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“La modella di Klimt” di Gabriele Dadati al centro dell’ultima conviviale del Rotary Fiorenzuola foto

Gruppo Piacentino

(distretto 2050)

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I soci del Rotary Club Fiorenzuola d’Arda, capitanati dalla Presidente Tiziana Meneghelli, si sono riuniti presso “La Finestra sul Po” di San Nazzaro di Monticelli d’Ongina, avendo come gradito ospite e relatore Gabriele Dadati, scrittore e storico dell’arte, che ha presentato il suo romanzo “La modella di Klimt. La vera storia del capolavoro ritrovato”. Meneghelli ha introdotto la serata ringraziando la famiglia Zangrandi per la sempre perfetta ospitalità e il Prefetto Fabio Tavazzani per l’impeccabile organizzazione della serata.

E’ passata quindi a rammentare alcuni degli ultimi impegni affrontati dal Club: le azioni di sostegno agli interventi di prevenzione Covid, gli interventi per l’emergenza Ucraina, la distribuzione nelle scuole della Val d’Arda del “Libricino per la pace e la speranza”, destinato ai bambini provenienti da quel Paese. Ha poi rammentato la spinta del Rotary all’impegno per il coinvolgimento e la messa in campo di azioni destinate ai giovani, in particolare gli scambi tra vari Paesi. Il Distretto ha fortemente indirizzato i Club al sostegno di “Azione Giovani”, tramite iniziative che aiutino studenti e i giovani a diventare leader preparati, incoraggiando interventi mirati a fornire reali opportunità e collaborazioni ( Ryla…Ryla Junior…Scambio Giovani…). Anche il Rotary Fiorenzuola si è attivato in materia, ospitando giovani e promuovendo periodi all’estero di ragazzi piacentini.

L’introduzione del Presidente all’argomento centrale della serata è stata preceduta da una osservazione: l’interesse per l’arte è argomento cruciale per il Club, basti pensare al focus attuale per le opere di Gustav Klimt (verrà organizzata la visita alla mostra), ma anche alle iniziative passate, volute per meglio guidare i soci in approfondimenti sulle opere del Guercino e del Pordenone.
Non certo rituale il ringraziamento rivolto poi a Gabriele Dadati, ospite d’onere ed autore, a detta di Meneghelli, di un romanzo che non permette l’abbandono della lettura, tanto lega il lettore ad una storia affascinante e coinvolgente. La Presidente ha voluto lasciare ai soci e ai loro ospiti una riflessione sul lavoro di un pittore, che non finisce con il suo quadro, ma confluisce negli occhi di chi lo guarda. “Un dipinto può comunicare tante cose sul suo autore, sul periodo, sulle idee…In una società sempre più propensa a sentire piuttosto che ad ascoltare, il messaggio proveniente da un’opera d’arte è un tesoro prezioso. Klimt ci insegna questo valore esortandoci a guardare oltre”.

La parola è quindi passata a Dadati, che ha ripercorso la “storia” del quadro oggetto del suo romanzo, appassionando tutti i presenti, per la qualità dell’intervento, ma anche per il trasporto personale, che traspariva con evidenza dalle sue parole. Siamo a dicembre 2019, a Piacenza, e Gabriele Dadati si trova a definire gli ultimi aspetti organizzativi della mostra di cui è curatore. Sono trascorsi dieci anni da quando è mancato il suo maestro ed amico, Stefano Fugazza, direttore della Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi, e la mostra è stata voluta per ricordare la sua figura. Dadati, il più stretto collaboratore dello studioso , viene avvisato di un incredibile ritrovamento: dopo 23 anni dal furto ricompare il “Ritratto di signora” di Gustav Klimt. Il dipinto era entrato nelle cronache nel 1996, quando si scoprì, grazie ad una geniale intuizione di Claudia Maga, all’epoca studentessa del “Colombini”, che Klimt aveva dipinto due volte la tela, lasciando però intatto il volto della “Signora”. Analizzando il quadro della “Ricci Oddi” la Maga si accorse infatti di similitudini con un’altra opera di Klimt, data per dispersa e raffigurata in un volume dei “Classici dell’Arte” pubblicato da Rizzoli, portato in visione dall’autore alla “Finestra”, per rendere palese quanto grande sia stata la scoperta della studentessa.

Dopo pochi mesi, il furto. Ne parlano lo «Spiegel», il «New York Times», «Le Figaro», e non solo. Passano gli anni e si arriva al ritrovamento, da molti letto come una sorta di azione risarcitoria tributata a Fugazza, che visse il furto con immenso dolore, tanto da non affrontare l’argomento nemmeno con Dadati. Ovviamente gli interrogativi dopo la “restituzione” dell’opera sono tanti e non banali: si tratta dell’originale? da chi e in che modo è stato restituito, visti i particolari del ritrovamento (in una nicchia piccola ed umida accessibile solo dall’esterno della “Ricci Oddi”)? Ed ecco dipanarsi la vicenda romanzata e gli interrogativi sottesi. Esiste un depositario della verità – nel romanzo incontrato da Dadati – in grado di rendere nota l’identità e la storia della donna ritratta da Klimt, insieme ai particolari del furto. L’autore lo conosce e può quindi restituire una commovente ed appassionante vicenda, che prende le mosse nella Vienna del 1910, per arrivare agli anni della prima guerra mondiale e alla Piacenza del 2019.

Vienna, capitale europea centrale per l’arte e la cultura, vede terminare il suo periodo aureo e si avvia al declino. Momento complesso, che vede anche una lettura peculiare delle donne e del ruolo femminile. Klimt dipinge donne e vive con le donne (la madre e le sorelle, le sue modelle), fissa i tratti della sua Giuditta e della sua Salomè, ma anche quelli di Emilie Flöge dell’atelier Schwestern, figura centrale del romanzo. Dadati è avvincente nell’illustrare la vita e le opere del pittore, calate nel contesto storico ed artistico : gli anni della “Secessione” , la guerra e il declino, l’uscita di scena degli Asburgo , il ruolo della famiglia, i figli non riconosciuti ma solo sostenuti economicamente. Tutti elementi che potranno guidare i lettori nella lettura ragionata delle pagine del romanzo.

Interessante citare le parole di Gian Arturo Ferrari sul romanzo: “Gabriele Dadati ha scritto un romanzo sorprendente. Ruota intorno a un’opera d’arte, ma l’arte è qui vista con una angolatura bassa, umile, lontana da ogni titanismo. La povera ragazza del ritratto è il contrario del fasto dorato e inquietante che siamo soliti associare a Klimt. Il filo, tinto di giallo, del racconto corre per quattro generazioni scandite da vicende drammatiche, ma tutte, come dice uno dei protagonisti, senza amore, in un’apparente freddezza. Il romanzo narra l’estinzione di una grande capitale culturale, Vienna. Ma lo fa senza l’abituale retorica, attraverso oggetti, ambienti, circostanze di uso e pratica comune. Tutta questa cornice dismissiva è fatta in realtà per esaltare il mistero di cui il libro parla senza mai enunciarlo apertamente: quello della creazione artistica, unico riscatto dalla desolazione e dall’angustia della vita“.

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