Le Rubriche di PiacenzaSera - Pillole di Economia

Contro lo sgretolamento della razionalità in politica, mi candido

Torna la rubrica di PiacenzaSera.it “Economia in pillole” curata da Mauro Peveri. Motociclista e cultore della musica rock degli anni ’70, Peveri è soprattutto un commercialista esperto di svariate materie economiche e finanziarie: si occupa, tra le altre cose, di consulenza per le imprese, gestione della corporate governance, e di organizzazione aziendale. Ecco la sua nuova pillola sulle imminenti elezioni.

Mi candido. La situazione politica italiana è come al solito grave ma non è seria, per cui ho pensato di candidarmi attraverso però una procedura inversa rispetto alla norma: c’è un velo di ironia in quello che dico anche se gli argomenti che seguono sono molto seri. D’altra parte la legge elettorale (il Rosatellum) e tra le peggiori leggi elettorali al mondo perché non è ne maggioritaria ne proporzionale avendo i difetti dell’una e dell’altra senza averne i pregi. Dicevo mi candido. Non avendo mai fatto politica attiva ma facendo parte dei milioni di italiani che guardano tutti i giorni lo sgretolamento della razionalità del modo di far politica nel Paese non mi resta che procedere al contrario.

Devo premettere per correttezza e sincerità che sono un sostenitore del Governo Draghi ed in particolare di Draghi al netto degli errori (pochi) commessi in questo anno e mezzo dal suo Governo. Ma torniamo alla candidatura inversa. Perché candidarmi e soprattutto per cosa? Un lavoro bene o male ce l’ho, ho pure maturato la pensione dopo 35 anni di onorata professione (si dice così) per cui chi me lo fa fare? Ho pensato mi candido tanto non mi candiderà nessuno dopo quello che ho da proporre! Dobbiamo infatti considerare che In Italia la politica è stranamente una cosa per professionisti, ma professionisti della politica. Verificate: chi fa politica, soprattutto ad alti livelli non ha mai avuto un vero e proprio mestiere ma spesso ha fatto della politica un mestiere, ben remunerato senza dover garantire alcun risultato. Ma arriviamo al dunque di questa mia fantomatica candidatura. Da quando faccio il mio lavoro ho sempre pensato che le regole fiscali in Italia fossero assurde e mi sono sempre chiesto se fosse possibile cambiarle. Sono 35 anni che me lo chiedo senza aver trovato qualcuno che mi desse una risposta ragionevole. Prima che sia troppo tardi (ho 63 anni e una salute altalenante) voglio lasciare la mia proposta a futura memoria, diciamo il mio contributo per i giovani che spero tanto cambino questo Paese, visto che la mia generazione c’è riuscita ma in peggio.

Andiamo al sodo: di quale riforma fiscale avrebbe bisogno il Paese? Vi chiedo scusa in anticipo per i tecnicismi, ma la materia è complessa. Prima riforma, introduzione della sales tax in sostituzione dell’iva nostrana: Tale metodo prevede che tra imprese non ci sia iva, come negli Usa, che l’adottano da sempre: la fatturazione con iva ci sarebbe soltanto tra le imprese che operano con i privati o che vendono servizi o beni con iva indeducibile, che sono poi coloro che restano incisi dall’imposta. Questa modifica dell’iva facilmente applicabile consentirebbe di:

– azzerare le false fatture

– ridurre al minimo gli omessi versamenti iva di imprese che fatturano con iva, la incassano e poi spariscono o entrano in crisi senza versarla, grazie anche alla introduzione della generale scissione dei versamenti iva da parte delle imprese che operano con consumatori finali

– eliminazione dei finti crediti iva e delle finte compensazioni

– enorme semplificazione degli adempimenti delle partite iva che non operando con il consumatore finale non avrebbero più iva da pagare e detrarre sulle fatture dei fornitori, ne sulle proprie fatture di vendita. La semplificazione sarebbe anche per le imprese e i professionisti che operano con il consumatore finale perché dovrebbero solo versare l’iva incassata dai propri clienti; grazie poi come detto alla scissione dei pagamenti anche quell’adempimento sarebbe molto semplificato e ridotto; il consumatore pagherebbe il caffe consumato al bar e il registratore di cassa collegato alla agenzia delle entrate riceverebbe in tempo reale dal bar il versamento dell’Iva. Anche il bar non avrebbe più la necessità di fare calcoli, avere registri, commercialisti per versare l’iva pagata dal consumatore finale.

Facile no? Un vecchio studio quantificava il maggior gettito iva derivante dalla introduzione del sales tax in salsa europea in molti miliardi di euro. Le principali contestazioni che mi sono state mosse se applicassimo questo nuovo regime sono di seguito riportate e contestate da me nel merito:

– Prima contestazione, con la sales tax se il bar non fa lo scontrino lo Stato perde tutta l’iva, che faticosamente con il metodo attuale è stata raccolta nei passaggi precedenti: importazione del caffe, torrefazione, vendita all’ingrosso, Bar, consumatore finale, che si beve la tazzina di caffe. Falso il risultato sarebbe lo stesso. Il Bar che omette lo scontrino quando acquista il caffè riceve comunque una fattura d’acquisto con iva, che diventa un credito verso l’erario che azzera i precedenti versamenti. Se poi tutta la catena fosse “nera” ovviamente il gettito iva con i due metodi non cambierebbe.

