Prodi e Bersani “emiliani di campagna”: “Finora sul Quirinale è stato un casino. All’Italia serve una guida morale”

“Due emiliani di campagna, fatti della stessa pasta” che ripercorrono la stagione che li ha visti protagonisti. Ma allo stesso tempo hanno ancora molto da dire alla politica di oggi, alle prese con le astruse contorsioni per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. E uno sguardo a cui non siamo più abituati, capace di abbracciare i problemi del mondo: “Bisogna fare in fretta perché la democrazia si restringe e l’Europa è l’unica salvezza”.

Romano Prodi e Pier Luigi Bersani, seduti allo stesso tavolo dell’auditorium di S. Ilario, per presentare il libro “Strana vita, la mia” (una biografia politica e non solo del professore, Solferino Libri) sono stati prodighi di aneddoti e di riflessioni sul passato dell’Ulivo e del governo, di cui furono rispettivamente premier e ministro, che nel 1996 portò per la prima volta la sinistra alla guida dell’Italia. Stimolati dal vicedirettore del Corriere della Sera Venanzio Postiglione e dal capo della redazione politica di via Solferino Marco Ascione (coautore del libro), hanno toccato pure i temi dell’attualità, dal rapporto con la Russia, alle prospettive dell’agognato “campo largo” per il centrosinistra odierno, fino alla arcinota vicenda dei “101” che costò molto cara ad entrambi, quando nel 2013 Bersani perse la segreteria del Pd e Prodi si giocò l’elezione al Quirinale. Partiamo da qui per raccontare un incontro pubblico significativamente iniziato con un affettuoso abbraccio tra i due: “Credo che dopo quella vicenda – ha sottolineato Bersani – sia io che Romano ci siamo comportati in un certo modo, nonostante il prezzo pagato, per salvare qualcosa di più grande”. Il bene delle istituzioni.

Prodi Bersani

Nel libro di Prodi – giunto a Piacenza insieme alla moglie Flavia – trova spazio la lunga carriera nelle istituzioni nazionali ed europee: “Un libro senza epica che racconta una vicenda straordinaria e unica, come vita vera di tutti giorni”-  questa la sintesi di Bersani. “Mi hanno convinto a scrivere il libro – esordisce il professore – un po’ Ascione e un po’ anche il Covid, abbiano cominciato a dibattere e la discussione ha fatto da levatrice, non è un libro di riflessioni teoriche astratte, c’è la storia della vita e ci sono aspetti concreti e stasera mi fa piacere discuterne con Bersani, perché insieme abbiano fatto tante cose. La politica che esce dalle pagine del libro è soprattutto passione e c’è anche un po’ di ingenuità. Vorrei che anche oggi si facessero le ingenuità che abbiamo fatto noi”.

“Trovarsi con Prodi è stato abbastanza facile – ribatte Bersani – lui è stato il driver di una cosa che dormiva nel fondo del nostro Paese, l’incontro tra culture diverse, il cattolicesimo liberale e la sinistra storica. Era già nelle cose, ma la politica non aveva ancora incrociato questi due popoli, e quello che è accaduto con l’Ulivo è stato molto importante. Per me ha significato fare pace con mia mamma. Non sono stupidaggini”. “Le culture che hanno dato vita al primo governo dell’Ulivo – ha aggiunto – si capivano senza nemmeno bisogno di parlarsi. Sono le culture che hanno fatto l’Italia e la Costituzione, in quegli anni abbiamo fatto robe da matti, le lenzuolate, lo spezzatino dell’Enel, la liberalizzazione delle ferrovie, la riforma del commercio. Ma senza uno come Romano non si facevano quelle riforme”. L’analisi e il racconto dei fatti si arricchisce anche di un episodio simbolo: “Eravamo sotto Natale e ricordo che inviai a Prodi – ha rammentato Bersani – la mia proposta di riforma del commercio. Mi richiamò dopo qualche giorno e mi disse: mi piace da Dio ma non dirlo a nessuno. E quella riforma poi passó fuori sacco senza parlarne ai partiti”.

