Al Municipale le splendide voci de “La Favorita” di Donizetti fotogallery

La Favorita di Gaetano Donizetti è tornata al Municipale dove mancava da 40 anni quando ospitò una edizione indimenticabile per la presenza di quell’Alfredo Kraus che, riteniamo, sia stato, se non il più grande, senz’altro tra i più grandi interpreti di Fernando, il protagonista dell’opera. La precedente rappresentazione avvenne nel ’42, esattamente 40 anni prima. Nel rispetto del ciclo, la prossima la rivedremo nel ’62; fortunati, dunque, coloro che potranno assistere a questo capolavoro paradossalmente vittima di ogni genere di vessazione, sia per opportune correzione dei compositori che per sfuggire alla censura in quei tempi molto agguerrita sia per motivi religiosi che politici.

Così l’opera subì tagli, rimaneggiamenti, atti aggiunti, balletti diversi ed infine una traduzione in lingua italiana non da tutti condivisa in quanto, secondo gli esperti, penalizza alcune sfumature vocali e musicali tipiche della lingua francese. Perfino il giovane Wagner attinse le mani nella partitura della 64esima (delle 76) opera del geniale Donizetti accettando di ridurla per canto e pianoforte. Addirittura si cambiò nome all’opera che da “Ange de Nisida” (che non andò in scena perchè prima fallì il teatro – La Rinassaince – che l’aveva commissionata) divenne “La Favorita”. Così andò in scena per la prima volta all’Opera di Parigi il 2 dicembre del 1840 dopo solo tre mesi di gestazione ottenendo un esaltante successo che si ripetè per tutto il secolo. Quando varcò i confini e venne in italiano subì una revisione del libretto e quindi delle parole, revisione che, secondi i critici, era addirittura più gradevole di quella originale il cui libretto aveva visto la partecipazione di tre celebri letterati quali Gustave Vaez. Alphonse Royer ed Eugene Scribe.

Quella presentata al Municipale è un altro esempio di Favorita decisamente singolare, con scene e costumi ben lontani da quelli originali secondo un vizio attuale dei registi che intendono stravolgere l’epoca ed i colori della vicenda indirizzandola in significati discutibili che, a nostro modesto avviso, allontanano lo spettatore dalla bellezza originale dell’opera impregnata di intenso e simbolo del romanticismo. Del Monastero di San Giacomo di Compostela o del palazzo e dei giardimi del re di Castiglia Alfonso XI nessuna traccia, ma solo un ambiente ospedaliero dove i personaggi vengono introdotti su barelle e quindi vestiti con costumi che dovrebbero rappresentare la figura del personaggio. Il tutto davanti a due tribunette dove siedono i coristi nelle parti di monaci o cortigiani. A qualcuno, di grado culturale superiore al nostro, questo allestimento sarà piaciuto, ma coloro che ci hanno avvicinato (non pochi) hanno tutti espresso pareri negativi come testimoniano alcuni “BUU” finali provenienti dal loggione o galleria.

Fortunatamente musica e parole dell’opera donizettiana sono state rispettate e così, grazie alle splendide voci degli interpreti e dell’impegno dell’orchestra Filarmonica Italiana diretta con notevole sensibilità artistica ed apprezzabile vigore dal maestro Matteo Beltrami, il pubblico ha potuto appagare i suoi gusti musicali perchè Donizetti ha il potere di toccare le corde più delicate del gusto. Gli interpreti vocali hanno fatto gara a superarsi in bravura ed intensità vocale. Tutti hanno ricevuti applausi a scena aperta; se per il baritono Simone Piazzola (solitamente presente in tutti i più celebri teatri del mondo) si è trattato di una conferma della sua notevole capacità di canto unitamente ad un timbro vocale pieno, ben educato in tutti i registri e nei legati denotando anche progressi tecnici rispetto le sue ultime e frequenti esibizioni al Municipale; se per il tenore spagnolo Celso Albelo si è trattato di una conferma delle sue eccellenti potenzialità che trovano massima espressione negli acuti sicuri e squillanti e ben modulati, con convincente partecipazione specie nell’ultimo atto, a noi è piaciuta in modo particolare la Leonora della piacentina Anna Maria Chiuri che ha saputo superare le difficoltà della parte con esperienza, moderando talvolta la potenza vocale in favore di una approfondita sensibilità in onore di quella vena romantica che dovrebbe caratterizzare tutta l’opera. Sempre tra i personaggi femminili, molto convincente per pulizia di canto e per purezza della voce la piacentina Renata Campanella in continua crescita ed ormai matura per ruoli importanti.

La piacevole sorpresa della serata è stato per noi il giovane basso coreano Simon Lim. Bella presenza scenica, voce imponente, chiara e profonda su ogni registro: Se l’è cavata davvero bene con autorità e sicurezza. Crediamo e speriamo di rivederlo ancora presto al Municipale. Così come il nostro giovane tenore piacentino di Codogno Andrea Galli: il suo timbro vocale è ancora in evoluzione, ma l’aitante ragazzo rivela talento e buone estensioni; inoltre è in continua crescita e sarà interessante seguirlo perchè potrebbe dare presto confortanti soddisfazioni. Infine rimane il coro del Teatro Municipale di Piacenza diretto da Corrado Casati, un autentico fiore all’occhiello per il nostro teatro. Questo complesso ha raggiunto un livello tale da poter essere considerato un’eccellenza del nostro teatro e le sue prestazioni non sorprendono più. Per la cronaca teatro pieno, ma non esaurito; generoso nell’applauso, ma non entusiasta. Domenica si replica con inizio alle ore 15,30.

TRAMA dell’opera. Nel Monastero di San Giacomo di Compostela attorno all’anno 1340 kil novisio Don Fernando rivela al priore Don Baldassarre di aver incontrato una splendida donna e di esserne innamorato. Pertanto abbandonerà il convento per andarla a cercare. Grazie alla collaborazione di Ines, amica di Leonora, riesce ad incontrare la donna amata: i due confessano il loro amore al momento irrealizzabile, in quanto la donna fa parte della corte del re Alfonso XI di cui, in realtà, è la concubina favorita, tanto che il re vorrebbe rinunciare alla moglie e sposare lei, Leonora…Fernando dovrà alzare il suo rango per poter aspirare ad una tale nobildonna ed allora si dà alle conquiste belliche. In una di queste battaglie salva la vita al re Alfonso che, per riconoscenza, gli concede la mano di Leonora per ritornare dalla moglie e quindi placare l’ira del Papa che non poteva accettare il ripudio della nobile moglie: Don Fernando non conosce il ruolo dell’amata credendola una nobildonna illibata. Leonora vuole dirgli tutta la verità ma, per un contrattempo, a Fernando arriva prima il “pettegolezzo”; per cui si sente tradito e si allontana da Leonora che ritrova in un convento con padre Baldassarre. Leonora chiede perdono a Fernando spiegando i fatti. Fernando la perdona, ma ormai Leonora è fisicamente sfinita e muore tra le sue braccia.

Luigi Carini

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