Dopo l’ondata del virus, i piacentini si riprendono “speranza di vita”: 80,6 anni i maschi, 85,1 le femmine

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Le province più colpite dalla prima ondata dell’epidemia da covid conseguono straordinari “recuperi di sopravvivenza” nel 2021.

La provincia di Piacenza recupera ben 31 dei 39 mesi di speranza di vita ceduti nel 2020, così come Bergamo (43 su 44 perduti), Cremona (37 su 44) e Lodi (31 su 44). Nel 2021 il maschio piacentino ha speranza di vivere fino a 80,6 anni, contro i 77,6 del 2020, anno sconvolto dalla diffusione del virus. Per una donna la speranza di vivere nel 2021 si allunga a 85,1 anni,  contro gli 82,7 dell’anno precedente. Si tratta di valori assai più vicini a quelli della stagione “pre covid”: nel 2019 i maschi avevano una speranza di vita di 81,4 anni, mentre le femmine 85,5 anni.

Sono i numeri contenuti nell’ultimo rapporto demografico di Istat nel quale emergono alcune significative tendenze nazionali: rallenta il calo della popolazione: su base annua si passa a -4,3 per mille dal -6,8 per mille del 2020. La natalità arriva al minimo storico, con una mortalità alta ma in calo sul 2020: 7 neonati e 12 decessi per mille abitanti. i flussi migratori con l’estero sono in ripresa: il saldo è di +157 mila, pari a 2,7 per mille abitanti, circa il doppio del 2020 e superiore a quello del 2019. L’età media della popolazione è in rialzo: 46,2 anni al 1° gennaio 2022.

L’età media della popolazione piacentina è di 47 anni, più “anziana” dunque della media nazionale e anche di quella regionale, pari a 46,6 anni. Assai sconfonrtante il dato delle natalità del nostro territorio, che perde il 4,5 % nel 2021 in termini di nuove nascite. L’eta media delle donne che fanno un figlio è di 31,6 anni e il numero medio di figli per donna è di 1,24 (contro 1,29 del 2020 e l’1,43 del 2008).

L’analisi di Istat registra nel 2021 un aumento dell’eterogeneità territoriale, sotto forma di crescita delle distanze di sopravvivenza tra Nord e Mezzogiorno. In quest’ultima ripartizione, infatti, la speranza di vita alla nascita totale scende a 81,3 anni, evidenziando una perdita di 6 mesi che vanno a cumularsi ai 7 mesi ceduti nel 2020. Una spiegazione possibile del fenomeno riguarda i tempi di propagazione della pandemia. La prima ondata del 2020 ha colpito soprattutto il Nord mentre il Mezzogiorno è stato maggiormente coinvolto solo a partire dalla seconda, ossia nell’ultima parte dell’anno. Cosicché è verosimile che le persone più fragili residenti al Nord abbiano pagato il prezzo della vita prevalentemente nel 2020, quelle del Mezzogiorno nel 2021, con la terza e quarta ondata. Sotto tale punto di vista è esemplare il caso di molte province del Nord-ovest, le più colpite dalla prima ondata pandemica, che nel 2021 conseguono straordinari recuperi di sopravvivenza. La provincia di Bergamo, ad esempio, recupera nel 2021 ben 43 dei 44 mesi di speranza di vita ceduti nel 2020, così come Cremona (37 su 44), Piacenza (31 su 39) e Lodi (31 su 44).

Al contrario, molte realtà del Mezzogiorno che nel 2020 sono state minimamente o affatto toccate dalla pandemia, nel 2021 arretrano di molte posizioni. Illuminante è il caso della provincia di Agrigento, che al mese di vita guadagnato nel 2020 se ne vede sottrarre 19 nel 2021, al pari di quella di Caltanissetta che a un risultato positivo di 2 mesi in più contrappone una perdita di 14 mesi l’anno successivo. Non mancano nemmeno situazioni nelle quali a un quadro critico già emerso nel 2020 si assiste a un peggioramento l’anno dopo. Ad esempio, la provincia di Campobasso, con 15 mesi persi nel 2021 in aggiunta agli 11 già ceduti l’anno prima, e la provincia di Enna con 13 mesi di perdita in aggiunta agli 11 lasciati nel 2020.

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