Prodi Bersani

Sempre Bersani ha rievocato il regolamento che venne introdotto sui regali ai ministri, con il limite del valore fissato al massimo 150 euro. “Perchè proprio 150 euro? Prodi ci disse, cosa costerà un prosciutto? Per giustificare la cifra scelta”. La “regola del prosciutto” fu portata anche in Europa, ha ricordato Prodi ma ci fu qualche problema applicativo, “perchè i prosciutti spagnoli sono molto più costosi dei nostri…”

“Ricomporre un’omogeneità di pensiero – afferma Prodi, tornando alla politica nel centrosinistra – dentro uno schieramento è in fondo il problema che abbiamo ancora oggi, non è cambiato. Con l’Ulivo avevamo messo insieme l’Italia divisa dal muro di Berlino. Anche oggi abbiamo bisogno di quella semplicità. Abbiamo messo insieme chi pensava allo stesso modo anche grazie alla legge maggioritaria, oggi io sono rimasto fra i pochi fedeli a questo sistema di voto, se avessimo una legge elettorale come quella francese saremmo ben più forti della Francia, invece non è stato così”. “Il momento che mi ha fatto capire il vero dramma italiano – ha ricordato il professore – è stata la visita a Bonn dal cancelliere tedesco Kohl subito dopo la mia elezione. Dopo un lungo colloquio in grande sintonia, mi chiese: chi viene la prossima volta? E questo il vero problema dell’Italia, la discontinuità e la frammentazione. Attenzione, che i regimi autoritari ci stanno facendo le scarpe in tante parti del mondo. Fino a qualche anno fa il sistema democratico era rispettato anche da un paese come la Cina, oggi invece si rimprovera sempre più l’incapacità delle democrazie di dare l’esempio, di migliorare la vita di un paese. Vediamo la Turchia, la Russia, la stessa Cina, mezza Africa che si stanno spostando verso regimi autoritari”.

Prodi Bersani

Dal mondo riflettori spostati sull’Italia di queste settimane e sul dibattito in vista dell’elezione del presidente della Repubblica. “Più che un dibattito è un casino – lo stronca con schiettezza Prodi – una specie di gioco. Quello che dobbiamo fare è ascoltare con attenzione il discorso di Mattarella dell’ultimo dell’anno. Darà un’indicazione importante. Credo che per scegliere il suo successore serva una vasta maggioranza e più ampia è, meglio è. Serve una persona integerrima, mentre nelle schermaglie di questi giorni siamo lontanissimi da questo discorso. Mi aspetto un dialogo fra tutte le forze politiche per trovare un presidente in grado rispondere alle caratteristiche che ho detto prima. L’accordo tra i partiti è indispensabile”. “Cosa farà Mario Draghi – ha proseguito – lo deve decidere lui, non ho idea di che intenzioni abbia. Ci sono due prospettive diverse per lui, o ancora al governo per un anno, o sette anni come garante della Repubblica. Sono due prospettive entrambe utili. Sono convinto che la legislatura finirà al tempo giusto. Il parlamento farà di tutto per durare per diverse ragioni e lo fará legittimamente”.

“Per le elezioni del Quirinale ci vorrebbe un paese normale senza l’idea di essere sempre in emergenza” – dice Bersani. “E quindi la consapevolezza che un presidente dura sette anni, occorre una persona che sia integerrima perché con la sua elezione si dá prima di tutto un messaggio al Paese. Anche alle persone che non frequentano la politica. Serve una guida morale per l’Italia, attenzione invece a un inciucio al ribasso. Draghi va avanti a fare il premier se si trova un presidente così”. “La destra politica non ha la stessa idea di presidente – ha messo in guardia – della sinistra, non lo intende come noi, una figura autorevole e che sappia anche dirigere il traffico, da rispettare quando, come è accaduto con Mattarella, interviene sulle leggi e le rispedisce indietro al governo. La destra non ha questa idea della presidenza, è meno esigente e può pensare di farlo eleggere da sola. In attesa di capire occorre cercare tutti insieme una figura prendendo l’iniziativa, perché mi pare che il livello della discussione sia stato finora troppo basso”.

