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Covid, cibo e giovani “Meno socialità, ma più attenzione all’etichetta e alle tradizioni”

A ormai due anni dall’inizio della pandemia è evidente come lo “tsunami” covid abbia impattato su molteplici dinamiche ed ambiti della nostra vita. Tra questi ci sono anche le abitudini alimentari, cambiate, giocoforza, dalla serie di limitazioni alla socialità e dai vari lockdown che la diffusione del virus ha imposto.

Una ricerca promossa dall’Università Cattolica del Sacro Cuore – in sinergia con l’Anbi, il Crea (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e analisi dell’economia agraria – Ministero Politiche Agricole) e il Consorzio di Bonifica di Piacenza – ha provato a far luce proprio su questo aspetto, focalizzandosi in particolare sul mondo dei giovani. L’approfondito monitoraggio, rinominato “Food mood – i nuovi atteggiamenti degli adolescenti nei confronti del cibo nell’era del covid 19”, è stato presentato (GUARDALO QUI) in anteprima nazionale nella mattinata del 27 gennaio presso la Sala G.Piana dell’Università Cattolica di Piacenza, in occasione, tra le altre cose, della firma della Convenzione triennale per la Ricerca Scientifica siglata tra Cattolica, Anbi Emilia Romagna e Crea.

Ad illustrare i contenuti dell’indagine è stato Edoardo Fornari, docente della Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali – Università Cattolica del Sacro Cuore. “In questa ricerca abbiamo ottenuto una “prima ondata” di risultati, l’obiettivo è quello di consolidarli e approfondirli nei prossimi mesi – ha esordito -. Lo studio si è basato su un questionario strutturato che racconta il profilo degli adolescenti intervistati, tra maggio e giugno 2021,  tutti frequentanti le scuole dell’Emilia Romagna. Hanno risposto al questionario 482 ragazzi, di età tra i 14 e i 19 anni, prevalentemente femmine (65%), con una dominanza di persone che frequentano licei (77%), mentre solo l’8% istituti professionali e il 15% istituti tecnici. Il 46,7 % degli intervistati vive in provincia di Piacenza, che è la più rappresentata”. “Il questionario – ha proseguito Fornari – aveva più di 40 domande che indagavano diversi aspetti della questione. La domanda di ricerca fondamentale è però stata “Rispetto a prima della pandemia covid hai cambiato le tue abitudini alimentari?“. Il 54% ha risposto sì, il 46% no. Insomma, una quota importante ha dichiarato in modo esplicito che ciò è avvenuto. Ci siamo quindi chiesti se sono cambiate in meglio o in peggio, e, in questo senso, è emerso un quadro tra luci e ombre”.

Una “dieta digitale” sempre più ricca – “Tra gli aspetti che consideriamo negativi – ha spiegato, entrando nel dettaglio Fornari – c’è quello che si lega al tempo sempre maggiore dedicato dagli adolescenti all’utilizzo del digitale. Dall’indagine è emerso che con il covid i giovani trascorrono in media 8,46 ore giornaliere sui vari “media”: circa la metà del tempo è impiegato per navigare su internet; 1:42 ore per chattare, 40 minuti per i videogame, 1:05 ore per fare telefonate e chiamate, 1:04 ore per guardare la televisione. Cosa c’entra tutto ciò con il cibo? – si è domandato Fornari -. Ebbene, questo rilevante utilizzo del digitale impatta anche sulle regole della socialità e della convivialità tipiche del cibo. A causa dei vari lockdown ci sono state infatti  meno cene e meno riunioni gastronomiche con gli amici e più tempo speso a relazionarsi in modo virtuale. Questo ha comportato una situazione per cui per la maggior parte dei ragazzi il cibo è visto come un aspetto strettamente funzionale e di necessità, come mero nutrimento. E’ come se si fosse ridimensionata la parte conviviale ed edonistica del cibo, quella che si sviluppava principalmente fuori dalle mura di casa, al bar o al ristorante”.