– Seconda contestazione: l’iva è un’imposta europea, l’Italia da sola non potrebbe cambiarla. Falso! tra imprese non ci sarebbe iva applicando semplicemente il “reverse charge”, metodo noto e già utilizzato in alcuni settori: mi astengo dalla spiegazione ma i tecnici avranno capito, fidatevi!

Riforma delle imposte dirette. Abolizione di centinaia di detrazioni e deduzioni previste per le persone fisiche e le imprese che rendono lunare qualsiasi modello di dichiarazione, con la contropartita della riduzione delle aliquote Irpef, che resterebbero progressive. Abolizione di tutte le flat tax che follemente consentono una tassazione inferiore per redditi diversi nella natura ma di uguale ammontare, quindi tassazione progressiva per tutti. Inciso: la flat tax è una sciocchezza, da sola non semplifica nulla, agevola chi ha redditi elevati, non è utilizzata in alcun Paese importante, cozza contro l’art 53 della Costituzione, che testualmente dice: …il sistema tributario e’ informato a criteri di progressivita’. Nel nostro sistema fiscale non è complicato calcolare l’imposta ma definire la base imponibile su cui calcolarla. Applicare una flat tax del 15% generalizzata non aiuterebbe circa 20 milioni di italiani che già pagano tasse inferiori o uguali al 15%, ma avrebbe la conseguenza ridicola che un contribuente che dichiara oggi 200.000 euro, con una flat tax al 15%, verserebbe un irpef di 30.000 euro, rispetto agli attuali 79.000 euro, con un guadagno netto di ben 49.000 euro. Chi pagherebbe la somma risparmiata dal ricco contribuente? Pantalone ?

Quando dico eliminazione di tutte le flat tax intendo anche quelle delle società. Le società di capitali da sempre pagano una flat tax: ires oggi al 24%, indipendentemente dal reddito dichiarato. Questo sistema ha consentito il cosiddetto turismo fiscale; chi ha “soldi” costituisce una società a responsabilità limitata (cassaforte) in cui trasferisce tutti i propri redditi: redditi d’impresa, professionali, derivanti dalla gestione del proprio patrimonio immobiliare, gestione partecipazioni, ecc.., la società cassaforte sostiene spese e fa investimenti pagando il 24% flat sui redditi dichiarati. Una contropartita ragionevole per le imprese sarebbe l’introduzione della deduzione integrale dei costi sostenuti: fine della follia di decine e decine di costi indeducibili e/o parzialmente deducibili, con enorme semplificazione per i calcoli delle imposte dovute. L’eliminazione di tutte le flat tax consentirebbe di: ottenere una maggiore equità fiscale perchè ogni reddito sarebbe tassato nello stesso modo indipendentemente dalla fonte; la riduzione delle aliquote irpef per tutti grazie al maggior gettito realizzato con la loro eliminazione; abolizione dell’Irap, una delle tasse più stupide mai pensata perché non colpisce il reddito ed è pagata solo da imprese e professionisti

Introduzione di una tassa unica sugli immobili. Tutti gli immobili (compresa la prima casa) dovrebbero pagare una tassa, che però tenga conto del valore degli immobili stessi. E’ una tassa che c’è in tutto il Mondo civile conosciuto, anzi in alcuni Paesi simili al nostro è anche decisamente più alta dell’attuale Imu. La contropartita per il settore immobiliare potrebbe essere l’abolizione del reddito fondiario e dominicale: il proprietario di immobili oltre l’Imu (che dovrebbe essere deducibile) pagherebbe ulteriori imposte solo sul reddito netto effettivamente prodotto dall’immobile: es. locazione al netto delle spese sostenute dal proprietario.

Riforma del settore agricolo. Oggi un agricoltore o un’impresa agricola non pagano praticamente tasse su gli utili prodotti. Un agricoltore che ha utili di 1 milione paga quasi “zero tasse”, ridicolo, come ho già detto tutti i redditi provenienti da qualsiasi fonte dovrebbero pagare l’irpef progressiva con le stesse aliquote ridotte rispetto a quelle attuali. Riforma per le grandi imprese multinazionali e/o le cosiddette imprese big tech (Amazon, Apple, Google, ecc.) Queste imprese oggi evadono le tasse che dovrebbero pagare sul reddito prodotto in Italia con vari metodi. Localizzando per esempio le sedi in paradisi fiscali, presenti anche in Europa: Lussemburgo, Irlanda, Olanda , Uk. In questo caso la soluzione potrebbe essere la tassazione dei ricavi prodotti in Italia, ovviamente con un’aliquota decisamente inferiore a quella calcolata sul reddito, questo comporterebbe la fine del turismo fiscale e della concorrenza sleale fiscale di Paesi che approfittano delle regole dell’Unione europea per evadere il fisco italiano.

Aggiungo due provvedimenti che non sono strettamente fiscali ma di buon senso.

Progressivo azzeramento del contante. La riduzione della circolazione del contante aiuta la lotta all’evasione fiscale. Questo provvedimento dovrebbe essere bilanciato dall’introduzione di forti tutele della privacy e dalla creazione di un conto corrente a zero spese per tutti i cittadini su cui far confluire i pagamenti elettronici. Aumento del denaro disponibile per i giovani ed in genere per i dipendenti. Possibilità per i dipendenti di trattenere il versamento dei contributi inps, che normalmente le imprese versano all’erario, se legato all’acquisto della prima casa.

Forse dimentico qualcosa.

PS: attendo fiducioso proposte di candidatura da parte dei partiti.

Mauro Peveri

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