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Nuovo scenario per lo stress test delle banche

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L’ABE (Autorità Bancaria Europea), meglio conosciuta con l’acronimo inglese EBA, e la BCE (Banca Centrale Europea) hanno cambiato i criteri per misurare la capacità delle banche europee a resistere alle situazioni sfavorevoli del mercato finanziario. Il nuovo sistema misurerà la resilienza agli shocks estremi di settanta banche dell’Unione Europea durante il triennio 2023-2025. La novità dello “stress test”, cosi si chiama, di nuova impostazione, prevede oltre allo scenario base, uno scenario macroeconomico avverso, “ipotetico, severo, plausibile e improbabile”.

Le novità introdotte nel nuovo sistema riguardano l’ampliamento del numero delle banche sottoposte, passate da cinquanta a settanta, l’introduzione di sedici settori economici nella misurazione del rischio di credito, un criterio di proporzionalità per favorire le banche di minori dimensioni e una nuova metodologia per il calcolo delle commissioni nette (la differenza tra commissioni attive e passive adottate dalle società finanziarie). Le banche italiane sono nove, per la precisione: Mps, Bpm, Bper, Cassa Centrale Banca – Credito Cooperativo Italiano, Credito Emiliano, Iccrea – Istituto Centrale del Credito Cooperativo, Intesa San Paolo, Mediobanca – Banca di Credito Finanziario e Unicredit. Le settanta banche coinvolte, cinquantasette delle quali provenienti dai Paesi membri del Meccanismo Unico di Vigilanza (MVU), costituito per salvaguardare la sicurezza e la solidità del sistema bancario europeo, rappresentano il 75% delle attività totali delle banche dell’Unione Europea e Norvegia. I risultati dello stress test per il 2023 saranno pubblicati entro luglio.

Ma che cosa si intende per la precisione per “scenario avverso”?

Lo scenario avverso tiene conto:

1. di un significativo peggioramento delle tensioni geopolitiche,

2. di un deterioramento grave dell’economia (con una contrazione del PIL del 6% nel triennio),

3. del tasso di disoccupazione (se in aumento del 6,1% nel triennio),

4. dell’inflazione (soglia oltre allo scenario base del 3% per il 2023, dell’1,9% per il 2024 e dell’1,5% per il 2025),

5. dell’ aumento dei tassi di interesse (oltre 183 punti base),

6. delle quotazioni delle borse azionarie e del mercato immobiliare (rispettivamente calo tra il 43% ed il 55% e tra il 21% ed il 29% nel triennio),

7. del possibile ritorno di una crisi pandemica

8. dell’ inasprimento del rischio sovrano per gli stati più indebitati (ovvero rischio di interruzione del pagamento di prestiti da parte di mutuatari esteri).

La crisi del fondo sovrano più grande del mondo – A conferma della necessità di rivedere i criteri da adottare per lo stress test delle banche, è la notizia di questi giorni della situazione critica in cui si trova il Government Pension Fund, il fondo sovrano norvegese, che con un asset di 1.100 miliardi di euro è il più grande fondo sovrano del mondo. Nel 2022, a causa dell’attuale situazione di crisi sanitaria e geopolitica, il fondo ha perso 170 miliardi di euro. “Il mercato è stato caratterizzato da tassi di interesse in aumento, alta inflazione e guerra in Europa. Gli investimenti in azioni sono in calo fino al 17%. I titoli tecnologici hanno registrato un andamento particolarmente negativo con un rendimento del -28%“, afferma Nicolai Tangen, CEO di Norges Bank Investment Management (NBIM), il ramo della banca centrale norvegese che gestisce il fondo.

Ma a cosa serve lo stress test? – Sicuramente non a promuovere o bocciare le banche interessate. Ha un duplice scopo: misurare la resilienza delle banche a crisi estreme e a valutare se i livelli di capitale delle banche sono sufficienti per garantire il supporto bancario in caso di crisi economiche e sociali. Ci sono diverse sfide che dovremo affrontare nei prossimi anni. Una di queste è il Global Gateway, l’ambizioso progetto europeo per le infrastrutture fisiche e digitali su scala globale, fortemente voluto da Urusla von der Leyen, che con una dotazione iniziale di trecento miliardi di euro, intende competere, sotto la guida, si spera, di Mario Draghi, con la Belt and Road Iniziative cinese. La BRI, denominata anche “Nuova via della Seta”, attualmente dispone di una dotazione di cento miliardi di dollari. Il mondo è completamente cambiato negli ultimi tre anni. E gli strumenti di previsione e di intervento in caso di crisi devono adeguarsi a tali cambiamenti.

Andrea Lodi

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