“I giovani non fanno più colazione” – “Un altro aspetto negativo – ha proseguito -, quello probabilmente più preoccupante, è l’abitudine, che già c’era prima del covid e che ora si sta consolidando, di non fare più più la prima colazione. Questi ragazzi adolescenti, infatti, tendono a concentrare il fabbisogno energetico in altro momento della giornata, a pranzo e cena, con il 25% di loro che rinuncia alla prima colazione. Un pasto in realtà fondamentale per l’equilibrio nutrizionale della giornata e per la salute complessiva”. Ma la pandemia ha portato alla luce anche tendenze positive. “Tra queste – ha spiegato Fornari -, c’è il recupero di una socialità domestica prima carente. Con la reclusione forzata, infatti, è aumentata l’abitudine alla condivisione del pasto a tavola con la famiglia: in questo senso il 95,8% degli intervistati ha dichiarato di consumare i pasti in compagnia“.

“Più attenzione all’etichetta e alla salute” – “Un secondo aspetto interessante e positivo è quello che evidenzia una maggiore attenzione nei confronti della cosiddetta “food safety”: i ragazzi sono ‘spaventati’ e quindi sono più attenti a leggere l’etichetta, a dare un valore alla provenienza dei prodotti. Questo fa il paio con una diffusa propensione ad adottare comportamenti di carattere salutistico. Il 42% ha dichiarato che rispetto al pre-covid mangia più salutare, mentre il 14,3 meno salutare. Il 18,5% ha detto che mangia di più, il 23,2% che mangia di meno. Un fenomeno che si accompagna alla buona abitudine di fare sport: l’80% degli intervistati ha dichiarato di svolgere attività fisica almeno una volta a settimana. Il tutto accompagnato da una buona adesione ai principi virtuosi della dieta mediterranea”.

“Gli adolescenti stanno riscoprendo le nostre eccellenze gastronomiche” –  Ma non solo. “Un altro elemento positivo emerso dallo studio – ha evidenziato il docente della Cattolica – è quello che prefigura una bella riscoperta dei prodotti tipici dell’Emilia Romagna, in particolare i nostri grandi salumi e formaggi, con una chiara percezione da parte dei ragazzi che questi prodotti hanno una superiorità qualitativa rispetto ad alimenti simili presenti sul mercato. E’ come se il terremoto della pandemia abbia avuto l’effetto di rinsaldare le fondamenta di una sorta di ponte generazionale tra nonni, genitori ed adolescenti stimolando un fenomeno di ritorno alle radici enogastronomiche che ha generato rassicurazione e senso di comunità, rendendoci più forti dal punto di vista psicologico”.

Prospettive future – La ricerca è solo un primo tassello di un lungo percorso. “L’obiettivo è quello di andare avanti nelle analisi, poiché riteniamo che queste prime evidenze possano rappresentare un territorio fertile per ulteriori approfondimenti – ha affermato Fornari -. I dati acquisiti fino ad ora ci mostrano campanelli d’allarme ed elementi di speranza, ma per avere più certezze prima di tutto bisognerà capire quanto durerà l’emergenza. Tra questi ragazzi c’è grande maturità e consapevolezza, la maggior parte di loro dice che si tornerà alla normalità ma ci vorrà tempo: significa che questa crisi ci ha segnato in modo sostanziale”.

All’incontro – moderato dal giornalista Andrea Gavazzoli –  erano presenti anche Marco Trevisan, Preside della Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali – Università Cattolica del Sacro Cuore; Mauro Balordi, Direttore della sede di Piacenza e Cremona – Università Cattolica del Sacro Cuore; Emanuele Marconi, Direttore di CREA – Alimenti e Nutrizione; Francesco Vincenzi, Presidente di ANBI nazionale; Luigi Bisi, Presidente del Consorzio di Bonifica di Piacenza; Laura Rossi, Specialista in Scienza della Alimentazione di CREA – Alimenti e Nutrizione; Angela Ragnetti, Psicologa clinica e psicoterapeuta; Maria Teresa Andena, Presidente della Rete degli Istituti Agrari Regione Emilia-Romagna; Francesco Orlando, Agronomo, dirigente tecnico MI/MUR in quiescenza.

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