Piacenza e il biennio nero in “Un delitto fascista”, dedicato a Gaetano Lupi

Sono passati cento anni dall’uccisione di Gaetano Lupi, e la cooperativa che ancora oggi porta il suo nome ne ha celebrato l’anniversario.

Nella sede di via Taverna a Piacenza si è tenuta la presentazione del libro “Un delitto fascista” scritto da Mauro Ferri, giornalista di PiacenzaSera.it. Il volume, edito da Officine Gutenberg, ricostruisce il clima e le circostanze di un episodio che sconvolse l’intera città, proprio il 19 marzo di cento anni fa. Un appuntamento molto partecipato, che ha visto i contributi di Gianni D’Amo, presidente di CittàComune, Iara Meloni, ricercatrice storica presso l’università di Milano, Romano Repetti, presidente Anpi, e che ha visto anche la presenza dei candidati a sindaco Katia Tarasconi e Stefano Cugini.

Gaetano Lupi aveva 27 anni quando venne ucciso da un proiettile al cuore sotto la casa dei propri genitori. Era di famiglia socialista, valente vogatore della “Vittorino da Feltre”, e la sua morte suscitò un cordoglio vastissimo, come testimoniarono i funerali, composti e silenziosi, ai quali parteciparono tutti gli operai di Piacenza. Il libro, ha spiegato l’autore Mauro Ferri, dopo i saluti del presidente della cooperativa Luca Esposito, non vuole essere la soluzione di un ‘cold case’, visto che il delitto Lupi è rimasto senza un colpevole e i tre squadristi imputati nel processo vennero assolti. “Non ho voluto e potuto trovare un’altra verità giudiziaria – ha detto – ma questo è stato un delitto fascista perchè la responsabilità morale e, oggi possiamo dire anche quella storica, ricade sul movimento che di lì a pochi mesi avrebbe dato vita alla dittatura. Lo raccontano da soli i fatti”.

“Mauro in questo libro ha fatto un lavoro essenzialmente di giornalista – continua Gianni D’Amo, presidente di Cittàcomune, che ha curato la prefazione della pubblicazione – perché tiene le distanze nel raccontare la vicenda Lupi, anche dalle rispetto alle sue convinzioni personali, adottando la scelta di citare soprattutto le fonti locali. Emerge chiaramente che c’è stato, anche a Piacenza, un biennio nero che anticipa la marcia su Roma. E’ un aspetto di cui ci siamo accorti, come Cittàcomune, quando nel 2014 abbiamo dedicato un ciclo di incontri ai 90 anni dall’assassinio Matteotti. Ecco, esaminando quel periodo più a fondo, ci si rende davvero conto dell’avanzata del fascismo, perché per i contemporanei degli anni Venti non era così chiaro: facevano fatica a capire l’avanzata di questo movimento così violento e balordo. Soprattutto il fascismo delle origini, che aveva come fondatore un ex socialista, e che rappresentava una forma di lotta dal basso. Il problema è che i fascisti poi picchiavano gli operai e i braccianti, bruciavano le Camere del Lavoro e colpivano le realtà aggregative popolari, come le cooperative. Dire che il delitto Lupi è un delitto fascista, significa non voler esprimere giudizi sbrigativi ma che c’è ancora molto da capire di quel periodo”.

Su questo aspetto concorda anche Iara Meloni, ricercatrice storica. Ci si ritrova a parlare di antifascismo il 25 aprile, questo perché “la vittoria ha molti padri, mentre la sconfitta è orfana. E l’episodio di Lupi rappresenta una grande sconfitta, un omicidio annunciato che arriva al culmine di una serie di scontri nei quartieri periferici di Piacenza, con provocazioni nel ‘quartiere rosso’. Proprio questo aspetto era uno dei principali riti del fascismo, voler attaccare la socialità cooperativa, il voler stare insieme. Proprio qui, in questo quartiere, nasce il battaglione Cantarana, guidato da Emilio Canzi, degli Arditi del Popolo di Piacenza, e si è vista anche una grande partecipazione femminile delle donne nella lotta antifascista. Sfilano per le vie della città, cantando Bandiera Rossa, quando vengono arrestati i loro uomini, intervengono per difenderli. La cultura socialista ha permesso la costruzione di nuovo ruolo femminile, mentre il potestà di Piacenza, Bernardo Barbiellini Amidei, aveva detto chiaramente che le donne devono essere solo delle brave madri”. Ripercorrendo la storia dei primi anni Venti, emerge anche questa componente popolare dell’antifascismo, gli Arditi del Popolo, che non era legata ne’ al comunismo ne’ al socialismo, e che infatti veniva da questi guardata con sufficienza, ricorda Iara Meloni. “Sono stati Gianni d’Amo e i ragazzi del Comitato antifascista militante (presieduto da Paolo Belizzi, ndr), negli anni ’70, a riscoprire questa opposizione, con interviste dal basso”.

A concludere l’incontro è Romano Repetti, neo presidente Anpi di Piacenza. “Il merito di questo libro, che presentiamo oggi, non è solo l’aver ricostruito l’episodio in se’ dell’uccisione di Gaetano Lupi – dice -, quanto il clima di quegli anni. In particolare sono stato colpito dallo svolgimento del processo, nonostante la grande partecipazione ai funerali, segno di quanto i piacentini avessero capito la gravità di quanto accaduto. Nessuno aveva più il coraggio di andare a testimoniare, segno di come i fascisti avessero in mano la città, ben prima che prendessero il potere a livello nazionale. E’ la prima volta che ragioniamo del 1922. Vogliamo parlarne ancora, organizzando un convegno”.

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