Elena di Sparta

Elena di Sparta

16/11/19

: Teatro Duse, Cortemaggiore - Inizio ore 21

Attenzione l'evento è già trascorso

SABATO 16 NOVEMBRE 2019 – ORE 21

ELENA di Sparta 

Da uno studio su “ Elena” di Omero, Euripide, Hofmannsthal, Ritsos 

Di e con Silvia Priori Corpo di danza orientale: Selene Franceschini, Barbara Mulas, Francesca Russo, Giorgia Santagostino Regia di Silvia Priori e Renata Coluccini Collaborazione alla regia: Roberto Gerbolès Musiche: Marcello Franzoso Testi canzoni: Alberto Casanova Scene: Luigi Bello Costumi: Primavera Ferrari e Sartoria Bianchi – Milano 

Una miscela di teatro, danza orientale e musiche epiche. Uno spettacolo sulla bellezza, sulla ricerca della felicità e sulla resistenza.”Perché chissà, là dove qualcuno resiste senza speranza è forse là che inizia la storia umana e la bellezza dell’uomo” Ritsos 

UNO SPETTACOLO SULLA RESISTENZA AL FEMMINILE – Chi è Elena? La mia Elena ribalta il mito e rivaluta la figura della donna e le restituisce la sua dignità. Un personaggio estremamente attuale che ha sempre fatto parte del vissuto culturale e dell’immaginario popolare. Una donna archetipo, un po’ come Eva, considerata responsabile di tutto che urla e si ribella a Dio stesso, suo Padre. In Elena la ragione di Stato, la volontà altrui la costringe a scelte obbligate, ed anche l’amore con Paride è effimero, passeggero, come un raggio di luce che si conficca nella notte più buia e si perde. Una figura immortale come Ermengarda, la Monaca di Monza, Maria Stuarda, Anna Bolena, Giovanna D’Arco, donne sconfitte dalla loro stessa ambizione di essere vive e pensanti. Ancora tante donne oggi subiscono, soffrono, resistono e cedono ma tante combattono fino alla fine e oltre lasciando tracce indelebili.

La mia Elena è una donna sola, che ormai vecchia e sfiorita, rivive attraverso un percorso a ritroso i momenti decisivi della sua vita tumultuosa interrogandosi su ciò che è effimero e su ciò che è sostanziale. La mia Elena è una donna come molte ce ne sono oggi, che sogna la felicità e l’ amore puro ma conosce molto bene il sapore della rinuncia, costretta dal padre Tindaro, desideroso di garantire prosperità al suo regno, a scegliere come sposo l’ odioso Menelao che la costringerà nelle mura del suo palazzo ritenendola incapace di generare un figlio maschio. La mia Elena è una mamma che piange la sua bambina, la piccola Ermione, che essendo nata femmina e quindi inutile al trono, le viene strappata via da Menelao per farla allattare da una schiava. Il suo bel palazzo si trasforma cosi in una prigione, un luogo oscuro, silenzioso, senza occhi e senza orecchie. Per anni prigioniera di Menelao e poi prigioniera di un’ infinita guerra a cui assiste con l’ anima che brucia. La mia Elena smantella l’ archetipo che la mitologia ci ha tramandato e che la immortala come la bella, la dea, la prostituta, la cagna! La mia Elena è l’ Elena di Sparta che lotta contro gli dèi per averle riservato quel destino ingrato. Gli dèi le diedero in dono la bellezza, ma sebbene non l’ abbia mai considerata un valore, ne fu vittima. Quante battaglie ha dovuto combattere! La mia Elena trascorre la sua vita a costruire cavalli di Troia contro l’ ingiustizia, il potere, l’ abbandono, il disamore e la solitudine. Una storia eccitante in cui Elena, sempre trattata da reietta, da donna ammaliante ed ammaliatrice, si trasforma in creatura umanizzata, succube di una “ragione di Stato”, come Ermengarda, come Francesca, come la monaca di Monza. E’ un messaggio attuale quello che si svela, con implicazioni psicologiche complesse, dove non si vogliono distruggere gli eroi maschili, ma semplicemente affermare la pari dignità dei sessi, dove nessuno ha il diritto di imporre scelte di vita che soffocano la personalità ed il diritto ad una vita consapevole, dove non sentirsi oggetto, ma persona.Vorrei ridisegnare questo modello di donna, che sembra essere immortale nel subconscio collettivo e che ahimè continua a influenzare negativamente lo sguardo verso la figura femminile; vorrei dare alla mia Elena colori più tenui e densi, che abbiano il sapore del riscatto dopo secoli di condanne, da parte di uomini e donne. La mia Elena ribalta il mito, esprime il senso di un desiderio di uguaglianza tra persone, che, indipendentemente dal sesso, deve trovare una sua collocazione nella mente e nella realtà di tutti. La mia Elena, sei tu, una figura estremamente umana, fragile e con un profondo valore etico, spirituale e sociale.

Silvia Priori 

PRESENTAZIONE – Chi di voi non conosce la vicenda narrata nell’Iliade? Chi di voi non è rimasto, anche per pochi attimi, affascinato dalla descrizione di una delle donne più desiderate dell’antichità? Degrado, abbandono, senso di vuoto e caducità caratterizzano l’aspetto e l’animo della vecchia Elena, che vede scorrere lentamente davanti a sé il ricordo di ricchezze, glorie, invidie e bellezza. Bellezza, soprattutto. Com’è difficile andare incontro alla vecchiaia per colei che era cosi bella, intatta, provata. Cosa resta a questa Elena? Quale gioia, quale amore, quale amante, quale libertà?

