“Bobbio ospedale di montagna: quali sono gli investimenti previsti?”

Intervento di Lino Anelli, rappresentante del comitato Terme e Valtrebbia in merito all’ospedale di Bobbio classificato come ospedale di montagna

In occasione della recente consegna della nuova ambulanza a Bobbio è stata rilanciata dai presenti la promessa che l’Osco sarà presto elevato a “ospedale di montagna”. Questione riproposta più volte anche nei mesi precedenti. Nelle recenti dichiarazioni la cosa viene ora data quasi per scontata. Dopo il documento approvato dalla CSST si aspetta (fiduciosi) solo di vedere se ci sarà una formale decisione da parte della regione. Ovviamente non si può non considerare positivamente questa possibilità, una volta però chiarito cosa si intende per “ospedale di montagna. Cercando nelle varie norme legislative (nazionali e regionali) non si trova però nulla che lo chiarisca.

Per quanto riguarda l’offerta ospedaliera, si trovano solo le declaratorie che si riferiscono agli Osco (Ospedale di Comunità) ed agli ospedalieri veri e propri. Declaratorie che ne stabiliscono i confini, le competenze ecc. L’Osco è definito struttura territoriale di ricovero breve, rivolta a pazienti che, a seguito di un episodio acuto o per la riacutizzazione di patologie croniche, necessitano di interventi sanitari a bassa intensità clinica parzialmente erogabili al domicilio, ma che vengono ricoverati in queste struttura in mancanza di idoneità del domicilio stesso e necessitano di assistenza/sorveglianza sanitaria infermieristica continuativa, anche notturna.

Riportare un Osco a condizione di ospedale (anche se piccolo) dovrebbe prevedere investimenti importanti, come l’inserimento in forma stabile di personale medico (oltre che infermieristico) adeguato a svolgere attività chirurgiche, con servizi diagnostici propri, quali le unità operative di base (chirurgia, medicina, ostetricia e ginecologia) oltreché gli altri servizi essenziali per garantire il rispetto dei livelli minimi di assistenza: cardiologia, radiologia, dialisi, laboratorio analisi, fisioterapia, farmacia e pediatria. Per lo meno è questo quanto previsto dalla legge 502/1992 che nelle linee guida nazionali non prevede tipologie definibili “ospedali di montagna” ma promuove azioni di potenziamento per gli ospedali situati in zone marginali e di montagna. Proprio sulla base di queste linee guide, la regione Emilia-Romagna (intervento dello stesso presidente Bonaccini) si è recentemente espressa per riportare nei presidi ospedalieri situati nelle zone di montagna anche un punto nascite (nonostante il parere negativo espresso nel 2017 dal “comitato ministeriale” chiamato a valutare la proposta). Come si vede la normativa nazionale non parla di ospedali di montagna. Parla di montagna solo per attivare quelle azioni necessarie a potenziare i presidi ospedalieri in zone marginali del territorio.

Se si va a guardare poi quanto successo anche in altri territori notiamo che nelle zone di montagna la dizione “ospedale di montagna” non è mai utilizzata. In Lombardia esiste una “ATS di montagna” (l’equivalente del nostro distretto sanitario) che organizza sul territorio montano sia degli Osco che dei veri e propri (anche se piccoli) ospedali. La stessa Ausl di Piacenza, sulla sua pagina WEB parla di “area ospedaliera di montagna” fornita di un Osco (quello di Bobbio). Che forte sia la pressione (dal basso) per potenziare la risposta sanitaria nei territori montani lo si vede. Nelle Marche (2005), in Campania e Calabria (2015), nel Lazio (2021), sono state presentate proposte di legge regionale per potenziare gli ospedali in zone di montagna (proposte di legge che non hanno però avuto seguito) ma anche in questo caso appunto si parlava di potenziamento dei presidi esistenti, di evoluzione dalle condizioni di Osco a quelle di vero e proprio (anche se piccolo) ospedale con le caratteristiche indicate dalla legge 502/1992.

Che la montagna abbia necessità di una migliore copertura sanitaria è fuor di dubbio e questo per varie ragioni, ma è bene però che ci si chiarisca su quello che si dice di voler fare. Più che parlare continuamente di “ospedale di montagna” sarebbe utile che si spiegasse quali investimenti si intendono fare a Bobbio, in termini di personale (medico ed infermieristico), diagnostica, reparti (chirurgia, medicina, ostetricia, ginecologia, ortopedia ecc) per avere un ospedale. Ad oggi siamo fermi alla promessa di una TAC. Parlare di ospedale a Bobbio significa in primo luogo capire se almeno le direttive nazionali previste dalla legge 502/1992 per gli ospedali saranno rispettate e realizzate. quSe ciò non fosse la battaglia per avere un “ospedale di montagna” rischia (preoccupazione non infondata) di ridursi ad un Osco appena un po’ rinforzato.

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