“Infermiera di colore insultata da un paziente, solo perché stava facendo il suo lavoro” foto

“Una giovane infermiera di colore è stata aggredita verbalmente da un paziente, in modo violento  facendo riferimento al colore della sua pelle, solo perché aveva acceso la luce in stanza, per poter svolgere il suo lavoro”. L’episodio è avvenuto a Piacenza ed è uno degli esempi portati durante il convegno nazionale Fiaso “La sicurezza degli operatori della sanità. Educare alla prevenzione e alla gestione del conflitto e della violenza“, tenutosi nella cappella di Palazzo Ducale.

A parlarne è Giampietro Scaglione, direttore del servizio di Prevenzione e Protezione dell’Ausl di Piacenza, tra i relatori del convegno. Un fenomeno, quello della violenza nei confronti degli operatori sanitari, che è trasversale rispetto ai reparti e ai servizi erogati. La giovane infermiera è rimasta molto scossa, spiega Scaglione, ed è stata presa in carico dalla stessa Asl, attivando la rete di supporto prevista in questi casi. “E’ stata sottoposta a visita dal medico competente e dallo psicologo, sono bastati due – tre incontri per farle recuperare la tranquillità – ha detto il dirigente Asl -, anche se continuiamo a tenerla monitorata”.

Altri due episodi sono avvenuti, poco tempo fa, nel dipartimento di salute mentale, con pazienti che hanno aggredito verbalmente gli operatori sanitari. “Situazioni di questo tipo sono sempre stati presenti, ora rispetto al passato c’è la possibilità, per i medici e gli infermieri, di segnalare l’accaduto all’azienda, attraverso un modulo scaricabile on line – spiega -. Già dal 2005, il servizio di Prevenzione e Protezione, in linea con le direttive della Regione, si occupa di questo fenomeno che viene gestito, in termine di valutazione dei rischio. C’è un gruppo aziendale trasversale, preposto proprio a lavorare su casi di violenza, dove ci ci confronta sulle possibilità di intervento. Sul fronte della prevenzione, ossia sull’aiutare i nostri operatori a gestire questi casi, da anni facciamo corsi di formazione e di addestramento rivolti al nostro personale. In questi giorni inizierà un nuovo corso, rivolto a tutti partendo dalle aree in cui questi episodi avvengono con maggiore frequenza, incentrato proprio sulla percezione del rischio e su come non innescare un meccanismo di aggressione, proponendosi in modo corretto rispetto a una persona che ha un bisogno di salute, e come gestire la descalation della situazione, nel momento in cui invece questa stia esplodendo”.

Paola Bardasi, direttore generale Ausl di Piacenza e coordinatore regionale Fiaso Emilia Romagna, sottolinea come “i dati in generale mostrino un incremento in questi ultimi 5 anni delle aggressioni verbali e fisiche nei confronti degli operatori sanitari, e non solo in alcuni servizi come il Pronto Soccorso e l’area psichiatrica, ma anche presso i Cup piuttosto che i poliambulatori. Quale è la risposta più efficace?  C’è un mosaico di soluzioni. Il mio punto di vista e quello di Fiaso – afferma – è che si debba operare da un lato con un’attività preventiva di messa in sicurezza dei luoghi di lavoro, grazie alla collaborazione con i coordinamenti istituzionali di ordine pubblico e le forze di polizia, e dall’altro, come direzioni strategiche, dobbiamo garantire un benessere organizzativo del luogo di lavoro, in modo che sia funzionale, rendendo migliore e più sostenibile l’attività lavorativa”.

Il direttore sanitario dell’Ausl, Andrea Magnacavallo è stato per 13 anni direttore del Pronto soccorso della medicina d’urgenza, una zona particolarmente ‘calda’ sul fronte della conflittualità. “Gli operatori sanitari sono 5 volte più a rischio aggressioni, rispetto ad altri comparti lavorativi, e ciò è dovuto proprio al tipo di lavoro che svolgono – osserva -. Produciamo salute e la salute passa attraverso le relazioni, che possono essere disfunzionanti e da lì può nascere il conflitto. E’ un team complesso, altrimenti una soluzione sarebbe già stata trovata. Ma ora è arrivato il momento della tolleranza zero. L’aggressione nei confronti del personale sanitario pone un problema di salute, nei confronti degli stessi operatori, delle aziende, di spese sanitarie e sociali che non ci possiamo più permettere”.

Franco Pugliese, già direttore del dipartimento della Sicurezza Ausl di Piacenza, parla di una trentina di episodi avvenuti a Piacenza nell’ultimo anno. “Spesso le aggressioni partono non tanto dai pazienti, quanto dai loro familiari – osserva -, che sono preoccupati”. Spesso ad innescare questi conflitti è il non riuscire a guarire il paziente. “Dalla delusione alla rabbia il passo è breve, dovuto al non poter accettare la sconfitta che a volte la malattia impone. A Piacenza la situazione non è gravissima, parliamo di una trentina di casi, a fronte di un contesto nazionale e internazionale che vede aumentare invece il fenomeno”.

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