Prestazioni sanitarie ai cittadini, l’Emilia Romagna si conferma prima regione italiana

L’Emilia-Romagna è la prima regione in Italia nell’assicurare le prestazioni sanitarie ai propri cittadini non solo nel decennio 2010-2019, come certificato dalla Fondazione Gimbe, ma conferma questa posizione anche nel 2020 e 2021, anni della pandemia, secondo i dati a disposizione dell’assessorato regionale alle Politiche per la salute. A certificare il primato per il 2010-2019 è appunto l’Osservatorio della Fondazione Gimbe che oggi ha reso pubblico il report “Livelli essenziali di assistenza: le diseguaglianze regionali in sanità”.

Il report analizza la capacità di promuovere e garantire da parte delle Regioni l’effettiva erogazione dei servizi sanitari, valutandone l’uniformità sul territorio nazionale. In questa particolare graduatoria l’Emilia-Romagna si posiziona in testa, con il 93,4% di adempimento (migliorando dello 0,6% il dato della precedente rilevazione del 92,8%), davanti alla Toscana (91,3%) e al Veneto (89,1%).

“Il report Gimbe certifica la qualità della sanità pubblica dell’Emilia-Romagna – commenta l’assessore alle politiche per la Salute, Raffaele Donini -. Una tendenza che si è confermata anche durante la pandemia nel 2020 e 2021. Nonostante il Covid abbia colpito l’Emilia-Romagna in misura maggiore rispetto alla quasi totalità delle altre regioni, infatti, siamo riusciti a mantenere un livello dei servizi superiore alla media italiana su tantissimi fronti, dai posti letto ai ricoveri urgenti, dalla vaccinazione agli screening, solo per citare i contesti più noti. Le difficoltà sono ancora tante, soprattutto in riferimento alla carenza di personale sanitario e alla sostenibilità politica del sistema – continua l’assessore – ma la sanità pubblica della nostra regione, grazie all’organizzazione delle Aziende sanitarie e alla competenza e alla dedizione dei nostri professionisti, sta dimostrando ancora una volta una grande capacità di rispondere ai bisogni dei cittadini anche in un periodo così complesso. Le difficoltà di bilancio delle regioni, in particolare quelle più colpite dal Covid e con maggiori costi energetici per la significativa diffusione sul territorio delle strutture di sanità pubblica come nel caso dell’Emilia-Romagna, devono essere affrontare e risolte insieme al governo per mantenere un adeguato livello dei servizi. Nei prossimi mesi concentreremo ogni sforzo per la riduzione dei tempi d’attesa per le visite specialistiche, prestazioni diagnostiche e interventi chirurgici, e promuoveremo riforme di sistema ad iniziare da quella dell’emergenza-urgenza”.

I dati regionali sugli anni della pandemia – Secondo i dati elaborati dall’assessorato sulla base del portale Covid-19 AGENAS, la Regione Emilia-Romagna ha fatto meglio della media italiana per 15 indicatori su 19, garantendo per esempio i servizi di screening, i ricoveri urgenti e gli interventi per tumori, nonostante sia stata colpita dal Covid per un 10% in più rispetto alla media nazionale. I medici impiegati dal SSN in regione (fonte: Ragioneria dello Stato) sono cresciuti del 4,2% (Italia:-2%), gli infermieri del 5,8% (Italia: +1%), gli operatori socio sanitari del 18,7% (Italia: -2%). All’orizzonte però c’è un turnover importante, che prevede nei prossimi dieci anni il 33% dei medici e il 19% degli infermieri in uscita. Sul fronte della dotazione dei posti letto ospedalieri, nel 2021 la Regione è riuscita anche a garantire i livelli richiesti dal decreto ministeriale 70, quindi 3,21 posti letto per acuti ogni mille abitanti (la richiesta del decreto è 3,19, quindi la RER segna + 0,2).

