“In Procura accesso negato senza Green Pass, fatto grave e che deve far riflettere”

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“Un episodio grave e che deve far riflettere”. Così un gruppo di avvocati piacentini commenta ciò che è avvenuto lo scorso primo febbraio, quando – riferiscono – “una decina di cittadini, recatisi presso la Procura di Piacenza per il deposito di alcune querele, si sono visti negare l’accesso a causa della mancata esibizione del certificato verde. Ad attendere questi cittadini che, a giudicare dai video che circolano in rete, sono stati assolutamente pacifici, collaborativi e meramente desiderosi di far valere propri diritti costituzionalmente protetti, vi era addirittura personale DIGOS”.

“Nella nostra veste di giuristi e di chi, dunque, in qualità di appartenente all’Avvocatura, riveste un ruolo sociale di salvaguardia della legalità e dello stato di diritto – scrivono i professionisti -, non nascondiamo viva preoccupazione per quelli che non possiamo che ravvisare come pericolosi segnali di ingravescente autoritarismo, che rischiano di cronicizzare, in un graduale ed inesorabile soffocamento dei diritti civili primari, quali, per l’appunto, l’accesso alla giustizia. Nello specifico contesto, riteniamo arbitraria e illegittima la decisione di attivare procedure di verifica delle certificazioni verdi Covid19 al di fuori dell’alveo precettivo, col rischio, così facendo, di codificare un vizio operativo ultra petitum attraverso l’indebita estensione dell’ambito di applicazione del D.L. 1/2022″.

“Il diniego opposto all’accesso a soggetti privi di Green pass base risulta, invero, del tutto infondato – affermano -. Basti esaminare il testo dell’art. 1, comma 1, lett. d) del DPCM 21 gennaio 2022, che trascriviamo per mera comodità di lettura, nella parte che viene in considerazione: “[…] Le esigenze essenziali e primarie della persona per far  fronte alle quali, nell’ambito dei servizi e delle attività che si svolgono al chiuso di cui al comma 1-bis, lettera b), non è richiesto il possesso di una delle certificazioni verdi COVID-19, di cui  all’art. 9, comma 2, del medesimo decreto legge, sono le seguenti: […] d) esigenze di giustizia, per le quali e’  consentito l’accesso agli uffici  giudiziari e agli uffici dei servizi sociosanitari esclusivamente per la presentazione indifferibile e urgente di denunzie da parte di soggetti vittime di reati o di richieste di interventi giudiziari a tutela di persone minori di età o incapaci, nonché per consentire lo svolgimento di attività di indagine o giurisdizionale per cui è necessaria la presenza della persona convocata”.

“Non riteniamo di spendere parola in merito al rilievo che tanto l’indifferibilità che l’urgenza di una denuncia non possa certo essere valutata a priori, e senza nemmeno conoscerne il contenuto – cosa che, ovviamente, nemmeno gli è consentita – da un usciere o da una guardia giurata posta all’ingresso degli uffici della Procura. Auspichiamo, pertanto – concludono -, un ritorno al pieno rispetto di quel “patto di lealtà sociale” che lega il popolo alle proprie istituzioni, il cui ruolo di servizio – funzionale alle esigenze democratiche – mai dovrebbe essere offuscato da pericolose derive autoritarie”.

In merito all’episodio, gli avvocati hanno scritto una lettera al Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Piacenza. Di seguito il testo completo e i firmatari della missiva.

Caro Presidente, i sottoscriventi intendono portare alla Tua attenzione quanto occorso nella mattinata del 1° febbraio, all’ingresso degli Uffici della Procura della Repubblica presso il nostro Tribunale; trattasi di episodio la cui gravità riteniamo meriti attenta e ponderata valutazione da parte di chi, come l’avvocatura, riveste un ruolo sociale di salvaguardia della legalità. In estrema sintesi, un gruppo di cittadini, in attesa di poter accedere agli Uffici della Procura per il deposito di denunce penali, è stato costretto a rinunciare all’esercizio del proprio diritto, garantito dall’art. 24 della Costituzione, vedendosi precluso l’accesso dal personale della Vigilanza. Più precisamente, in tarda mattinata verso le 11.00/11.30, dunque in orario di apertura al pubblico, l’accesso alla Procura da parte dei suddetti è stato illegittimamente subordinato all’esibizione di certificazione verde Covid19. Alla richiesta di spiegazioni è stato risposto dal personale di vigilanza addetto che l’ordine proveniva dalla Presidenza. In effetti, a ben vedere, la circolare a firma congiunta del Presidente del Tribunale e del Procuratore della Repubblica del 12 gennaio u.s., al punto 2), recita che “con decorrenza dal 1° febbraio e sino alla cessazione dello stato di emergenza sanitaria l’accesso agli uffici giudiziari del Tribunale e della Procura della Repubblica da parte del pubblico e dell’utenza non professionale è subordinato al possesso all’esibizione, a richiesta del personale di vigilanza, della certificazione verde Covid-19 (green pass) base.

