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Appunti di politica scolastica per la nuova amministrazione

Una nuova amministrazione prende il via a Piacenza e molte problematiche, vecchie e nuove, si profilano nella costruzione di un programma per i prossimi anni. Tante sono le esigenze che devono essere soddisfatte, sia per quanto riguarda la conservazione del territorio per garantire un equilibrato ambiente di vita, sia per il suo sviluppo che si lega al rapido cambiamento trainato dal sistema produttivo e dall’innovazione che coinvolge sempre di più la cittadinanza nel suo complesso.

L’anima di questa progettualità è un bene immateriale che si chiama formazione, impersonata da luoghi specifici che si dedicano alla così detta educazione formale, ma anche di altri soggetti sociali che esprimono un’educazione non formale, che in passato viaggiavano in modo parallelo, ma che oggi hanno sempre più bisogno di integrare la loro azione, perché è necessario oltre a garantire un diritto delle persone essere in grado di qualificare lo sviluppo dello stesso territorio in diverse direzioni, a cominciare dalla formazione di base, per andare verso il lavoro e proseguire nella direzione del sostegno agli adulti, in una prospettiva inclusiva e partecipativa.

Questa ripartenza si trova in un periodo abbastanza fortunato per la presenza di finanziamenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, coperto da fondi europei, che hanno già procurato anche a Piacenza risorse per diverse necessità: messa in sicurezza di edifici scolastici, costruzione di scuole innovative, che vanno oltre la vecchia impostazione della didattica frontale e tengono conto del valore delle tecnologie e di un’attività che mette le scuole stesse al servizio dell’intera comunità. Ci sono già dei soldi in cassa, spendiamoli per progetti davvero innovativi. L’ottica di detto piano è dunque quella della collaborazione, dei “patti educativi territoriali”, che vedono il Comune realizzare la regìa di un’operazione in stretto rapporto tra i servizi e i cittadini, piccoli e grandi, come ad esempio viene richiesta anche dai recenti decreti ministeriali sull’apertura delle scuole d’estate, che possono collegarsi con i centri estivi, i grest, ecc. Il piano prevede diverse altre azioni che bisogna prepararsi ad affrontare insieme: sono già arrivati alle scuole le risorse per il contrasto alla dispersione ed il recupero degli apprendimenti in soggetti e zone fragili e sono già state finanziate mense e palestre; si interverrò sul fronte dell’istruzione tecnica e professionale, sugli istituti tecnici superiori, per allineare sempre di più la domanda e l’offerta di lavoro, per raccordarsi con lo sviluppo del sistema universitario che a Piacenza è divenuto davvero imponente.

Il primo obiettivo strategico è quello di consolidare in città i due poli: quello dei servizi all’infanzia, con innovazioni come ad esempio la diffusione della lingua inglese, con quello del primo ciclo scolastico, così detto degli istituti comprensivi che a Piacenza manca e che per questioni di razionalizzazione complessiva del sistema andranno realizzati in fretta. Tutta la città deve essere coperta da questi servizi per averne una distribuzione omogenea che cresce e si qualifica allo stesso tempo, in modo che i bambini possano entrare prima dei tre anni ed uscirne a 14 completato il ciclo di formazione di base. Sul secondo ciclo andrà arricchita l’offerta formativa, sia per i rapporti diretti con il mondo del lavoro, sia per ricercare quegli indirizzi che vogliono inseguire nuove professionalità: liceo musicale, della transizione ecologica, biomedico, così come i nuovi indirizzi tecnico-professionali dovranno raccordarsi con i centri di formazione regionale per arrivare a costruire il “doppio canale” che apre all’educazione terziaria non accademica, per adeguare sempre di più e meglio le competenze verso l’evoluzione dei profili professionali.

Passati attraverso il miglioramento delle strutture, gli indirizzi di studio costituiscono le scelte culturali per lo sviluppo della comunità, e arriviamo in conclusione a ciò che riguarda più direttamente gli aspetti formativi e sociali, e cioè l’avvio ad una Piacenza multiculturale; qui il Comune non può interessarsi solo del welfare, ma deve creare le condizioni perché una buona integrazione migliori anche la società nel suo insieme, visto come sta cambiando dall’interno. Prendiamo esempio dalle scuole piacentine che senza tanti aiuti hanno dimostrato che il plurilinguismo e il multiculturalismo sono un valore per l’intera comunità, di cui si stanno accorgendo anche i piacentini. Le associazioni di immigrati e le numerose comunità religiose che sono sorte sul nostro territorio non devono essere luoghi di rivendicazione di spazi e diritti, pensando di vivere in una realtà che sospetta di loro, ma il Comune deve arrivare a realizzare la massima espressione della cittadinanza, come insieme di libertà, partecipazione e formazione.

Gian Carlo Sacchi

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