“E’ ora di cambiare rotta: l’agricoltura va sostenuta, non demonizzata”

Intervento di Giampaolo Maloberti, consigliere della Provincia di Piacenza

La guerra in Ucraina ha contribuito, in modo esponenziale, ad evidenziare senza ombra di dubbio le problematiche relative alla carenza energetica del nostro Paese e all’aumento dei costi delle materie prime, con conseguente ed inevitabile lievitazione dei prezzi – anche al consumo – delle derrate alimentari. Questi processi, con tutte le loro criticità, ci hanno però richiamato all’insostituibilità dell’agricoltura, comparto a dir poco bistrattato negli ultimi 30 anni. Per troppo tempo gli agricoltori e gli allevatori sono stati visti solo ed esclusivamente come fonte di tutti i mali di cui soffre l’umanità.

Agricoltori dipinti come inquinatori seriali, agricoltori che sprecano l’acqua, allevamenti descritti come lager, emissioni fuori dalla norma. Il cosiddetto “benessere animale” è diventato un dogma per tutti coloro che non si rendono conto che, se gli animali non sono allevati in condizione di benessere, non sono in grado di produrre secondo i loro standard, ciò traducendosi inevitabilmente in una riduzione di profitto per gli allevatori che forti di questa convinzione hanno optato per scelte programmatiche ben precise – non solo per imposizione di legge e di normative in materia – abbattendo drasticamente l’asticella del consumo di farmaci. In questo ultimo periodo si riscopre, ascoltando i tg, che potrebbe mancare il grano duro per la pasta e quello tenero per il pane. Emerge – in modo chiaro ed inequivocabile – che mancano soia e girasole, non solo per l’alimentazione animale ma anche umana. Perfino il primo ministro Mario Draghi si rende conto che la Pac è sbagliata, e che per 30 anni siamo andati in una direzione estremamente controproducente.

Forse siamo ancora in tempo a cambiare rotta. Dovrebbe cambiare anche l’atteggiamento di colui che – in qualità di ministro dell’agricoltura prima e vice presidente della commissione agricoltura europea poi – per 20 anni ci ha indicato una rotta che si è rivelata completamente errata. La sua cieca obbedienza alla burocrazia europea, al sistema ipercentralista di Bruxelles si sono rilevati nefasti per la nostra agricoltura. Torni a bordo e veda di metterci una pezza. Aver rinunciato alla nostra sovranità alimentare è stato un errore madornale. Non coltivare una parte dei nostri terreni ci ha portato ad essere dipendenti da altri Paesi dal punto di vista alimentare. Quando ci si rende dipendenti da altri per il cibo, si è costretti ad accettare le altrui condizioni: non solo economiche, ma anche qualitative e di sicurezza alimentare.

Sfruttando a proprio vantaggio le correnti di pensiero che utilizzano l’immagine di Greta Thunberg, una ragazza forse in buonafede ma sicuramente strumentalizzata, le multinazionali del cibo sono riuscite nel loro intento: mettere in crisi il nostro settore agroalimentare. A Bruxelles c’è chi ha utilizzato ogni mezzo possibile per annientarci: quote latte, Dmv, normativa nitrati ne sono la dimostrazione. Si sono inventati anche termini tipo “Farm to Fork” per fuorviare l’opinione pubblica. Serviva forse l’Europa per sapere che le aziende agricole servono ad alimentarci. Le nostre filiere, le nostre Dop – Piacenza è l’unica provincia ad averne quattro, considerando anche il grana padano – sono la dimostrazione che l’agricoltura, assieme alle nostre industrie trasformatrici, produce cibo di altissima qualità: questo da sempre e per sempre, se sapremo difendere chi ci si dedica ogni giorno con fatica.

In piena crisi energetica è stato sufficiente rendersi conto che ci si può rifornire di biometano in un’azienda agricola in Val Trebbia per capire che i nostri allevamenti possono potenzialmente contribuire ad alleviarla. Non solo: il digestato derivante dalla trasformazione del letame e del liquame in energia è una valida alternativa all’utilizzo di concimi chimici, il cui prezzo d’acquisto aumentato in modo esponenziale ha fatto lievitare i costi di produzione. In un’ottica di sostenibilità ambientale ed economica – superando visioni ideologiche – pensando al futuro dell’agricoltura, consci che ne va della sopravvivenza delle aziende agricole, il digestato è una valida alternativa green ai fertilizzanti chimici. Per quanto riguarda la produzione di bioenergie – in particolare per la realtà piacentina – occorrerà privilegiare gli impianti che utilizzano i reflui zootecnici. Utilizzare mais a fini energetici – oltre ad avere un consumo idrico rilevante, un fattore la cui importanza ci viene sottolineata dal ripetersi e dall’aggravarsi di periodi di grave siccità – significherebbe sottrarre superfici a coltivazioni destinate all’alimentazione umana, come il pomodoro, il grano e lo stesso mais.

A questo punto, appurato che “è tutto sbagliato, è tutto da rifare”, chiediamo con forza che vengano sospese la revisione della Pac e l’entrata in vigore di obblighi ambientali legati al green deal. Stop quindi ad ogni applicazione di superfici a riposo e a obblighi di rotazioni: la sostenibilità ambientale è importante, tuttavia – vale per ora e varrà anche per il futuro – è irrinunciabile produrre cibo garantendo l’approvvigionamento di cibo agli italiani.

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di PiacenzaSera, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.