Prodi Bersani

E ancora un riflessione sullo scarso peso internazionale dell’Italia, se non in una dimensione europea. “Per come stanno andando i prezzi dell’energia oggi è un suicidio – ha fatto notare Prodi – non sfruttare i giacimenti gas naturale nell’Adriatico per ragioni ambientali, per questo serve un approccio riformista nel nostro paese contro il populismo. In politica internazionale non si va da nessuna parte senza l’Unione Europea, la mia passione europea non è qualcosa di astratto, ma serve per difendere gli interessi italiani nel Mediterraneo e garantirci il minimo vitale. Per rilanciare una politica comune europea, credo sia stato utile l’accordo franco-italiano che va esteso anche alla Germania, a maggior ragione dopo la Brexit e il Covid. I francesi potrebbero essere arbitri della politica estera col loro seggio all’Onu che dovrebbero far diventare seggio europeo. Anche loro sarebbero più forti così, se non avessero in politica estera lo sguardo nello specchio retrovisore”.

Prodi Bersani

E alla fine non potevano mancare le considerazioni sullo stato di salute del centrosinistra. “Abbiamo alle spalle l’esperienza dell’Ulivo rimasta incompiuta – ha spiegato Bersani – tra opposte pulsioni, da un lato i partiti e dall’altro un ulivismo intransigente. C’è un mondo più largo di centrosinistra nella società della somma delle forze politiche, e si vince soltanto mettendo un po’ di novità. A questo bisogno di novità si risponde con un programma ampio e su temi aperti, primo fra tutti, il lavoro. Questa chiamata spetta al partito più grande, il Pd. Oggi manca l’iniziativa mentre non serve una discussione su chi ci sta. Abbiamo salari fermi con l’aumento del costo della vita, dobbiamo dare una risposta a chi ha fatto sciopero ieri. Serve un’iniziativa che agganci il tema sociale e del lavoro, serve una cultura e una piattaforma comune da cui partire”. E alla domanda sul perchè Bersani non rientra tra i dem, la risposta la dà Prodi con un altro quesito retorico: “Perché non è nel Pd Bersani?”. “Se servisse alla ditta che Bersani entrasse nel Pd – aggiunge l’ex ministro – lo farei domani mattina, ma serve un elemento di novità a partire dal concreto, per organizzare una ricomposizione della sinistra plurale”. Prodi dice la sua sul “campo largo”: “La mossa necessaria è quella di coinvolgere le persone nella discussione. Oggi c’è un distacco amplissimo da colmare, guardiamo solo alla distanza dei parlamentari dal territorio. Vanno coinvolte le persone su poche cose ma molto precise. Lo spazio per ricostruire questo c’è, c’è uno spazio costruttivo per una nuova alleanza, ma occorre tornare a fare politica”.

Infine la “vicenda dei 101” voti mancati a Prodi nell’elezione al Quirinale, rievocata così da Bersani: “Non è vero che non ci fu una votazione nel gruppo del Pd, avevo preparato le schede ma quando proposi il nome di Prodi, ci fu un’ovazione. Allora pretesi almeno un’alzata di mano. E fu unanime”. Sappiamo come è andata a finire. “Ci fu un elemento di complotto – afferma Bersani – per fare fuori me e sbarrare la strada a Prodi al Quirinale. Ma ricordiamo che in quella fase particolare si sommarono troppe questioni e non solo la vicenda dell’elezione del Presidente della Repubblica. Col senno di poi non bisogna cacciarsi in un ingorgo come ci fu allora. Anche oggi stiamo attenti a non andarci a cercare il freddo nel letto…” La conclusione di Prodi è proiettata sul futuro: “Abbiamo vinto con l’Ulivo perchè abbiamo fatto la politica che Berlusconi e alleati non si aspettavano, parlando con tutti, girando tutta l’Italia. Bisogna ricostruire questo modo di fare politica, ma bisogna fare in fretta perché la democrazia si restringe e l’Europa è l’unica salvezza. Anche per l’Italia”.

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