Salute, il Coordinamento: “Manca un progetto sulla medicina territoriale”

Medicina territoriale in provincia a Piacenza: Qualcuno ha capito cosa sta succedendo? E’ la domanda posta con una nota stampa dal Coordinamento provinciale su salute e medicina territoriale che solleva alcuni interrogativi sulle azioni dell’Ausl sul territorio, in particolare in relazione al progetto delle Case della Salute. Ecco il testo dell’intervento

Da mesi ci viene spiegato quanto sia necessario organizzare una medicina di prossimità territoriale. Ausl Piacenza aveva presentato un progetto per l‘apertura di Case di Comunità, partendo dalle Case della Salute già esistenti, in diverse zone della provincia. Una scelta urgente e necessaria per rispondere alle diverse criticità oggi presenti nella rete ospedaliera, e creare un maggiore rapporto di vicinanza col bisogno di presa in cura della popolazione. Il fatto è che di tutto questo si vede poco o nulla. Sulla Casa di Comunità di San Nicolò (soggetta a interventi di ridimensionamento), Ausl risponde che va tutto bene, sta finanziando e progettando una nuova casa di Comunità, che però sarà pronta a fine 2025 e quindi operativa dal 2026. Stesse preoccupazioni a Monticelli, dove Ausl prima informa del trasferimento di prestazioni e poi, dopo la protesta dei cittadini, ne annuncia un parziale ripristino. A Bobbio, la nuova Casa di Comunità, che doveva in realtà già essere in fase di progettazione, viene ora trasferita all’interno del presidio ospedaliero con un allungamento dei tempi di operatività al 2025. Stesse preoccupazioni a Bettola. La Casa di Comunità (di cui si vanta l’eccellenza grazie alla presenza di una risposta oncologica) rischia il ridimensionamento dei servizi.

E’ un procedere contraddittorio. Da un lato si annuncia la costruzione di nuove Case pronte tra 3-4 anni, dall’altro le Case esistenti vengono depotenziate. Quel che non si vede è un servizio territoriale attivo, in grado di rispondere ora alle urgenze . Subito e non fra 3-4 o 10 anni. Vale per la medicina territoriale come per la rete ospedaliera, oggi investita da una riorganizzazione che sta depotenziando la rete periferica anche nei Pronti Soccorso, accentrando così un sempre maggior numero di interventi sul capoluogo (con i disagi che conosciamo in termini di carichi di lavoro sul personale, lunghe liste di attesa, disagi sempre maggiori per i lunghi spostamenti, aumento della sanità privata). Tornando alla medicina territoriale non si riesce a vedere il progetto. Al di là dei muri, le linee nazionali (DM77) e le indicazioni della Regione (piano 2016) parlano di una rete di Case di Comunità che dovrebbe essere organizzata per rispondere a diverse patologie (sia per la presa in carico che per la diagnostica) che richiedono un importante investimento in personale e dotazioni. Ma di questo non si parla, anzi, capita sempre più di sentir parlare di medicina territoriale essenzialmente organizzata attorno alla rete di farmacie e dei MMG. Un’idea anche del nuovo governo che, con la recente decisione di ridurre il finanziamento al SSN,non vede la necessità di una rete di Case di Comunità e punta ad un maggior coinvolgimento di MMG (medici di medicina generale) e farmacie.

Il rischio è quello di un passo indietro sulla tanto decantata (fino a ieri) medicina territoriale, che ora rischia di ridursi ad una semplice attività ambulatoriale. Tutto ciò lo si vede, sia nelle linee di indirizzo che stanno emergendo dalle politiche del nuovo governo, sia dai tentennamenti e dal procedere contraddittorio da parte di Ausl dalla quale sarebbe utile un po di chiarezza sui programmi e sugli obiettivi che si intendono perseguire.

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