“A creare confusione anni di tagli alla sanità, non l’ordinanza del sindaco di Ferriere”

Ha fatto decisamente discutere la simbolica ordinanza del sindaco di Ferriere con il divieto ai cittadini di ammalarsi dopo la scelta dell’azienda sanitaria di accorpare temporaneamente la guardia medica del paese con quella di Bettola; una presa di posizione alla quale ha risposto la Prefettura, invitando a non confondere ulteriormente collettività “in tempi già difficili”. Da questa vicenda prende le mosse la riflessione del Coordinamento provinciale dei comitati su salute e medicina territoriale, che interviene sulla vicenda: “In realtà la confusione è già grande di per sé – affermano – e l’iniziativa del Comune di Ferriere andrebbe semmai letta come denuncia di questa confusione”.

“Una confusione (quella legata alla carenza di personale) – sostengono i comitati – che certamente nasce dall’emergenza Covid ma, non dimentichiamolo, anche da anni di politiche di taglio alla sanità, di tetti (nazionali e regionali) alle assunzioni, da anni di numero chiuso alle facoltà di medicina, da condizioni contrattuali che hanno portato migliaia di giovani medici ed infermieri diplomati a cercare lavoro all’estero o nella sempre maggiore presenza della sanità privata. Se è lecito intervenire, come ha fatto la Prefettura, per evitare che aumenti la confusione tra la popolazione è bene quindi non dimenticare da cosa questa confusione è stata generata negli ultimi anni. Non ultimo un piano sociosanitario provinciale (quello approvato nel 2017) i cui limiti sono periodicamente sottolineati da diverse amministrazioni locali (quando devono rendere conto ai loro cittadini delle ricadute negative di questo piano sulla loro realtà locale), e che lo stesso Ministro Speranza, nella sua ultima visita nel piacentino, avevo denunciato come “Jurassico”. Peccato che poi nulla si sia mosso concretamente per rimettere veramente mano a quel piano sociosanitario (tutt’ora in vigore) che richiederebbe invece una urgente revisione sopratutto sulla rete ospedaliera, sulla medicina territoriale e sulla effettiva integrazione tra i due livelli”.

“Se una urgenza c’è oggi – proseguono – è quella di riaprire un serio confronto sulle scelte di investimento per i prossimi anni. Di fronte alle fragilità con cui oggi ci confrontiamo non serve affidarsi solo al progetto di nuovo ospedale, per altro pronto se va bene fra non meno di 10 anni (con conseguente riconversione e ridimensionamento degli altri), ma rimettere subito in condizioni di operare al meglio i 4 centri sanitari (ospedali di Piacenza, Castel San Giovanni, Fiorenzuola, Bobbio) attorno a cui creare quella rete di medicina territoriale che non può basarsi solo sulla presenza dei medici di medicina generale. La confusione vera, quella che andrebbe risolta, nasce dalla riduzione della copertura sanitaria del servizio pubblico, che non è causata solo dall’emergenza Covid (semmai l’ha resa ancor più evidente), ma da scelte nazionali, regionali, di piano provinciale che bisogna avere il coraggio di cambiare”.

“Sappiamo ora – concludono – che il prossimo 11 gennaio è convocata una seduta della conferenza sociosanitaria provinciale con all’ordine del giorno una prima discussione sull’utilizzo dei fondi del PNRR e una risposta alle recenti polemiche sulle guardie mediche sospese e sul pronto soccorso di Castel San Giovanni. C’è da augurarsi che in questa seduta si provi ad aprire ad una visione più generale capace di ripensare al piano provinciale per portarlo a rispondere più direttamente ai bisogni che il territorio esprime, oggi (potenziando le strutture già esistenti) e non fra 10 anni (con un nuovo ospedale che concentrerà sul solo capoluogo la maggior parte degli interventi)”.

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