Un nome echeggia dal fondo dell’antichità, da un’epoca di sanguinosi duelli fra eroi: la bella e sensuale Elena si è lasciata sedurre dal giovane Paride e ha scatenato l’ira del re di Sparta Menelao, suo marito. Menelao, grazie all’aiuto del fratello Agamennone radunò un incredibile esercito, formato dai maggiori comandanti dei regni greci e dai loro sudditi, muovendo cosi guerra contro Troia. Il conflitto durò all’incirca dieci anni, con gravi perdite da ambo i lati. Fra le vittime più celebri l’invincibile Achille, principe di Ftia, ed Ettore, figlio del re Priamo e campione della resistenza troiana. La città venne infine conquistata e distrutta. Durante il racconto però un’altra Elena si palesa ai nostri occhi è che un vero e proprio ribaltamento dell’immagine di Elena consolidatasi nella tradizione letteraria greca. Che ne è stato della bellezza di un tempo?

«Grosse verruche mi sono spuntate sul viso. Grossi peli / intorno alla bocca – li tocco; non mi guardo allo specchio – / peli ispidi, lunghi, – come se qualcun altro si fosse installato / dentro di me, / un uomo sfrontato, malevolo, la cui barba / spunta dalla mia pelle»: questo il ritratto duro che la stessa Elena offre di sé al visitatore sconosciuto (chi sarà l’uomo che, lungi dal lasciarla abbandonata a se stessa, torna a farle visita, un’ultima volta?) in compagnia del quale rievoca tempi e uomini ormai lontani. «Non viene più nessuno a trovarmi. Mi sto per scordare le parole…», dice la donna, che ora vive in un’abitazione fatiscente, impregnata di polvere, frutta marcia e ombre.

IL PERSONAGGIO – La più bella donna del mondo era Elena, una delle figlie di Tindaro, re di Sparta. Sua madre era Leda che venne sedotta o stuprata da Zeus sotto forma di cigno. Leda partori cosi quattro gemelli, due maschi e due femmine. Castore e Clitennestra erano figli di Tindaro, Elena e Polluce di Zeus. Secondo un’altra versione del mito, Elena era figlia di Nemesi, la vendetta. Quando giunse in età da marito Elena attirò alla corte del padre una moltitudine di pretendenti desiderosi di prenderla in sposa. Tindaro non sapeva chi scegliere per non offendere cosi gli altri.Infine uno dei pretendenti, Ulisse, propose un piano per risolvere il dilemma, in cambio dell’appoggio di Tindaro per farlo sposare con la nipote Penelope, figlia del fratello di lui Icario Elena avrebbe dovuto scegliere il marito.

Secondo un’altra tradizione Ulisse propose di fare un sorteggio o secondo un’altra, più accreditata, era il padre a scegliere il marito per la sposa (come farà poi Agamennone per ingannare Ifigenia e portarla in Aulide). Vennero inoltre costretti tutti i pretendenti a giurare di difendere il matrimonio di Elena, per chiunque marito venisse scelto. I giovani giurarono sacrificando i resti di un cavallo. Di certo non mancarono i borbotti di alcuni.Venne scelto come marito Menelao. Quest’ultimo non si era presentato come pretendente alla reggia ma aveva mandato il fratello Agamennone in suo nome. Aveva promesso un’ecatombe di 100 buoi ad Afrodite se avesse avuto in moglie Elena ma, non appena seppe di essere lui il prescelto, dimenticò la promessa fatta, causando l’ira della dea.

Agamennone e Menelao vivevano in quel periodo alla corte di Tindaro perché esiliati da Micene, loro terra natia, dallo zio Tieste e dal cugino Egisto, dopo la morte del padre Atreo, ucciso dallo stesso Tieste. Menelao ereditò dunque il trono di Sparta da Tindaro poiché gli unici suoi figli maschi, Castore e Polluce, erano stati assunti fra le divinità. Agamennone sposò in seguito Clitemnestra, sorella di Elena, e scacciò Egisto e Tieste da Micene, riprendendosi cosi il trono del padre. Durante una missione diplomatica (il recupero della zia Esione rapita da Eracle) Paride si recò a Sparta e si innamorò della bella Elena. Enea, nobile figlio di Afrodite e Anchise, re dei Dardani, accompagnava Paride.

Durante il loro soggiorno a Sparta, Menelao dovette recarsi a Creta per i funerali di Catreo, lo zio. Paride, sotto influsso di Afrodite, riusci a sedurre Elena e a partire con lei verso Troia, nonostante i rimproveri di Enea, portando con sé il ricco tesoro di Menelao. Era, ancora adirata con Paride mandò contro di lui una tempesta, costringendolo a sbarcare in Egitto, dove, secondo Stesicoro, Elena fu sostituita da Nefele, un fantasma con le sue sembianze. Secondo Omero Elena giunse in carne e ossa a Troia, non vi è traccia di alcun finto fantasma. La nave giunse poi a Sidone prima di giungere a Troia. Lì Paride, timoroso di essere catturato da Menelao, perse diverso tempo prima di tornare in patria.

Il rapimento di donne non è una storia nuova nella mitologia classica. Ricordiamo Io, rapita da Zeus e trasformata in mucca, Europa, portata via dalla Fenicia e condotta a Creta, Esione, sorella di Priamo, rapita da Eracle ai tempi del re Laomedonte e consegnata a Telamone, re di Salamina, Medea, fuggita insieme a Giasone dalla Colchide. Tutte queste donne erano però orientali portate in Grecia, forse questa volta Paride volle ricambiare portandosi in Oriente una donna greca.

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