Anche nella prevenzione vaccinale l’Emilia-Romagna fa sempre meglio della media nazionale (la copertura vaccinale antinfluenzale nella popolazione emiliano-romagnola over 65 anni è del 65,1% rispetto al 58,1% italiano). Nelle coperture vaccinali obbligatorie previste dalla L.119/2017 la Regione fa meglio della media nazionale 8 volte su 8. Si confermano ottimi anche i risultati relativi allo Screening del tumore della mammella, cervice uterina e colon-retto.

I dati sperimentali sul nuovo sistema di garanzia: Emilia-Romagna sempre al vertice – Dal 1^ gennaio 2020 la griglia utilizzata dal ministero per valutare i Lea è stata sostituita dal Nuovo sistema di garanzia (Nsg), con un nuovo gruppo di 22 indicatori fondamentali. Considerato che alla data di pubblicazione del report Gimbe non è ancora disponibile il report adempimenti Lea 2020, sono stati analizzati i risultati della sperimentazione 2019. Il Nsg considera adempienti le Regioni che raggiungono la sufficienza su tutte e tre le aree di assistenza: prevenzione, distrettuale e ospedaliera. Dalla sperimentazione, sommando i punteggi ottenuti nelle tre aree, secondo il Gimbe emerge una classifica in cui la Regione Emilia-Romagna si conferma in prima posizione.

Il Report dell’Osservatorio Gimbe “Livelli essenziali di assistenza: le diseguaglianze regionali in sanità” è disponibile al seguente link.

USB “MA LA SANITA’ REGIONALE E’ IN CRISI” – “Per la classifica di Gimbe al primo posto c’è l’Emila Romagna ma la sanità regionale è in crisi e la prima vittima è la nostra salute”. E’ quanto scrive in una nota Usb Emilia Romagna. “Per cominciare – affermano – i dati analizzati sono in gran parte quelli del 2018 e in parte del 2019, i dati per il 2020 non sono disponibili e la stessa fondazione Gimbe ritiene che 21 mesi di ritardo nei dati sia “inaccettabile, sia perché rappresenta un ostacolo rilevante per la programmazione,…sia perché può favorire strumentalizzazioni politiche”. Che la realtà sia diversa lo vediamo dalla situazione dei conti regionali sulla sanità, dalla mancanza di personale e dalla crisi dei servizi ospedalieri e territoriali. In questi giorni l’attenzione si è concentrata nella copertura del deficit sanitario, ma non basta ripianare buchi di bilancio ma occorre ripensare il modello regionale: anche se il deficit da 880 milioni di euro del sistema sanitario emiliano-romagnolo verrà ripianato con varie misure nel bilancio complessivo regionale la situazione rimane grave”.

“Dietro la vetrina della superiorità della sanità regionale, che attrae “turismo sanitario” da altre regioni, la situazione si è aggravata rapidamente – proseguono -. Le prestazioni che sono saltate durante la pandemia non sono state recuperate, le liste di attesa si allungano o sono chiuse, il numero delle visite di controllo e la chirurgia programmata scontano ritardi enormi, critica la situazione dei pronto soccorso come quella della medicina territoriale specie nelle zone montane. La causa del rallentamento nell’erogazione delle prestazioni è sempre la mancanza di personale: mancano medici, infermieri e OSS. Questa carenza di personale sanitario si abbatte in maniera diversa sui cittadini: quelli che ne hanno i mezzi si rivolgono alla sanità privata che è diventata l’unica possibilità di accedere in tempi ragionevoli alle cure e alla diagnostica, mentre per gli altri c’è semplicemente la lunga attesa e la rinuncia a curarsi”.

“È il momento di pretendere – conclude Usb – che i finanziamenti per la sanità pubblica vengano massicciamente aumentati a partire dall’assunzione stabile del personale necessario, togliendo dalle mani delle regioni la sanità, sotto le quali la spesa è esplosa, respingendo l’autonomia differenziata e riportando sotto il controllo dello stato il servizio sanitario pubblico, universale e gratuito”.

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