Teseo, 2019): un vero e proprio itinerario compiuto dallo scrittore nella geografia e nella Storia del nostro Paese, sulle tracce dei luoghi che il Sommo Poeta racconta in poesia.

“Tesori danteschi a Piacenza’, serie di iniziative ed eventi con al centro il Codice Landiano 190 e la mostra allestita a Palazzo Farnese per riscoprire la ricchezza dell’Alighieri in territorio piacentino a settecento anni dalla sua nascita, è il contesto ideale – ha ricordato l’assessore alla Cultura Jonathan Papamarenghi – per dare spazio all’ultimo libro di Ferroni”-, presentato lo scorso venerdì 3 dicembre presso il Laboratorio aperto dell’Ex Chiesa del Carmine, con il contributo e l’introduzione del professor Roberto Laurenzano.

Giulio Ferroni

Il protagonista è stato naturalmente lui, Giulio Ferroni, che con la sua straordinaria capacità di connettere subitaneamente immagini differenti, un tesoro tra le mani ce l’aveva davvero: una piccola, ‘minuscola’, ma preziosa edizione tascabile della Divina Commedia di inizio ‘800 , senza la quale il suo corposo volume “L’Italia di Dante” non sarebbe mai stato scritto. “Un immagine che ho portato in opposizione alla mole del mio libro – ha spiegato acutamente Ferroni -, ma soprattutto per far riflettere sul fatto che io, viaggiando sotto la guida di Dante e andando nei luoghi da lui anche solo nominati nella Commedia per spiegare ogni volta i passi in cui il Poeta indica quei luoghi, ho scoperto e interrogato anche l’Italia di oggi”. “Sono stato un nano sulle spalle dei giganti” e il gigante che mi ha sostenuto è stato Dante con la sua poesia. Questa mia esperienza di viaggio e il volume che la testimonia si nutrono di continui cambi di punti di vista, tra loro diversi eppure interconnessi: dalla geografia immaginaria e letteraria dell’oltretomba dantesco alla topografia tutta reale di luoghi, vicende e personaggi d’Italia che il Poeta cita e racconta; dalla parola dantesca, intrisa di una corporeità capace di dipingere la realtà, alla mia mia povera parola”.

“Quanto sono arrivato a piedi sulla Pietra di Bismantova nell’Appennino Reggiano per la prima volta” – ha raccontato ad esempio lo scrittor e-, mi sembrava di aver già vissuto in qualche modo quel percorso, proprio grazie ai versi di Dante”: «Vassi in Sanleo e discendesi in Noli, montasi su Bismantova in cacume con esso i piè; ma qui convien ch’om voli; …» (Dante, Purgatorio, canto IV, vv.25-27). Proprio la carica realistica e rappresentativa della parola del Poeta – sottolinea – “mi ha spinto a visitare di persona questo e tutti gli altri luoghi nominati nella sua opera”. Ma dentro e dietro il libro di Giulio Ferroni c’è anche tanto altro, non a caso alcuni l’hanno giustamente definito un’opera-mondo. Sotto il filtro dell’inventore della Commedia, infatti, si dipanano e si svelano il respiro e gli studi di una vita, quella dell’autore: il testo diventa quindi una geografia culturale e sentimentale, dove la Storia non è più solo quella trascorsa ai tempi di Dante, ma anche quella passata dopo nei diversi luoghi, impressa nei segni di pervicace bellezza di un’Italia che resiste o nel lento consumarsi di scempi degradanti. Tra le pagine, elementi autobiografici si intrecciano alla scoperta di opere d’arte, oltre che di persone care allo scrittore o incontrate durante il viaggio, sul filo di una generazione protagonista delle più grandi trasformazioni della Storia.

Un viaggio, quello dell’autore de ‘L’Italia di Dante’, che parte da Napoli per impegni casuali e subito incontra la tomba di Virgilio, maestro dell’autore della Commedia. Ma da Dante a Virgilio, Ferroni sa catapultare in un attimo il lettore al Novecento di Zanzotto, poeta da lui molto amato, per poi tornare indietro a Leopardi, che, sempre a Napoli, ha la sua tomba. E poi? Dopo un rapido accenno al Boccaccio, ecco spuntare un altro sepolcro nella città partenopea: quello del poeta umanista Jacopo Sannazzaro, ricollegato a Virgilio dal cardinal Bembo, autore della sua epigrafe. Tutto questo a riprova della ricchezza associativa di Ferroni, capace di dipingere affreschi per lampi di figure, senza per questo rinunciare alla narrazione o alla riflessione civile e morale. Sorta di Zibaldone in movimento dal genere indefinibile e composito, ‘L’Italia di Dante’ è anche un libro di forte sensibilità ecologica: documentando luoghi fisici, trasformazioni e continuità del paesaggio italiano, oltre e attraverso la Storia del Paese (con tanto di indici toponomastici), sottolinea l’urgenza di recuperare la percezione della “consistenza del nostro esistere e persistere nell’ambiente”. Una necessità oggi ineludibile, che nessuna transizione digitale o trasformazione virtuale della realtà può cancellare.

Un libro da leggere, in viaggio o a casa propria, spaziando per gioco tra un luogo e l’altro con l’indice dei nomi, o leggendo in modo lineare dal principio alla fine. Un testo direi necessario per comprendere l’attualità attraverso il recupero delle nostre radici.

Micaela Ghisoni

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