Tale disposizione si pone in palese contrasto con il punto n. 5 della stessa circolare che prevede espressamente che “sono esentati da tutti i controlli ut supra i testimoni e le parti dei procedimenti civili nonché l’indagato, l’imputato, la persona offesa, il responsabile civile e le persone informate sui fatti dei procedimenti penali”, nonché con l’art. 9 sexies del D.L. 52/2021, così come modificato dal D.L. 1/2022, che espressamente esclude l’uso del green pass per i testimoni e per le parti del processo. Sotto altro profilo, lascia perplessi che, nella circostanza, a respingere cittadini, assolutamente pacifici, collaborativi e meramente intenzionati a far valere propri diritti costituzionalmente protetti, era schierato in forza personale DIGOS, della cui presenza in loco chiediamo vengano fornite opportune spiegazioni, difettando nella maniera più assoluta presupposti di rischio per l’ordine pubblico. Nella nostra veste di giuristi non possiamo nascondere viva preoccupazione per quelli che non possiamo che ravvisare come pericolosi segnali di ingravescente autoritarismo, che rischiano di cronicizzare in un graduale ed inesorabile soffocamento dei diritti civili primari, quali, per l’appunto, l’accesso alla giustizia.

Nello specifico contesto, riteniamo arbitraria e illegittima la decisione di attivare procedure di verifica delle certificazioni verdi Covid19 al di fuori dell’alveo precettivo, col rischio, così facendo, di codificare un vizio operativo ultra petitum attraverso l’indebita estensione dell’ambito di applicazione del D.L. 1/2022 e dalla sua normativa applicativa secondaria. Pur volendo prescindere – cosa che, in realtà, ci riesce difficile – dalla natura del tutto secondaria, rispetto a precetti costituzionali, di una normativa quale un decreto del Presidente del Consiglio, anche a volerci attenere strettamente al testo normativo, il diniego opposto all’accesso a soggetti privi di Green pass base è del tutto infondato, se solo si esamina il testo dell’art. 1 comma 1 del D.P.C.M. 21 gennaio 2022, che trascriviamo, per mera comodità di lettura, nella parte che viene in considerazione: “ 1. Ai sensi dell’art. 9-bis, comma 1-bis, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, del 2021, fermo restando quanto disposto dall’art. 9-sexies, comma 8, del medesimo decreto-legge, nonché quanto previsto dagli articoli 7 e 8, del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221 e dall’art. 1, del decretolegge 30 dicembre 2021, n. 229, le esigenze essenziali e primarie della persona per far fronte alle quali, nell’ambito dei servizi e delle attività che si svolgono al chiuso di cui al comma 1-bis, lettera b), non è richiesto il possesso di una delle certificazioni verdi COVID19, di cui all’art. 9, comma 2, del medesimo decreto legge, sono le seguenti: omissis c) esigenze di sicurezza, per le quali è consentito l’accesso agli uffici aperti al pubblico delle Forze di polizia e delle polizie locali, allo scopo di assicurare lo svolgimento delle attività istituzionali indifferibili, nonché quelle di prevenzione e repressione degli illeciti; d) esigenze di giustizia, per le quali è consentito l’accesso agli uffici giudiziari e agli uffici dei servizi sociosanitari esclusivamente per la presentazione indifferibile e urgente di denunzie da parte di soggetti vittime di reati o di richieste di interventi giudiziari a tutela di persone minori di età o incapaci, nonché’ per consentire lo svolgimento di attività di indagine o giurisdizionale per cui è necessaria la presenza della persona convocata”. Non riteniamo di spendere parole in merito al rilievo che il carattere di indifferibilità e di urgenza di una denuncia penale non possa certo essere valutato a priori e senza nemmeno conoscerne il contenuto – cosa che, ovviamente, nemmeno gli è consentita – da un usciere o da una guardia giurata posta all’ingresso degli uffici della Procura! Ferma restando la libera facoltà di ciascuno dei cittadini che, ritenendosi vittima di un ingiustificato trattamento discriminatorio, intenda valutare opportune azioni a tutela delle proprie ragioni, da parte nostra, nella richiamata funzione di custodi della cultura giuridica democratica, sollecitiamo una decisa e doverosa presa di posizione dell’Ordine forense di appartenenza, diretta a chiarire esattamente i confini entro i quali i vertici dei nostri Uffici Giudiziari intendano rendere operativa la vigente normativa emergenziale, attraverso un definitivo protocollo pubblico, reso accessibile alla cittadinanza.

Non senza auspicare, comunque, un ritorno al pieno rispetto di quel “patto di lealtà sociale” che lega il popolo sovrano alle proprie istituzioni, il cui ruolo di servizio, funzionale alle esigenze democratiche, mai dovrebbe essere offuscato da pericolose derive autoritarie. Cordialmente Ti salutiamo. Piacenza, 7 febbraio 2022.

Rosarita Mannina

Enrico Fornasari

Oscar Paperi

Silvia Felice

Flavia Motti

Carolina Arata

Emanuela Bisi

Sara Soresi

Giovanna Turchio

Patrizia Barletta

Stefania Falliva

Carlo Alberto Bosi

Cristina Villa

Jonathan Vignali

Maria Paola Longinotti

Patrizia Picciotti

Emiliano Lommi

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